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Lettera a tre mogli

Regia di Joseph L. Mankiewicz vedi scheda film

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La recensione su Lettera a tre mogli

di luisasalvi
8 stelle

Tutto sballato il racconto (e quindi il giudizio) di Di Giammatteo. Eva Ross narra la vicenda ma non appare mai, ma non per questo è "misteriosa"; nell'originale si chiama Addie, e il nome rimane nella firma del biglietto che accompagna un regalo al suo ex fidanzato, con qualche confusione per lo spettatore italiano; non si capisce perché nelle traduzioni italiane ci sia tanta simpatia per il nome Eva, ripetuto nel titolo Eva contro Eva che in originale suona "Tutto su Eva" (ma anche in Il fantasma e la Signora Muir c'è una invadente e prepotente Eva). Un'unica lettera inviata alle tre amiche riunite annunzia la propria fuga con uno dei loro mariti; non si tratta di uno scherzo, anche se alla fine il marito rinuncia alla fuga e conferma il proprio amore per la moglie e il timore di non essere amato da lei. Deborah è una modesta campagnola sorpresa di essere stata scelta dall'uomo che lei ama e di cui non si considera all'altezza; Rita ammira il marito intellettuale ma accetta un lavoro per la pubblicità radiofonica che il marito disprezza ma che dà loro i mezzi per vivere; Lora ha saputo farsi sposare da un ricco commerciante grazie alla sua bellezza e si crede da lui solo desiderata ma non amata né stimata. Tutte ammirano Eva, ma sono gelose di lei e dell'ammirazione che nutrono per lei i loro mariti.

Un film meno cattivo e più ottimista del solito: tutti i personaggi sono "buoni" e insicuri; ma tutti vittime dell'ideale Eva, genialmente posta a protagonista fuori campo, che si presenta sensibile, attenta, generosa, affascinante, ma è cinicamente pronta a utilizzare gli altri, come ogni protagonista di Mankiewicz. Come negli altri, il cinismo e l'egoismo non premia. Il personaggio più scialbo e più in ombra è l'ex fidanzato di Eva, di cui non si capisce perché l'abbia lasciata né come la veda ora; eppure dovrebbe essere centrale, poiché la sua scelta ha provocato l'isolamento di Eva dalle tre coppie di amici. Perché? Per evitare una difficoltà insolubile? In quasi tutti i films di Mankiewicz la premessa narrativa è confusa e appena accennata e interessa poco, ma qui sembrerebbe più importante...

Rivisto, forse  solo apparentemente è "meno cattivo e più ottimista del solito", oltre al fatto che essendo fra i primi il "solito" deve ancora venire. Il lieto fine era allora di prammatica, ma il quadro della società non è dei migliori, anche se vengono tutti benevolmente recuperati. Le tre amiche si fanno le scarpe a vicenda e Eva, la più ammirata da tutti, è la più cinica, la più sostanzialmente egoista e senza scrupoli pur nelle apparenti delicatezze: corrisponde al fantasma del film precedente, anche se in ruolo paradossalmente opposto: un fantasma inesistente ma sempre presente, che si ritira di fronte al nuovo aspirante marito ma ben sapendo che quel matrimonio non si  farà e che alla  fine sarà lui a riprendere la signora Muir, e per sempre, mentre Eva esiste ma non la si vede mai, non si ritira affatto di fronte ai matrimoni delle sue amiche, ma anzi semina zizzania fra le coppie e fra le amiche, sotto l'apparenza di dolce e amorevole amica di tutti (o non ci sarà, in questo e forse in tutti i film del regista, un ricordo di Pirandello? Ipotesi da esaminare…).

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