L’annuncio della morte di Gary Rossington, 71 anni, è stato dato questa notte dall’account ufficiale dei Lynyrd Skynyrd su Facebook. Non vengono specificate le cause del decesso ma nel 2019 il chitarrista aveva avuto seri problemi cardiaci. Con lui scompare l’ultimo membro fondatore della band, nonché il solo superstite della formazione originale. I Lynyrd Skynyrd, benché non si chiamassero ancora così, sono nati nel 1964 su un campo da baseball. Ronnie Van Zant aveva quindici anni, lanciò con molta forza una palla che finì sulla testa di uno dei due ragazzi che osservavano a bordo campo. A finire per terra Bob Burns, futuro batterista, mentre Gary Rossington guardava minaccioso il giocatore. Ma non finì in rissa: i tre scoprirono di avere una passione in comune, la musica, e formarono il primo embrione di quella che sarebbe poi diventata la più stupefacente, gloriosa band di southern rock insieme alla più bluesy Allman Brothers Band.

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Lynyrd Skynyrd

Dopo anni a macinare chilometri e palcoscenici soprattutto in Florida (vengono da lì, non dall’Alabama) gli Skynyrd pubblicano il loro album di debutto, Pronounced ‘Lĕh-‘nérd ‘Skin-‘nérd (1973), Rossington si alterna ad Allen Collins all’elettrica e firma come autore, insieme a Van Zant, il cantante, tre pezzi, uno dei quali, Simple Man, credo sia la mia canzone preferita.
Qui una versione suonata a Pittsburgh nel 1998, in un tour che li portò anche in Italia, all’Acquatica di Milano, per uno show eccezionale.

Gary è il chitarrista col cappellaccio nero. Li produce Al Kooper, che li aveva sentiti suonare quando sembravano destinati a restare un fenomeno rock locale, ed era invece riuscito a metterli sotto contratto con la MCA. Altra figura leggendaria del più leggendario dei generi musicali, Kooper lavorava all’epoca con gli Who (ma era passato anche per gli Stones: suona lui il corno inglese in You Can’t Always Get What You Want) e organizza un tour americano trionfale delle due band insieme. Di lì a breve altri due dischi, Second Helping (1974), dove Gary inventa l’arpeggio iniziale più celebre del rock Usa insieme a quello di Hotel California degli Eagles (nel video in basso) e Nuthin’ Fancy (1975).

Quando Al Kooper se ne va comincia un’altra storia. Con Tom Dowd, un genio dell’ingegneria acustica che aveva lavorato con Charlie Parker e John Coltrane (per dire). Torce il suono degli Skynyrd per il loro disco più sottovalutato, Gimme Back My Bullets (1976), ma produce anche One More for the Road, epico live su due facciate. Sono gli anni in cui Allen Collins sembra spostare il baricentro Van Zant-Rossington verso di sé, ma la title track, immancabile ai concerti e super coverizzata (qui la versione di Adam Pearce), la scrive Gary. Nel 1977 crolla tutto. Mentre è da poche ore nei negozi il nuovo album Street Survivors, ancora prodotto da Dowd e che vede l’ingresso del nuovo terzo chitarrista Steve Gaines, precipita in Mississippi l’aereo che sta portando a casa il gruppo dopo uno show case. Ronnie Van Zant, Gaines e sua sorella Cassie, vocalist della band nel tour, muoiono sul colpo. Rossington, Collins, il batterista Artimus Pyle, il tastierista Billy Powell e il bassista Leon Wilkeson sono malconci ma si salvano. La storia dei Lynyrd Skynyrd sembra destinata a finire quel maledetto 20 ottobre.

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20 ottobre 1977

I superstiti continuano a suonare insieme sotto il vessillo Rossington Collins Band, ma l’antica magia pare dissolta. Soprattutto manca il cantante in grado di reggere i brani storici. Nel 1987 però, a sorpresa, Gary riunisce la band: a Billy Powell, Leon Wilkeson, Artimus Pyle, e al figliol prodigo Ed King si aggiunge Johnny Van Zant, il fratello minore di Ronnie, altro timbro ma medesima potenza. La voce giusta al posto giusto. Rossington sa che il loro destino è quello di essere la cover band di loro stessi ma il materiale nuovo non è da buttare, anzi. Per il loro primo album Lynyrd Skynyrd 1991 torna anche Tom Dowd e si sente: i pezzi sono derivativi ma il suono è notevole.

Dopo Last Rebel (1993), inno alla ribellione sudista, il baricentro si sposta un’altra volta. Due uomini al comando, Johnny e Rickey Medlocke, un nativo americano statuario che aveva suonato con la formazione originaria la batteria in un tour precedente il primo disco, poi era passato alla chitarra e aveva formato i Blackfoot (non la tribù, la band). Il suono dei Lynyrd Skynyrd, grazie alla sua Gibson Explorer, diventa più heavy e mainstream, e il messaggio si conservatorizza fino all’endorsement degli anni di Bush Jr., rappresentato dalla canzone-inno Red White & Blue.




LYNYRD SKYNYRD al cinema

Non si contano gli utilizzi della loro musica, Free Bird è stata ben coverizzata, qui in una scena di Forrest Gump


e qui nel lungo, meraviglioso, implacabile finale di La casa del diavolo di Rob Zombie.


E ancora in Elizabethtown di Cameron Crowe.


Altre song usate bene:
Tuesday’s Gone in La vita è un sogno di Richard Linklater


Simple Man in Almost Famous sempre di Crowe al minuto 1’29’’


Sweet Home Alabama è stata usata in così tante scene che qualcuno ha pensato bene di montarle assieme.



Enjoy.

Autore

Mauro Gervasini

Firma storica di Film Tv, che ha diretto dal 2013 al 2017, è consulente selezionatore della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia e insegna Forme e linguaggi del cinema di genere all'Università degli studi dell'Insubria. Autore di Cuore e acciaio - Le arti marziali al cinema (2019) e della prima monografia italiana dedicata al polar (Cinema poliziesco francese, 2003), ha pubblicato vari saggi in libri collettivi, in particolare su cinema francese e di genere.