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Good morning, Somalia
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Good Morning, Somalia (e un altro titolo sarebbe potuto essere Mogadiscio, mon amour) è un montaggio di varie sequenze girate in maniera amatoriale da parte di alcuni soldati italiani (quasi tutti molto giovani) durante la loro presenza in Somalia nei primi anni novanta. Non c’è nessuna contestualizzazione storica di queste immagini (la missione “di pace” a cui partecipano gli italiani era comunque quella denominata Ibis I e II all’interno dell’intervento dell’ONU), nessuna voice over a darci spiegazioni dei fatti, anche se alcuni dei soldati ci raccontano dal loro punto di vista cosa la videocamera sta mostrando, a volte i visi sono oscurati, l’audio in certe scene è stato eliminato, la qualità delle riprese è molto povera, ci sono solo delle semplici didascalie, all'inizio di ogni "capitolo", per darci una minima idea di cosa facciano i nostri durante i loro giorni e le loro notti. A dire la verità non molto, fra goliardate militaresche, aperti insulti razzisti verso il fratello somalo, attività di campo, checkpoint, corse con le autoblindo, riposo domenicale in branda e dimostrazioni del potenziale bellico nostrano. Ciò che esce fuori da questo quadro frammentario, deprimente, squallido nella sua apparente banalità è una mentalità talmente superficiale da non essere capace di creare una seppur minima empatia verso il prossimo, a meno che esso non abbia la sua stessa divisa e parli il medesimo idioma.

Le immagini di apertura sono quelle dell’arrivo dei militari del nostro esercito su una povera spiaggia, con la musica di Wagner in sottofondo, in quello che appare un vago omaggio ad Apocalypse Now, di cui, con un senso di strisciante angoscia, mi sono ricordato anche della sequenza dove i compagni di Willard controllano una barca finendo per uccidere tutti quelli che vi erano a bordo. Ecco, l’atteggiamento dei nostri soldati durante i posti di blocco o le perquisizioni non era tanto differente. Poi un susseguirsi di episodi che fanno nascere delle domande riguardanti la reale utilità di questi ragazzi in quel luogo. Sembra più di vedere un gruppo di amici in campeggio, a cazzeggiare fra loro. Unica differenza l’accesso alle armi e la possibilità di usarle. In una quasi totale assenza di reali valori condivisibili il dubbio più atroce è su quali  possano essere state le altre tessere di questo mosaico, le altre derive, i possibili abusi, le probabili violenze. 

Questi video furono mandati a Panorama nel 1997, insieme ad alcune foto.

Ennesime schegge di un’altra tragedia (quella del popolo somalo) destinata all’oblio.

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