Come sempre per i film storicizzati, arduo trovare qualcosa che non sia mai stato scritto. Figuriamoci per L’Atalante di Jean Vigo, uno dei migliori della storia del cinema, osannato, amato, in Italia parcellizzato nella sua sequenza più celebre per il loop di Fuori orario - Cose (mai) viste su Rai3, con Patti Smith che canta Because the Night («perché la notte appartiene agli amanti» e ai cinefili, che sono essi stessi amanti). E allora pensiamo agli attori. All’attrice.

Dita Parlo. Al secolo Grethe Gerda Kornstädt, classe 1908 (secondo alcune fonti 1906), protagonista del primo film tedesco parlato, La sposa del Danubio di Hanns Schwarz (1929), produzione UFA, ma anche dell’ultimo film muto di Julien Duvivier, Il tempio delle tentazioni (1930), dal romanzo Al paradiso delle signore di Émile Zola. L’immagine del suo volto in sovrimpressione sott’acqua, il cui sorriso diventa risata irresistibile, è forse il primo piano femminile più bello di sempre. Infatti fece innamorare tutti: surrealisti, “giovani turchi”, scrittori e pittori, artisti sotto la tenda di un circo (a proposito: ma Fellini per La strada si sarà lasciato influenzare da L’Atalante, ammesso lo conoscesse?). Dita Parlo, dopo un altro capolavoro (La grande illusione di Jean Renoir, 1937) cadde in disgrazia, prima nella sua patria adottiva, la Francia, dove venne accusata di collaborazionismo, e a guerra scoppiata di nuovo in Germania, costretta per anni all’inattività. Tornò al cinema solo nel 1950, chiamata da André Cayatte per un ruolo secondario ma significativo in Giustizia è fatta, unico titolo della storia ad avere vinto sia il Leone d’oro a Venezia sia l’Orso d’oro a Berlino.

Michel Simon. Un gigante. Nato a Ginevra lo stesso anno del cinematografo, il 1895 («le disgrazie non arrivano mai da sole», ebbe a dire), allievo di Georges Pitoëff a teatro e in seguito nella compagnia di Louis Jouvet, fino all’incontro con Jean Renoir. Diventano amici, fondano una società di produzione cinematografica e realizzano (Renoir regista, Simon protagonista, entrambi produttori) Boudu salvato dalle acque (1932), un film forse inarrivabile. Successo di pubblico eclatante; l’attore svizzero, decisamente non un adone, diventa addirittura un sex symbol. Accetterà di interpretare il mitico père Jules di L’Atalante - invecchiandosi - per aiutare Vigo caduto in disgrazia dopo l’insuccesso di Zero in condotta.

Jean Dasté. Classe 1904, debutta al cinema proprio con Renoir e Simon in Boudu salvato dalla acque, le stesse fluviali dalle quali evidentemente si è generato L’Atalante. Rispetto a Parlo e Simon, Dasté, nel film, «il est en peu en retrait» come disse lo stesso Vigo, «è un po’ in disparte», ma resta protagonista-tuffatore di una sequenza leggendaria. E dopo gli attori, l’autore. Jean Vigo. Un genio. In un’intervista filmata del 1968 recuperabile su YouTube, François Truffaut, che ne parla con Éric Rohmer, lo definisce l’unico autore d’avanguardia del suo tempo capace di interagire alla perfezione con l’industria e il sistema produttivo («come oggi Godard», aggiunge), senza pose da eremita compiaciuto di rivolgersi a pochi eletti (come poi Jean-Marie Straub: questo lo aggiungiamo noi).

Purtroppo Vigo morirà giovanissimo, a 29 anni: era malato di tisi e proprio durante le riprese di L’Atalante (che sarà distribuito postumo) si aggravò. Sebbene lo stesso Rohmer cerchi di intercettare nei suoi film un che di “realistico”, fin dall’esordio con A proposito di Nizza (1930, tecnicamente un documentario) - che inizia con un trenino giocattolo dal quale escono due pupazzetti trascinati con le fiches da un croupier su un tavolo verde - aveva una sorprendente intuizione per il surreale. Truffaut definisce il suo cinema con un solo aggettivo: «stupéfiant», «stupefacente». Più che lo splendore, del vero, la fantasmagoria.
Il film
L'Atalante
Drammatico - Francia 1934 - durata 89’
Titolo originale: L'Atalante
Regia: Jean Vigo
Con Michel Simon, Jean Dasté, Dita Parlo, Gilles Margaritis, Louis Lefebvre
Al cinema: Uscita in Italia il 15/01/2018
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