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Lunga vita alla signora!

Regia di Ermanno Olmi vedi scheda film

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La recensione su Lunga vita alla signora!

di Serum
7 stelle

 

La prima cosa che viene comunicata agli aspiranti camerieri (dopo che sono stati accolti con freddezza e scortesia) suona come il discorso di un comandante che sprona i soldati a caricare verso il nemico: non dovete pensare di essere inferiori a nessuno, dovete anzi sentirvi onorati e privilegiati, ma non sono ammessi errori e non è contemplabile una non riuscita dell'evento. Da lì in poi comincia un'epopeica preparazione fatta di piccoli momenti ansiogeni disseminati in ogni gesto, con la paura di commettere errori più o meno grossolani che cresce sempre più man mano che ci si avvicina all'ora x, dando origine ad una tensione evanescente ma che penetra fino alle ossa. E poi comincia questa cena buzzantiana: l'organizzatrice della serata (un rudere mummificato ed agghindato a funerale) si palesa ai propri ospiti come un'apparizione divina e passa tutto il tempo ad osservarli col suo binocolo, senza mangiare e senza mai spiccicare una sola parola; vengono mostrati dei filmati che sembrano essere importanti per qualche motivo, ma noi non sapremo mai di cosa si tratta; un invitato perde dei documenti che a detta sua sono fondamentali per la comprensione di ciò che hanno visto, ma il loro contenuto resterà un mistero; un altro esibisce vistosamente una plateale ed apparentemente gratuita maleducazione, ma è anche l'unico a cui la signora da direttamente udienza; sono servite le pietanze più assurde e particolari (zuppa di rane, una specie di cernia che sembra più un mostro marino, dei crostini dal sapore discutibile) ed ognuno dei presenti reagisce a modo suo, tentando al meglio delle proprie possibilità di non sfigurare di fronte allo sguardo vigile dell'anziana donna. Sono importanti personaggi della politica? Dell'economia? Sono semplicemente un gruppo di ricchi annoiati che non avendo problemi decidono di inventarseli di sana pianta per riempire le loro giornate? Non ha importanza: ciò che conta è che appartengono ad un mondo infinitamente distante da quello dei ragazzi chiamati a servirli. E dal punto di vista del cameriere che seguiamo per più tempo, sappiamo che prima ne risultano attratti (la bellissima ragazza seduta al tavolo degli ospiti), ma poi inesorabilmente subentra un profondo orrore nei confronti di una dimensione asfittica, schiacciata dalle formalità, vittima di una gerarchia rigida e classista in cui ogni aspirazione di uguaglianza è uccisa con silenzioso disprezzo. E la soluzione che viene trovata è la fuga: un ritorno ad una primavera di sogni infantili in cui era possibile immaginare un mondo più libero. Rispetto ad altre opere di Olmi si avverte una certa gratuità nella dilatazione dei tempi (un film del genere a mio avviso non doveva superare gli 80 minuti) con sequenze talvolta ridondanti ed eccessivamente didascaliche, ma ha comunque una forza non indifferente.

 

 

 

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