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Teiichi - Battle of Supreme High

Regia di Akira Nagai vedi scheda film

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La recensione su Teiichi - Battle of Supreme High

di supadany
6 stelle

Far East Film Festival 19 – Udine.

«La politica è una guerra senza spargimento di sangue».

Ispirato a un popolare manga, Teiichi è una satira furoreggiante sul potere, che trae alimentazione dalle rivalità di lungo corso e delle strategie, sempre in evoluzione, perché una guerra è composta da tante battaglie e per arrivare al comando bisogna sapere anche quando è il momento più opportuno per cambiare casacca.

L’umorismo, rigorosamente nero e spregiudicato, non fa una grinza, mentre uno sviluppo eccessivamente dilungato non consente di mantenere un andamento sempre all’altezza.

Teiichi Akaba (Masaki Suda) è un adolescente con le idee chiare: da grande vuole diventare primo ministro del Giappone. La sua carriera deve però partire dal basso e il primo campo di prova è la sua scuola, un istituto frequentato dai figli delle famiglie più altolocate del paese.

Il suo primo obiettivo consiste nel diventare rappresentante degli studenti ed è pronto a qualsiasi azione pur di agguantare la carica. Niente sembra poterlo fermare, anche quando la sconfitta sembra inevitabile, una soluzione è sempre disponibile anche di fronte alle situazioni più disperate.

 

 

Ma chi l’ha detto che l’importante partecipare? Sicuramente non Teiichi, per il quale conta sempre, e solo, vincere. Non ci sono amici ma interessi e le alleanze possono essere tradite in un momento qualsiasi, d’altronde un solo voto può decretare vincitori e vinti, per cui nessun dettaglio è trascurabile.

Con un personaggio del genere, Akira Nagai va a nozze. Infatti, è perfetto per sguinzagliare ogni forma di esagerazione, prendendo di mira la sete di potere, con la sua origine spesso legata alla propria discendenza, così come lo sono le rivalità, rinnovate nel passaggio di consegne da padre in figlio.

Gagliardamente sopra le righe, Teiichi sembra un’allucinazione, a tutti gli effetti è un manga con attori in carne e ossa, con un diluvio di espressioni eccentriche e un contorno che ne segue la concatenazione, ad esempio i costumi del protagonista sono semplicemente fantastici, nelle loro accese decorazioni che impediscono in ogni modo di non farci caso.

A dominare la scena è comunque una satira pungente, ma la facciata è talmente esagitata e cartoonesca da mettere in secondo piano qualunque collegamento reale, pur presentando una nutrita gamma di aspetti, come la corruzione e i voltafaccia di comodo.

Di contro, appena il ritmo tira un minimo di fiato, l’impalcatura va in affanno e le due ore di durata rischiano di stancare, nonostante le invenzioni siano disseminate con sufficiente equilibrio, per quanto la prima fase sia felicemente dilagante e quella conclusiva tenda a fare maggior ricorso a trucchi e inganni di praticità più discutibile.

Potenzialmente irresistibile per le sue ripetute esaltazioni, ma a rischio ridondanza, a suon di colpi urlati a squarciagola.

A suo modo rimane comunque un’esperienza singolare.

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