La recensione su Six-String Samurai

Le Piacevolissime scoperte di certi lungometraggi bislacchi quanto poco conosciuti, almeno dalle nostre parti, come Six.String Samurai, diretto da l'altrettanto sconosciuto regista americano Lance Mungia. Mi rendono spesso felice.

Six-String Samurai (1998): Stephane Gauger, Justin McGuire

Un regista lui ad oggi del tutto scomparso, autore di una manciata di film, o forse meno, di importanza minima anche nel panorama cinematografico d'oltre oceano.

Senza dubbio però è facile immaginare che il film abbia saputo farsi apprezzare dagli amanti dei B movie più smaliziati, alla ricerca continua di piccole perle preziose. La storia è sorprendente. In un futuro post atomico gli Stati Uniti sono sopravvissuti al conflitto, la terra appare spoglia e senza vita. Uno sconfinato deserto radioattivo devastato dalle bombe nucleari si mescola con una sconcertante realtà: i russi della Guerra Fredda hanno vinto, e il paese del grande Sogno Americano è stato soggiogato al volere sovietico e reso una colonia sottomessa. Le similitudini con altre pellicole tipiche come "Interceptor", o Anime quali "Ken il Guerriero" sono immancabilmente riscontrabili, ma per il resto il film vira su altri lidi del tutto parodistici. 

Uno sgangherato eroe quattrocchi del "passato" di nome Buddy (Jeffrey Falcon), sta cercando il "Santo Graal". Un oasi/città indipendente, dalla spietata dittatura comunista, dal curioso nome di Lost Vegas. La città delle libertà e dell'eccesso  è rimasta orfana del suo monarca Elvis, sì proprio lui, il famoso divo degli anni Cinquanta.. Buddy perciò ritiene opportuno prendere il suo posto e sedere sul trono prima dell'avvento indesiderato dei russi.

Six-String Samurai (1998): George L. Casillas

 Buddy è un samurai straccione dalle virtuose doti chitarristiche in puro stile Rockabilly, indispensabili per vincere il concorso organizzato per rieleggere il nuovo re. Ma la strada per raggiungere gli obbiettivi desiderati come sempre si dimostra tutta in salita e l'acerrimo avversario "nero" gli è sempre alle costole.. Il formidabile samurai ricorda molto gli antieroi taciturni protagonisti dei meravigliosi film del grande Kurosawa, privi di scrupoli ma dall'animo nobile. La parabola fantastica fluttua leggiadra in un tappeto sunreale che non disdegna la comicità. La fotografia e le ambientazioni sono azzeccate e di gradevole realizzazione tecnica, fra mirabolanti scene d'azione accompagnate da personaggi sempre più assurdi, viene definita questa storia di grande versatilità ed originalità che mi ha stupito non poco. Non c'è una nota sbagliata nel divertente cast, il piccolo bambino orfano impreziosisce ancora di più la strana opera di questo regista sconosciuto nella parte conclusiva, donando allo spettatore ancora più emozioni. E poi il messaggio che vuole trasmettere il film è molto ben studiato. Prendendosi la libertà di sbeffeggiare entrambi le grandi culture "dominanti", anche se, ovviamente, ad una prima visione distratta, sembra schierarsi a favore di quella occidentale (come il grande motore mediatico cinematografico americano ha sempre imposto). Sono rimasto molto soddisfatto da questo grande piccolo film indipendente e chissà se un giorno Mungia tornerà a far parlare di sé con un nuovo lavoro stravagante e indipendente. Me lo auguro con tutto il cuore perché il cinema odierno, dominato sempre più dalle grandi multinazionali dell'audiovisivo che impongono degli standard commerciali triti e ritriti, ha l'impellente bisogno di registi eroici come Lance Mungia. Tempo fa questi erano i B movie americani, posso esclamare con soddisfazione, onore al merito.

7/10

Six-String Samurai (1998): Jeffrey Falcon

Six-String Samurai (1998): Jeffrey Falcon, Justin McGuire