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VACANZINE ROMANE: 3 GIORNI ALLA FESTA DEL CINEMA DI ROMA: 4 GIOVANI RE ALLA DERIVA; LA VERITA' CHE NON SERVE A NULLA; JEEG ROBOT DI TOR BELLA MONACA; UNA SPLENDIDA FANTASCIENZA VINTAGE DA SION SIONO.
di alan smithee
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“Alice nella città”, la rassegna romana tradizionalmente legata al cinema con tematiche giovanili, frequentatissima dalle scolaresche e spesso portatrice di opere curiose, insolite e fresche, apre la mia breve avventura romana 2015 con la Festa del cinema. E mi fa iniziare con la marcia giusta, perché FOUR KINGS, opera prima dellaregista Teresa von Eltz, è un'opera molto toccante ed ispirata, drammatica e profonda che traccia ritratti adolescenziali di quattroragazzi disadattati o turbati dalla propria spesso drammatica esperienza di vita. Costoro, per circostanze varie, si ritrovano nei giorni che precedono la festa del Natale, a dover convivere sotto lo stesso tetto presso un istituto psichiatrico, assistiti dalle esperte e ferme cure di un giovane ed ostinato medico, convinto a far loro recuperare quella fiducia in se stessi e la capacità di ritrovare ad apprezzare la vita di gruppo rtrovando quel senso di amicizia e solidarietà che ognuno dei quattro, due ragazzi e due ragazze, hanno ormai da tempo perso per strada.

“Il Natale mi ricorda solo particolari tristi, regali che non mi piacevano, biscotti che sanno di merda”; il Natale per tutti e quattro i “re” è la festa del rimpianto per la famiglia che non hanno più o che non è più in grado di sostenerli e proteggerli, assicurando il conforto e la serenità che meriterebbero: chi vittima del bullismo e col corpo ricoperto di ferite e cicatrici che ne testimoniano le torture subite, chi costretta a destreggiarsi in una famiglia benestante distratta o fredda come degli automi, chi vittima di un genitore pressante e deprimente che la ossessiona fino alla follia, chi afflitto da scatti d'ira che lo portano in isolamento a girare tutti gli ospedali psichiatrici della nazione fino a trovare il giovane medico che finalmente capisce come l'isolamento non possa che peggiorare la già allarmante situazione ad un passo dalla schizofrenia. Four kings è un film che appassiona e sa narrare quattro sfumature del disagio esistenziale giovanile bilanciando alla perfezione quattro situazioni che si incastrano tra di loro venendo a contatto sotto un unico contesto ospedaliero.

Bravissima la regista von Elst, presente in sala con i due dei suoi protagonisti ed il bravo interprete del giovane ostinato e coraggioso dottore che li ha in cura: applauditissimi in sala da una folla di spettatori mediamente molto giovani che apprezzano soprattutto il piglio serio ma anche scanzonato a cui l'abile sceneggiatura sa virare quando è il momento. Finalmente un film tedesco con molta anima che sovrasta ogni teorema o schematismo.

VOTO ****

TRUTH, di James Vanderbilt, è il film della sezione ufficiale che ha aperto le danze della Festa romana. Una sorta di biopic che narra le controverse vicende di cronaca che hanno caratterizzato il cosiddetto “Ratnergate”, ovvero l'inchiesta che seguì lo scandalo scaturito da un programma giornalistico della CBS quando una tosta giornalista di nome Mary Mapes tenta di dimostrare che il presidente George W. Bush, in odore di rielezione durante la campagna elettorale del 2004, in realtà si imboscò ai tempi del servizio militare per evitare di finire in Vietnam. La notizia e tutta l'indagine vennero divulgate da un noto programma gionalistico condotto dal celebre anchorman Dan Rather. L'nchiesta fece il botto, ma la parte lesa, potente e protesa a difendersi con tutti i mezzi da quelle imbarazzanti accuse, reagì spostando l'interesse della vicenda sui metodi con cui fu condotta l'inchiesta dalla Mapes e dalla sua squadra di abili giornalisti: fu un ecatombe di teste, con la CBS che rischiò di chiudere, e tutta la cordata di giornalisti, compreso il notissimo presentatore, costretti al ritiro o licenziati in tronco.

Il film ripercorre le tortuose e complesse tappe di un'inchiesta di per sé tendenziosa e gratuita, ma che indubbiamente si poggiava su particolari e notizie di un certo fondamento. Purtroppo la pellicola, specie nella prima verbosa sua parte, si perde un po' eccessivamente nell'indagine dei suoi particolari più tecnici (i caratteri della scittura dei pezzi dell'epoca, non riproducibili o falsificabili oggigiorno con la scittura del pc) e sono nel suo epilogo riacquista interesse e dà vigore alla forza dei suoi protagonisti, rendendo giustizia sd un cast altisonante di grndi interpreti. Tra questi, l'algida Cate Blanchett risalta per classe e regalità d'altri tempi. Robert Redford, d'altri tempi anagraficamente, ma sempre in forma smagliante e dall'aplomb inalterato come la capigliatura, dà spessore ed umanità al suo anchorman che sa tirarsi indietro con dignità ed estrema lealtà nei confronti della sua appassionata collaboratrice. Il film medio, opera prima di uno sceneggiatore piuttosto valido (suo lo script di Zodiac), denuncia a tutti gli effetti la sconfitta di un sistema, di una molla giornalistica che risulta fine a se stessa ed inutilmente ricattatoria, posto che i potenti sotto accusa difficilmente possono considerarsi delle vittime, e sono pronti a radere al suolo ogni arbusto indifeso chem li circonda pur di far valere la propria ben poco credibile immacolatezza.

