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Il giudice

Regia di John Ford vedi scheda film

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Eliaabbondanza

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Il giudice

di Eliaabbondanza
7 stelle

Considerata ( a torto) una tappa minore nell'itinerario di John Ford ( tanto da essere tuttora una delle sue pellicole meno viste e piu' sottovalutate) ma dotata di una leggerezza e di un equilibrio straordinari , questa simpatica e pittoresca commedia malinconica riesce a divertire, commuovere ed emozionare grazie a un 'abile miscela di pathos e ironia, un coacervo di buffoneria e sentimentalismo con cui il regista riesce ad alternare sagacemente sequenze di grande potenza emotiva sia comica (  il processo iniziale, dove Rogers preferisce leggere il giornale e bisticciare con suoi due ex compagni d'armi pur di assistere all'enfatica e isterica arringa dell' avvocato d'accusa, suo rivale politico, finendo col fare amicizia con l'imputato anziché arrestarlo, tralasciando l'innocente reato da lui commesso e imbastendo con lui una futile conversazione sulle varie metodologie di una buona pesca!) che drammatica (il "dialogo" astratto che il protagonista , rimasto solo, imbastisce con il dipinto della moglie defunta, tenerissimo e straziante, in cui il cineasta sembra anticipare il soliloquio di John Wayne davanti alla lapide della consorte ne "I cavalieri del nord- ovest "), beneficiando cosi' fino in fondo della poliedricità e delle capacità recitative del noto comico Will Rogers che, lasciato a briglia sciolta( durante la realizzazione del film gli venne data la libertà di improvvisare intere parti di dialogo, e la costruzione del personaggio ci guadagna!) in un ruolo a lui congeniale ha l'opportunità di sfoggiare tutta la sua verve da mattatore e le sue sfavillanti doti attoriali, eccellendo sia negli intermezzi umoristici che in quelli patetici , nei duetti ( eccezionali quelli con l'aiutante di colore Stepin Fetchit) come negli assoli ( notevole il monologo recitato in tribunale subito dopo esser stato costretto a cedere il posto a un altro giudice), offrendoci un interpretazione briosa e ricca di sfumature. Il suo tutore della legge Billy Priest è un personaggio vivo, genuino e autentico, con cui è impossibile non solidarizzare:  dai metodi giuridici poco ortodossi ma disposto a tutto pur di far trionfare la giustizia e dare una mano ai deboli e agli emarginati, profondamente onesto e di vedute larghe ( in netto contrasto con il bigottismo moralistico della cognata o con la perfidia di tanta gente del posto, dedita al pettegolezzo, al disprezzo, alla violenza),scaltro e dalla battuta sempre pronta, impagabile negli ingegnosi tentativi di ricostruire il rapporto tra il giovane nipote e la ragazza che ama o quando improvvisa un canto gospel assieme alla cameriera ... Una caratterizzazione libera, accattivante e  particolarmente felice, che racchiude in sè tutto lo spirito dell'opera( di cui è il punto di forza e il veicolo trainante ), il suo lato tragico e il suo lato farsesco, l'aspetto tenero e l'aspetto polemico, la realtà e la leggenda, ergendosi ad alter ego del regista stesso ( come dimostra il breve segmento iniziale prima dei titoli di testa, in cui il nostro eroe richiama all'ordine il pubblico in aula guardando in camera : proprio come se Ford  rivolgendosi allo spettatore seduto davanti allo schermo cinematografico volesse ammonirlo dicendogli " Ehi, il film sta iniziando, prestate attenzione!") e facendo perdonare i pur numerosi difetti ( sceneggiatura, tratta dai racconti umoristici in parte autobiografici di Irvin S. Cobb, ingenua e a tratti approssimativa, eccessi di retorica, macchiettismo, buonismo), aiutato in questo dalla raggiante vena narrativa fordiana: l'illustre cineasta ci racconta questa storia di intolleranza, odio e incomprensioni come un nonno la racconterebbe ai propri nipoti, ovvero con onestà, partecipazione, intelligenza e  sincerità, facendo convivere con maestria ammirevole la semplicità dello stile con la complessità dei temi trattati, procurandoci sorrisi ma anche critici spunti di riflessione e regalandoci un happy end dagli echi quasi fiabeschi, con i cattivi che vengono puniti e i buoni che trionfano!

 Non mancano i pezzi di grande cinema , come  la magistrale scena del processo finale ,dove il protagonista( vero deus ex machina della situazione) dà a Fetchit il compito di far suonare la canzone " Dixie" durante la testimonianza chiave del reverendo Walthall  ( quella che scagionerà definitivamente l'imputato, ex eroe di guerra, accusato ingiustamente) , accrescendo cosi' la forza e l'intensità della deposizione ( nonché il suo impatto emotivo sulla giuria): accompagnate dalle note della celebre melodia le immagini del racconto prendono vita e ci appaiono davanti agli occhi avvolte in un atmosfera esaltante ed euforica, andando a creare un entusiasmante connubio tra musica e illustrazione cinematografica ,mostrando tutta la sensibilità registica del suo artefice. 
Tra i personaggi di contorno spicca quello del senatore Horace Maydew, attraverso cui Ford, con irridente lucidità e senza mai salire sul pulpito , dice la sua su tanta politica, popolata da deputati maneggioni pieni di belle parole e bei discorsi ( perlopiu' luoghi comuni ripetuti all'infinito) ma disposti a tutto( a ogni scorrettezza o cialtroneria) pur di accaparrarsi qualche misero voto..
 
 Quasi 20 anni piu' tardi il regista tornerà a trattare le stesse tematiche con IL SOLE SPLENDE ALTO ( quasi un rifacimento di questo Il GIUDICE), riuscendo ad approfondirle in maniera ancora piu' profonda e accurata , producendo uno dei suoi film migliori. E' interessante mettere a confronto queste due pellicole , e reputo la loro visione fondamentale per comprendere al meglio il percorso evolutivo artistico intrapreso da questo maestro della Settima Arte.  
Voto : 7,5/10
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