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Nobody Wants the Night

Regia di Isabel Coixet vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Nobody Wants the Night

di pictor
8 stelle

Un film che mostra i contrasti. Come il contrasto tra il giorno e la notte (che nessuno vuole, perché sinonimo di morte, in una terra di ghiaccio, gelo e desolazione).

Il contrasto tra il bianco della neve e gli scuri vestiti di chi la calpesta. Gli invasori, i coraggiosi, gli incoscenti, che si azzardano a solcare quella terra non loro; quella terra dove ogni regola del nostro (grande) "mondo" non vale più.

Il contrasto tra due donne, innamorate, in attesa, dello stesso uomo. Due donne di carattere (ma vulnerabili), fondamentalmente diverse nella loro vita e visione del mondo, che si trovano a dover condividere l'unico spazio dove, per centinaia di chilometri, si ha ancora l'impressione di essere "da qualche parte" (un cottage, un rifugio, un piccolo igloo), mentre tutto intorno viene fagocitato dal bianco, prima, e dal nero (della notte), dopo.

Un film sulla solitudine, sulla necessità di avere qualcuno, qualcuno che dia un senso alla propria vita, alla propria sola esistenza, esistenza impotente davanti all'enormità della Natura; la Natura che comanda e detta legge perché priva di obiettivi. La Natura soltanto esiste.

Le nostre due protagoniste invece non hanno altro obiettivo che quello di attendere il loro amato: un uomo che cerca la propria realizzazione esistenziale in un'illusione diversa dall'Amore; un uomo che rincorre la gloria, o l'avventura, o che semplicemente cerca di fuggire dalla solitudine e dal disagio della società (come dice Gabriel Byrne) per ricercare invece espressione degli stessi in un ambiente dove e disagio e solitudine sono la condizione di vita base.

Qual'è il senso da raggiungere? Per cosa combattere? Cosa vale il prezzo della nostra vita?

Un amore lontano? Uno immaginario? O la gloria? L'avventura? La sopravvivenza di un figlio? O anche solo quella di un nostro simile?

In un mondo congelato gli eschimesi non hanno possedimenti, non giocano sull' "appartenenza" ma sulla condivisione, sull'aiutarsi, a prescindere da chi o cosa; perché è l'unico modo per andare avanti e sopravvivere. Non c'è esclusività; c'è comunione. Ed è l'unica cosa che dà un senso all'esistenza; la condivisione: la condivisione di un coltello per sopravvivere, la condivisione di un sogno (che appaga più dell'intimità sessuale); la condivisione della carne di un cane ucciso per sopravvivere; condivisione del calore che è più prezioso dell'oro; la condivisione dell'amore per la vita, per un figlio, in una terra che semina solo morte.

Un film molto femminile, che relega gli uomini alla dimensione di impavidi, avventurieri, ma privi di qualcosa che li riempia veramente, inseguitori di illusioni (emblematica la domanda "how was that?", riferita al raggiunto polo nord; domanda imbarazzante rimasta senza risposta).
La donna segue illsuioni alla stessa maniera, con la stessa ingenuità, ma non la ricerca all'esterno. La donna la cerca nella condivisione, cerca un senso in un'altra persona. Le due donne, riescono a vedere il barlume di speranza, di un senso, fintanto che continuano (o imparano) a condividere.
Un film crudele, realista, spietato. In una terra come l'artico non esiste pietà o ingenuità, o stratificazione sociale. Le uniche due cose che esistono sono la vita, e la morte, il giorno e la notte. E nessuno vuole la seconda.

Bravi gli attori a trasmettere la malinconica esistenza che li attanaglia, la forza nell'accettare, nel reagire (o nel lasciarsi andare). In particolare bravissime le due protagoniste (che riescono a volte far sorridere di humor, nonostante la glacialità seriosa della situazione).

Bella regia, con un punto di vista molto femminile, ma non certo "debole". Una storia di donne raccontata da una donna: storia di sacrifici, speranze, sofferenza, disillusione. Pane quotidiano per una donna di qualunque tempo.
Bella fotografia e scenografia, che riesce ad esprimere la distanza dal "nostro mondo" alla perfezione, facendo percepire la stessa sensazione di viaggio senza ritorno che ho percepito di recente in un altro film, Interstellar, dopo aver attraversato il buco nero.
Tra l'artico e lo spazio profondo c'è ben poca differenza; in entrambi la Natura è imponente, spietata, priva di risorse per sopravvivere, desolata. E sono pochi, fortunati, quelli che riescono a sopravvivere. Ma sopravvivere, morire, raggiungere i propri sogni è, alla fine, solo un'illusione di cui abbiamo bisogno per non sentirci inesistenti.

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