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Miliardi

Regia di Carlo Vanzina vedi scheda film

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La recensione su Miliardi

di alan smithee
5 stelle

VANZINA & CO.

La telenovela dilaga sul grande schermo con l’epopea della famiglia italo-americana dei Ferretti, all’interno della quale un incidente d’elicottero che riduce in coma il capostipite (Jean Sorel), alimenta le trame degli eredi nel far proprie le cospicue eredità e gli affari in corso del celebre magnate, ricoverato esanime ed in coma dapprima in un ospedale nel Nord Italia, poco distante dalla caduta, poi trasportato in una clinica svizzera su insistenze dell’ex moglie americana (l’ex super top model Lauren Hutton).

E se Maurizio (Billy Zane, bello ed affascinante, balzato alle cronache con il tesissimo e riuscito thriller australiano “Ore 10: calma piatta”, al punto da essere – per troppo poco tempo, ma non proprio scriteriatamente – tacciato come il nuovo Marlon Brando) nipote più giovane tra i due eredi designati al trono, pare il più scaltro e motivato ad ereditare la gestione dell’impero finanziario, su di lui si accentrano le attenzioni interessate della splendida cugina (Carol Alt, perfetta per la parte), e della cognata (Alexandra Paul, non meno seducente della prima).

Quasi un Dallas senza petrolio tutto colpi di scena artificiosi e bislacchi, serviti con compiaciuto divertimento, e avvalorato dal glamour smodato di un cast sopra le righe e sin improbabile, Miliardi, che vede impegnati anche attori di razza come Donald Pleasence e Florinda Bolkan,  osa oltre ogni pudore, infischiandosene di scadere nelle trame più puerili e consuete, ed in fondo questa sua scellerata incuranza finisce per premiarlo, rendendolo accattivante anche quando oltrepassa il ridicolo.

Alcune interpretazioni attoriali oltrepassano il ridicolo (certe espressioni della Hutton sono da “weirdo posta”), nonché il menage scopereccio che si consuma tra parenti acquisiti e naturali, diviene una mezza farsa in grado di descrivere ben più colorite realtà di cronaca.

Prendendolo per quel (poco) che è, tuttavia Miliardi ha il pregio di lasciarsi guardare e di scorrere veloce, sempre consapevole di voler volare molto basso nel descrivere l’apice di una categoria sociale di squali affamati e mai domi di potere.

 

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