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Penne nere

Regia di Oreste Biancoli vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Penne nere

di cherubino
7 stelle

Film in bianco e nero non privo di fascino che ci riporta al dramma dei tanti nostri progenitori che tentarono il rientro dall'Albania dopo l'8 settembre 1943. Occasione per rivedere un giovane Mastroianni con Marina Vlady quindicenne e il piccolo Enzo Staiola di "Ladri di biciclette".

PENNE NERE (1952) 

https://www.youtube.com/watch?v=5U6Y-yey7xU

 

 

Sono molti i motivi per cui, almeno per me, questo film in bianco e nero del 1952 non è privo di fascino.

Il più importante è che non si tratta di vicende lontane da noi, tutt’altro: furono genitori, mica pochi, di quelli che hanno la mia età a trovarsi, l’8 settembre del 1943, in Albania, abbandonati a loro stessi, ai quali rimase un solo obiettivo, riuscire a tornare alle loro case; e lo tentarono, a piedi, nonostante il pericolo e le sofferenze, purtroppo non tutti con successo.

Uno di questi fu il padre di mia moglie, classe 1909, non certo entusiasta del ventennio: sei anni di vita “persi”, fra servizio militare e poi Grecia e Albania. Persone che erano state costrette a combattere senza sapere perché, senza ideali politici, vite vissute, nelle loro giovinezze, quasi tutti nelle campagne o nei monti (del Friuli, in questo film: belle immagini), con le loro famiglie, nella povertà come sempre, impegnati a “tirare avanti” onestamente nel loro “piccolo mondo antico”.

 

La definizione che ho usato mi riporta naturalmente al romanzo di Guareschi e dunque alla figura di Don Camillo. Anche in “Penne nere” c’è un parroco che ha un ruolo importante a fianco dei suoi compaesani: sarà lui a suggerire di informare i quaranta reduci, ancora nascosti sulla cima del monte vicino al paese, che i cosacchi, prima di allontanarsi, stanno per far saltare la diga: tutte le loro case verrebbero inevitabilmente distrutte.

E del film “Don Camillo” Oreste Biancoli aveva pochi mesi prima partecipato alla sceneggiatura. Questo film è del tutto suo: soggetto, sceneggiatura e regia.

 

Altro elemento di fascino è rivedere il piccolo Enzo Staiola di “Ladri di biciclette”: è lui che interpreta il Tonino che si arrampica sulla sommità del monte per avvertirli e ottenere il loro intervento in extremis. E anche di quel capolavoro il bolognese Biancoli aveva firmato insieme ad altri la sceneggiatura.

Fu infatti prima di tutto sceneggiatore, nonché soggettista. La sua filmografia si compone infatti di quasi novanta film, girati fra il 1930 e il 1962, ma di essi le regie sono solo otto (e questa è l’ultima, dopo 11 anni dalla precedente), in trenta è autore del soggetto, in tantissimi è sua la sceneggiatura.

In ogni caso, una figura non trascurabile del nostro cinema, che mi fa piacere aver avuto la possibilità di ricordare ai più giovani.

 

La “retorica”: sì, in particolare il commento fuori campo che accompagna le vicende ha una enfasi che può ritenersi eccessiva e che può ricordare quelli dei film di propaganda bellica di dieci anni prima. Ebbene, questo che penso ai più apparirà un “difetto” del film, è stato per me un altro elemento di fascino: perché la consuetudine a quel tipo di commenti nel “ventennio” mi è parsa utile a farci proprio “essere”, noi spettatori, in quegli anni; naturalmente, il contenuto non è qui certo a favore della guerra.

La sensazione è che il regista abbia voluto tornare dietro la macchina da presa ancora una volta, dopo tanto tempo, perché conosceva da vicino il destino amaro di quei ragazzi nati una decina d’anni dopo di lui (classe1898) e ne volle parlare: ma cercando - a parte la voce fuori campo - di non eccedere, nel film, con toni o episodi troppo drammatici ed immagini sensazionalistiche, che avrebbero sminuito il ricordo dell'odissea realmente vissuta da tanti.

Solo il finale, d'azione, è un evento fuori del comune. E poi, c'è giustamente il lieto fine: la storia d'amore non è elemento centrale di questo film e dunque non doveva diventarlo alla fine. 

 

Rivedere (o vedere per la prima volta, come nel mio caso) questo film è anche l’occasione di rivedere Marcello Mastroianni giovane e ancora, dopo oltre un decennio dall'esordio - e nonostante la sua bellissima voce -  doppiato da altri, in questo caso per fortuna da Giuseppe Rinaldi (mi fa uno strano effetto sentirlo parlare con la voce di Manfredi o di Sordi).

Ma soprattutto, che piacere vedere Marina Vlady al suo primo film in Italia, non ancora quindicenne: era già comparsa in quattro film, di cui il primo ad undici anni di età. Deliziosa!

Camillo Pilotto, Guido Celano e Vera Carmi arricchiscono il cast di questo film e non sono comprimari qualunque bensì ottimi attori con filmografie (specie il secondo) vastissime.

Solo della Carmi, la più giovane dei tre, il nome mi è ben noto ma non ricordo di averla vista in altre pellicole, benchè la sua carriera cinematografica abbia avuto inizio solo nel 1940; ricordo però che è stata anche attrice di teatro e anche con Eduardo nei primi anni '50.

 

Giudizio positivo, dunque, il mio. Nella speranza che sia condiviso. 

 

 

 

 

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