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Il ginocchio di Claire

Regia di Eric Rohmer vedi scheda film

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La recensione su Il ginocchio di Claire

di Aquilant
4 stelle

Rielaborazione di un vecchio soggetto di Rohmer, “la Roseraie”, pubblicato a suo tempo nei Cahiers du Cinema ed indice del suo dichiarato fallimento di scrittore, “il ginocchio di Claire” richiama alla mente un suo successivo lavoro, “Pauline alla spiaggia”, principalmente per la situazione carica di ambiguità e per la cruda descrizione di forzati contrasti generazionali improntati ad un'evidente dose di cinismo e di perfidia. Ma l’andamento circolare presente in questo racconto suona come un’aperta ammissione della natura insolubile dell’assunto di partenza. L’eloquente atmosfera di corruzione morale è chiaramente sottolineata da un gioco di fiction maliziosamente architettato dal personaggio di Aurora, una sorta di surrogato della voce off presente negli altri racconti. Ambigua presenza destinata ad assumere il ruolo di vero e proprio elemento catalizzatore con il compito di saggiare le possibilità di sviluppo della vicenda ed incanalarla in una disturbante dimensione feticistica con l’apporto quali cavie umane di due elementi divisi tra loro da una inquietante barriera generazionale: il maturo libertino Jerome e la giovanissima Laura, con l’avvento in un secondo tempo della conturbante Claire, adolescente fatale dal ginocchio proibito. I ruoli predeterminati dei personaggi danno vita ad un gioco sottile costituito da espliciti sottintesi, sguardi provocativamente ricambiati, maliziose allusioni, disarmanti scoppi di sincerità, fuorvianti coinvolgimenti emotivi, false affettuosità protettive, confessioni fintamente imbarazzanti, il tutto affrettatamente mascherato in superficie da adombrati sentimenti di pura amicizia disinteressata. Rohmer dà libero sfogo alle recondite aspirazioni delle sue marionette sostituendo il lettino dello psicanalista con panchine e tavoli da giardino, limitandosi a prendere atto di una psicoanalisi spicciola operata su personaggi che continuano a recitare il copione prestabilito dall’epilogo ancora tutto da scrivere. Resta tuttavia allo stato intenzionale il tentativo del regista di mettere il dito sulla piaga infetta nascosta nel substrato di una società maschilista ossessionata da insicurezze esistenziali che sfociano talvolta in comportamenti che vanno a toccare devianti sfere di comportamento sessuale assumendo il significato di atteggiamenti teatralizzati a dimostrazione di una irrimediabile immaturità. Ed a questo proposito il gesto fintamente liberatorio di una mano sorpresa ad accarezzare il polo magnetico del desiderio individuato da uno scarno ginocchio d’adolescente non può non risultare asessuato ed anodino come il racconto del protagonista pronto a dichiarare apertamente una perversione che rimane svuotata di ogni suo carattere trasgressivo proprio per il fatto di non essere rimasta segreta. Ma l’atmosfera di morbosità ivi presente e la scabrosità delle situazioni unita ad un adombrato moralismo di fondo non contribuiscono certamente a far decollare in alto il racconto, e la figura dello squallido Jerome risulta talmente irritante con quella sua aria di finta vita vissuta da ispirare più compassione che rabbia.

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