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Cinema!!! sceneggiato in 4 puntate di Pupi Avati
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Sul filo della memoria autobiografica e nel suo riconoscibilissimo stile, Pupi Avati, dopo “Jazz band” dell’anno precedente, rievoca i suoi esordi cinematografici. “Cinema!!!” è un affettuoso, autoironico e sentito omaggio ad un gruppo di ragazzi che hanno tentato, senza particolare successo, l’avventura cinematografica (per Pupi, per fortuna, è stato diverso). Scritto dal regista con il fratello e Maurizio Costanzo, lo sceneggiato (in quattro puntate) è lieve e sincero, gustoso e simpatico, attendibile e brillante, arricchito da vivaci annotazioni (il cineforum di Bologna dove i protagonisti si ritrovano a vedere “Ivan il Terribile” con il pubblico che fugge non appena si accendono le luci e si apre il dibattito, la mamma che inizialmente disincentiva ogni potenzialità artistica del figlio, perché “andrà a lavorare a Milano in azienda”, il primo viaggio a Roma sotto le case di Fellini, Antonioni e De Sica ad urlare il nome dei registi sperando invano che si affaccino sulla strada a salutare, le telefonate agli amici da Roma per far loro sentire il rumore del traffico delle strade della capitale, ed in particolare il chiasso di via Veneto, la “via del cinema”) e punteggiato da alcune velenose e pungenti frecciate sui troppi faccendieri e speculatori da sempre esistenti nel mondo del cinema e che vivono come parassiti con i soldi degli altri (i tre “veri professionisti del cinema” fatti arrivare direttamente da Roma e che subito rivelano di essere più che altro dei gran trafficoni, buoni solo a spillare denaro per personali esigenze). A volte si è al limite del bozzetto (la visita agli studi della De Laurentiis, il personaggio di Bobo Berti, il responsabile dello stabilimento di Bologna nel quale lavora il protagonista), e la storia è appesantita da alcuni episodi non proprio indispensabili, ma il tutto è animato da una contagiosa allegria e popolato da personaggi autentici, semplici, sprovveduti, ingenui ed impacciati, ma carichi di euforia e partecipazione, uniti da profonda amicizia e reciproca stima, decisi ad ogni costo a portare a termine il loro tanto agognato progetto cinematografico su Cagliostro, ben consapevoli che “senza una lira è dura andare avanti”, sebbene, come dice uno di loro, Bellocchio abbia fatto un film (“I pugni in tasca”) con soli 30 milioni. L’elemento più apprezzabile e convincente dell’opera è proprio il rapporto di grande complicità ed intesa che si crea nel gruppo, senza invidie, rancori, capricci o gelosie (non ci sono prime donne, tutti sono sulla stessa barca), solo l’entusiasmo di essere parte di un’esperienza unica ed irripetibile. Il ritmo ogni tanto rallenta, c’è qualche ripetizione, soprattutto nell’evidenziare le continue difficoltà trovate dai protagonisti nella ricerca di un produttore sicuro, ma il cast, costituito per lo più da compagni di viaggio abituali del regista, anche nei ruoli di contorno oltre che tra i protagonisti (Lino Capolicchio, ottimo alter ego del regista, Gianni Cavina, superbo, e Carlo Delle Piane, commovente quando consegna all’amico, in partenza per Milano, il libro “Vita e opere di René Clair”, “un regista che ha fatto il primo film a 26 anni” come a dire che bisogna darsi una mossa per batterlo) è affiatato e disinvolto. La storia, inoltre, tra realismo ed un pizzico di favola (ad un certo punto nel film si dice che gli angeli esistono davvero e non solo nei film di Frank Capra con James Stewart), con il giusto mix di commedia e malinconia, mostra con efficacia quanto sia (ancora) piacevole provare a fare del cinema fra amici, in modo artigianale, anche improvvisato, ma con una tale passione, una carica emotiva ed un fervore che anche il più insormontabile degli ostacoli appare superabile. Poco importa se poi non si è all’altezza delle proprie aspettative iniziali: “Faccio un film d’autore, per la critica, un film che deve andare ai festival …” commenta convinto Giuseppe quando ancora non ha nemmeno in mano una macchina da presa. Il risultato finale di tanto sforzo magari “dai distributori è giudicato poco commerciale, dai critici insufficientemente impegnato. Non viene selezionato dai principali festival, non vince nessun premio come opera prima né riceve sovvenzioni governative. Viene proiettato, solo per poche ore, in un piccolo cinema di Bologna, dalle parti del mercato del pesce.” Ma vuoi mettere poter gridare, anche una sola volta nella vita: “Ciak, azione!” (e la sequenza in questione, sul finale, riesce a trasmettere davvero bene l’emozione, l’ansia, l’agitazione e l’eccitazione del protagonista, alle prese con la sua prima ripresa, per lo più davanti ai tanti parenti fatti arrivare appositamente dalla mamma sul set). In fondo, come cerca di spiegare Giuseppe alla fidanzata Sandra che lo giudica ancora un ragazzino e reputa la sua vena artistica un’utopica illusione, “noi facciamo tutto questo soltanto per essere un poco felici.” Per chi ama il cinema tutto questo può essere davvero un sogno che si realizza. E Pupi racconta questo sogno con la consueta coinvolgente finezza e sobrietà.

Voto: 7

P.S. Buone notizie per i fan di Avati: “Cinema” insieme a “Jazz Band”, “Dancing Paradise” e “Aiutami a sognare” dovrebbero (il condizionale è d’obbligo) essere disponibili in dvd Rai Trade dal 24 maggio.

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