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Napoli milionaria

Regia di Eduardo De Filippo vedi scheda film

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La recensione su Napoli milionaria

di LorCio
6 stelle

“Diario napoletano di cose accadute ieri, oggi… domani?” recita una scritta nei titoli di testa. Prima regia di Eduardo, non è una semplice trasposizione di teatro filmato. Più arguto di altri, Eduardo reinventa la sua commedia più radicale secondo i canoni cinematografici. L’unità d’azione non si limita più a casa Jovine ma esce dalle anguste pareti: dà dignità scenografica al vicolo, crea il luogo della piccola osteria dove si incontrano alcuni personaggi, dà aria alla scena con riprese in cui trovano spazio anche il mare e la flora degradata dalla guerra. Ad avvalorare la tesi, ci sono elementi di sceneggiatura, sia visivi che intuibili, che permettono di far vedere ciò che in teatro si poteva solo lasciar supporre a causa dell’identità stessa del palcoscenico. La Napoli milionaria cinematografica risente, non di rado, di una certa artificiosità che snatura l’impianto teatrale dell’opera: il cinema, chissà perché, toglie qualcosa a ciò che si respira nella rappresentazione teatrale, il pathos accorato e al contempo sommesso che si percepisce sul palco sospeso tra le quinte e le ottave, la dolenza del presente e la speranza nel futuro. La chiusa dello spettacolo, il leggendario, potente, necessario “Addà passà a nuttata” – metafora concisa, essenziale, veemente e sottile del sentimento popolare dell’epoca – perde un po’ della sua valenza: dopo di esso, infatti, l’Eduardo cinematografico sceglie di narrare anche ciò che successe dopo la nuttata, ossia la giornata, illuminata dal sole rilucente, simbolo della speranza riemersa dalle macerie.

 

C’è anche un accenno politico palese (Napoli milionaria è l’opera più socialmente impegnata di Eduardo), evidentemente esplicitato per marcare ancora di più il carattere militante dell’opera. Altra invenzione interessante che si avverte nel passaggio da teatro a cinema è l’inserimento della figura di Pasquale Miele, ben disegnata da un delicato ed amaro Totò. Forse imposto per ragioni produttive ed esigenze di cassetta (Totò era la gallina dalle uova d’oro del cinema di allora, il suo nome assicurava un sicuro successo commerciale), il comico napoletano sottrae lo spazio che Eduardo preferisce togliersi per dedicarsi più attentamente alla regia. E così la farsa del morto in casa per sfuggire al brigadiere, che al teatro vedeva al centro dell’azione Gennaro Jovine-Eduardo, qui è interpretata da Pasquale Miele-Totò. Totò ci sguazza: è l’ambiente che gli appartiene, è il patetismo della maschera che ode evocativo il richiamo della casa natale. Una bella edizione della commedia di Eduardo è quella che nel 1962 produsse la RAI per il ciclo Il teatro di Eduardo: attori della grande scuola napoletana che si uniscono intorno alla grande figura di Regina Bianchi. Questa trasposizione cinematografica è corretta, diligente, non troppo appassionata ma interessante.

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