VOTO ***

Jeeg Robot, rivale forse ancora più simpatico di Goldrake, ed eroe incontrastato dei ragazzini di fine anni '70, si rincarna ai nostri giorni nel corpo di un ladruncolo da mezza tacca di Tor Bella Monaca, quartiere poplare romano che sopravvive tra gang di ladri, ricettatori e contraffattori in cerca di onnipotenza. Quando, per sfuggire alla polizia dopo aver sottratto un Rolex, si butta nel tevere venendo contaminato da un bidone di rifiuti tossici, anziché morire, si ritrova dotato di poteri paranormali, che si estrinsecano in una forza sovraumana. Ecco che allora Enzo Cecotti mette a frutto la sua nuova potenza corporale per sradicare (letteralmente) un bancomat e darsi alle imprese delittuose con un nuovo stile foriero di risultati decisamente più eclatanti.

Si metterà contro un boss psicopatico invidioso della sua forza, e troverà nella folle Alessia, che lo crede la reincarnazione di Jeeg, la donna della sua vita.

Tra pulp e fumetto noir, in LO CHIAMAVANO JEEG ROBOT, divertente e riuscita opera prima di Gabriele Mainetti, si muore veramente, trucidamente, spettacolarmente, ma ci si diverte anche molto, grazie ad una sceneggiatura che sa prendersi in giro e circondarsi di alcune icone dei tempi che furono che ancora oggi ci fanno impazzire. Oltre all'eroe manga, quattro regine incontrastate della canzone italiana anni '70 e '80 (Oxa, Berté, Nannini e Nada) fanno da colonna sonora agli show deliranti che il boss psicopatico, reso magistralmente sopra le righe da un nuovamente incontenibile Luca Marinelli (uno dei migliori giovani attori in circolazione), ci regala tra lustrini e paillettes che nemmeno Michel Jacson avrebbe osato. Un personaggio vampiresco malizioso e satanico, capace di uccidere e fracassare teste con un cellulare di cui non apprezza il coloree perfetto contraltare dell'altro ottimo protagonista, un Claudio Santamaria dolente e rassegnato che accetta il suo destino con la solita riluttante diffidenza non priva di sarcasmo.

Anche il personaggio della bella e folle Alessia è reso con disincantata poesia dalla brava e affascinante Ilenia Pastorelli, ed il film, gradevole sorpresa, ha come difetto più evidente certe incontrollate lungaggini di sceneggiatura ed un quarto d'ora di troppo di epilogo francamente superfluo e ridondante. Ma avercene, di opere prime di questa riuscita!

VOTO ***

Il film migliore di questa intensa e soddisfacente prima giornata romana è senza dubbio THE WHISPERING STAR, del grande e prolifico regista nipponico Sion Sono. Bello ed affascinante fino dal tiolo, La stella sussurrante, il prossimo pianeta in cui deve atterrare la affascinante e molto retrò astronave che ospita da oltre quattordici anni l'androide Machine ID /”” Yoko Suzuki, una sorta di postina che viaggia ininterrottamente per la galassia a consegnare pacchi come un postino ai pochi esseri umani che ancora abitano i vari pianeti. Affascinata dallo stile del passato, dai cavi elettrici, dagli arredi ed elettrodomestiic del passato, la donna robot si è dotata di un'astronave vintage che sembra esternamente un piccolo chalet di montagna, ed all'interno una umile casa operaia di una metropoli di un regime comunista. Il robot che governa il veicolo sta perdendo colpi e perde sempre più spesso la concentrazione, osservando le falene che rimangono intrappolate attorno al neon della cucna piuttosto che osservare le stelle e le meteoriti che potrebbero minacciare il veivolo.

Attraverso un poetico ed affascinante “one woman show” interpretato dalla valida e tenerissima Megumi Kagurazaka nel ruolo dell'androide protagonista (tutte le altre comparse sono persone in qualche modo coinvolte nella catastrofe che ha scovolto il Giappone un paio di anni orsono a Fukushima), Sion Sono ci sorprende per la dolcezza e la poesia che trapelano dalla sua storia di solitudini ed esistenze, letteralmente alla deriva. Un gioiello di film che ci parla di tempi eterni, scanditi tuttavia dall'insistenza di giornate tutte uguali che trascorrono tra l'esigenza quasi compiaciuta di perdersi in lavori domestici d'altri tempi ed il dettaglio affascinante di particolari idraulici o tecnici apparentemente fuori luogo e fuori tempo in un futuro a noi così lontano, ma a tutti gli effetti davvero molto vicino.

Una fantascienza vitage che va oltre Tarkowski e che guarda al passato tralasciando completamente il presente. Un film poetico e struggente che emoziona e intenerisce.

VOTO ****1/2

 

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