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Buio in sala: silenzio, parla Suspiria
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“Suspiria, in fondo, è una grande opera rock” (D.A.)

  Suspiria, goduto per la prima volta al cinema, regala una visione densa e corposa.

“non potrei far paura nei miei film se non avessi paura come tutti, anche un po’ più di tutti” (D.A.)

 

“quando scrivo cerco di pescare quanto più è possibile nel mio subconscio, perché so che così non invento nulla; prendo delle cose che ci sono, che esistono, racconto praticamente la verità” (D.A.) 

 

 

“ho concepito Suspiria come un film di soli ‘inizi’, come una continua corsa che non prevede ‘arrivo’, per cui non doveva esserci mai un calo di tensione, mai una caduta… e ho dovuto inventarmene tante…” (D.A.)

 

L'attenzione al dettaglio da parte del maestro Argento è maniacale, e il restauro in 4k lo sottolinea ampiamente, oltre a non mortificare lo splendido lavoro sulla fotografia e l'impiego del colore così come sono stati concepiti e poi utilizzati nella versione originale (anche se l'incarnato dei personaggi risulta un velo acceso).

 

 

“le porte, i corridoi, le tende, sono come la punteggiatura nella scrittura” (D.A.)

 

(Im)percettibili frames inediti (o è solo il miracolo del grande schermo a permettere all'occhio di cogliere momenti che le dimensioni ridotte del televisore non gli hanno -mai- concesso di registrare prima?) impreziosiscono il recupero in sala, che si rivela un'esperienza, a dispetto delle numerose visioni casalinghe, nuova, per nulla scontata, superflua ed effimera.

 

 

"rifiuto completamente il realismo e quindi invento ogni cosa: devo inventare le geografie interne, gli appartamenti, il modo di recitare degli attori, le città dove vivono… è tutto un mondo reinventato" (D.A.)

 

 

 

“la chiave dell’angoscia sta nel ritmo, nel come gli avvenimenti vengono scanditi, io cronometro ogni inquadratura e so che deve durare esattamente quanto dura” (D.A.)

 

Invecchiato benissimo, è un gioiello d'angoscia allo stato puro che il cinema dell'orrore fatica a replicare.

Angoscia che trasuda dalle pareti rivestite in velluto, dai tendaggi pesanti che hanno fatto scuola, confondendosi con l'acqua, propagandosi nei lunghi corridoi spaventosi solo a guardarli (figuriamoci ad attraversarli), spingendosi fuori, nella foresta desolata e nelle piazze deserte dove le tenebre sembrano aver trovato la loro ideale dimora, per penetrare, infine, sottopelle, con la ferma intenzione di rimanervi per molto, moltissimo tempo (quanto una vita) a divorarti lentamente l'anima.

 

 

Adesso, non resta che aspettare il remake(?) di Luca Guadagnino,

poi, si vedrà...
 

 

“Avevo appena letto un magnetico racconto intitolato ‘Dell’educazione fisica delle fanciulle’, scritto dal tedesco Frank Wedekind, e m’immaginai cosa potesse accadere a delle bambine in balìa di una strega modellata su quella di Biancaneve" (D.A.)

 

 

"a mio parere, trovo che il mio sia uno dei modi più sfrenati di fare cinema, permettendomi di far volare in sala vele d’irrazionalità e di delirio. Contribuendo a far vacillare solide convinzioni e tranquillità, quieti modi di vivere e false sicurezze. Il genere che ho adottato mi permette di fare del cinema moderno, di spaziare sui tempi narrativi che sono, oggi, il campo d’indagine più interessante che si possa presentare a un autore, sia esso cineasta, musicista, attore o altro" (D.A.)

 

 

“i miei film nascono per essere rappresentati. Nascono per immagini e non per concatenazioni di storie. Nascono per essere verosimili ma non reali, con un cammino che prende il via dal razionale, per giungere all’iperrazionale (cioè alla perfezione del dettaglio), e quindi approdare all’irrazionale e, come ultima spiaggia, al delirio” (D.A.)

 

 

“nei miei film la musica è un altro dei protagonisti importanti, funge da commento vocale dell'autore alla scena rappresentata” (D.A.)

 

 

“Io cerco il panico, che è uno scarto in più, una penetrazione più profonda, se noi vogliamo paragonare il panico al terrore, alla paura, possiamo dire che la paura è uno stato febbrile sui 38/39°, il panico è 41°” (D.A.)

 

 

“io faccio del cinema perché voglio essere amato” (D.A.)

 

 

 

 

 

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