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Sorpresa!
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Milano, un lunedì sera del 1998 o del 1999, appuntamento con una compagna di cinema (ciao Nati) per un nostro classico secondo spettacolo. Sceglievamo un film a testa e quello era il mio lunedì, toccava a me a scegliere film e cinema. Mi fisso che voglio vedere Tango di Carlos Saura, che aveva vinto un premio a Cannes, poco prima di uscire di casa guardo gli orari sul quotidiano (!), cerco Tango, trovo Tango: ore 22,30, cinema Corallo. Solitamente la nostra routine era che avevamo un appuntamento generico in centro verso le 22 e poi chi aveva scelto il film illustrava all'altro, brevemente, di cosa si trattava e insieme si camminava verso la sala.

Dopo che ci siamo incontrati dico due cose due, non ne sapevo di più, sul Tango di Saura, parole chiave: tango, Buenos Aires e tango e poi Argentina e poi qualche altra informazione minima e patetica che onestamente non ricordo.

Arriviamo al cinema trafelati, dico due per Tango, facciamo i biglietti, entriamo facendo finta di ballare (il tango) e corriamo a prendere posto. A turbare questa atmosfera festosa c'è il fattarello che mentre entro butto l'occhio sul poster del film appeso all'entrata della sala, ma proprio con la coda dell'occhio, e sento una specie di brivido di allarme vedendo grafiche che mi sembra difficile appartengano al Tango di Saura, però vedo chiaramente scritto TANGO e mi tengo il brivido tutto per me.

Ci sediamo, buio in sala, qualche trailer, ci accomodiamo sulle poltroncine. Inizia il film.

Sui titoli di testa il brivido diventa gelo: in questo film scorrono nomi troppo francesi. Mi irrigidisco. L'amica lo sente, mi guarda, le sorrido impavido.

La prima sequenza si apre su un paesaggio campestre, la camera scorre piano parallela a una strada, in lontananza si sente il rombo intermittente di una macchina in avvicinamento, chi guida sta ascoltando una canzone a volume infernale, anche la canzone va e viene ma posso affermare con certezza che la musica non è un tango.

Sullo schermo appaiono tre ragazzini che sentono il rumore come noi spettatori, si fermano e con gesti teatrali si mettono le mani sulle orecchie, a quel punto davanti alla camera sfreccia un maggiolino giallo canarino con a bordo un Philippe Noiret con l'espressione da squilibrato che ascolta una canzone africana martellante che no, non è un tango. Il gelo interno mi si scioglie in una risata isterica, l'amica mi segue a catena in una risata contagiosa spettacolare.

Il maggiolino giallo scivola sulle strade accompagnato da quella musica assurda, la regia lo segue ma è dura perché Noiret guida come un indemoniato, ad un certo punto addirittura esce di strada, percorre un pezzo di sterrato e si lancia sulla pista di un aeroporto trovandosi di fronte ad un aereo in fase di decollo. Lo evita, sbanda, si rimette in carreggiata e finisce la sua corsa al parcheggio dell'aeroporto riservato ai piloti, con una piccola sbandata controllata. Noiret viene assalito da una specie di responsabile aeroportuale che come prima cosa gli dice di spegnere quella musica di merda. Giustamente.

Tra le aspettative che avevamo creato sul Tango di Saura e quella sequenza di apertura con Philippe Noiret a bordo di un maggiolino giallo su cui suona una martellante musichetta africana c'è un abisso talmente infinito che si può colmare solo con il ridicolo. E per molto tempo ho considerato Tango di Patrice Leconte il film in cui ho riso di più al cinema, ma non era proprio tutto merito del film.

Questa è proprio una storia del Novecento. Già il fatto di consultare gli orari delle sale sul giornale ma soprattutto il fatto che il Tango di Patrice Leconte, del 1993, fosse in sala nel 1998 o nel 1999. Eppure capitava con le seconde, le terze e perfino le quarte visioni. Oggi succede solo in caso di film restaurati o rassegne tematiche. In compenso i film che escono in sala, salvo poche eccezioni, fanno fatica a resistere più di qualche settimana e poi finiscono per approdare in cataloghi sterminati per essere visti solo se qualcuno cerca proprio loro (ma Tango di Leconte non c'è da nessuna parte eh, se non fosse stato per l'hard disk di un amico non avrei potuto verificare la correttezza del ricordo, grazie G.!).

Questo però è anche un piccolo aneddoto che mi fa ripensare a una cosa che alcuni di voi hanno detto nel corso di altri scambi qui su filmtv.it, ossia il tentativo di conservare il valore dell'effetto sorpresa al cinema. Un comportamento che è portato avanti da un manipolo di valorosi guerrieri ninja con caparbia volontà antistorica che consiste in un insieme di attività faticosissime tipo schivare notizie, informazioni, clip in anteprima, first look, videorecensioni, ovviamente trailer ed anche la nuova generazione dei video promozionali, ossia i trailer reaction, le reazioni degli spettatori ai trailer. Paura! Risate! Commozione! Tutto viene filmato dal grande promo-sguardo con lo scopo di essere restituito all'audience globale. L'importante è attrarre l'attenzione, creare attesa, alimentare le aspettative. Che infatti si situano all'esatto opposto dell'effetto sorpresa ed ecco perché coloro che lo vogliono salvaguardare sono pronti a vivere sostanzialmente come dei fuggiaschi.

Ma al di là delle azioni di resistenza, che hanno sempre tutta la mia stima, la domanda è: arrivare ad un film sapendo il minimo indispensabile è davvero il modo migliore per apprezzarlo? A me succede così raramente che per rievocare quello stato d'animo sono dovuto andare a ripescare l'aneddoto davvero estremo del doppio Tango. Per il resto, purtroppo, la sorpresa non fa veramente parte del range delle emozioni che il cinema solitamente mi offre.

Il cinema visto in sala è oggetto di grandi scelte e valutazioni preventive sia per il prezzo del biglietto sia perché è diventato un'esperienza più rara e quindi porta con sé il bisogno che sia speciale. Devo però ammettere che la sorpresa è anche una questione di predisposizione al rischio e quindi dipende molto da noi. Nelle ultime settimane ho rischiato di più (non al cinema però) e sono stato premiato: ho trovato una piccola gemma sorprendente e ve la racconto nella nuova puntata del nostro podcast Pablo che potete ascoltare qui.

E per voi? Qual è stato l'ultimo film che potete considerare sorprendente? Il tema interessa anche al direttore di Film Tv Giulio Sangiorgio e infatti siamo d'accordo che potete mandare i vostri aneddoti direttamente a lui (sangiorgio@filmtv.press) e lui li pubblicherà sulla rivista nello stesso spazio in cui sta pubblicando ancora, a distanza di qualche mese, i racconti delle vostre visioni cinematografiche. Potete scrivere all'incirca 1600 battute che potete usare per raccontare il film ma soprattutto quella meravigliosa vertigine che solo i film sorpresa riescono a regalare. Soggetto della mail: Sorpresa!.

p.s. Sangiorgio ha detto che valgono anche gli errori come il mio, qualora vi fosse capitato...

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