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L'inconscio e l'effimero
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Sulla riva di un'inospitale costa, esposto al gelo e al vento, un uomo cammina e osserva la natura che lo circonda. Appena al di sotto di un pesante cappello di lana lo sguardo è appuntito ma non privo di una certa dolcezza ispirata. L'acqua in movimento che lambisce la costa è ostile, potenziale violenza contenuta in forza moderata. L'uomo raccoglie dalla riva pietre piatte simili a lavagna, di varie dimensioni, a mani nude, rovinate dal freddo e dal lavoro di una vita passata a contatto con gli elementi della natura, eppure sensibili e delicate nei loro movimenti. Dispone le pietre secondo una logica a partire da una base circolare, con la tecnica dei muri a secco, cerca le pietre delle dimensioni giuste per rempire i buchi, per dare solidità alla costruzione, se necessario spunta alcuni angoli per fare in modo che la pietra si incastri e collabori alla struttura, che via via prende la forma di un uovo, un uovo fatto di pietre costruito sulla riva selvaggia di un fiume. Inquadrato dalla mano esperta e sensibilissima del documentarista Thomas Riedelsheimer in Rivers And Tides (2001), Andy Goldsworthy, artista della natura, mentre spacca le pietre racconta il percorso del suo agire, senza retorica, senza spicce morali ambientalistiche e soprattutto fermandosi al cospetto del proprio inconscio, senza cercare di offrire definitive risposte alla domanda chiave "Perché lo faccio?". Siamo abituati a pensare alla roccia come elemento statico, privo di vita, dice, mentre la costruzione cresce sotto le sue mani, ma ogni pietra posizionata rischia di vanificare il lavoro di ore, le pietre sono vive e infatti per ben due volte la costruzione scricchiola. E poi cede. Shit, dice. E ricomincia da capo.

Can you bring me a very heavy stone? La very heavy stone viene posizionata nel cuore centrale dell'uovo che ormai ha raggiunto quasi la metà della grandezza ideale ma per la terza volta la costruzione si affloscia, è incredibile il rumore liquido che possono fare le pietre quando si mettono tutte in movimento nello stesso momento. Un brutto momento. Eppure. Andy. Si rialza. Guarda in camera e con fare molto british definisce quel che è appena successo very disappointing. Dice che chiaramente non sta capendo fino in fondo l'essenza di queste pietre ma ogni volta che ricomincia ha più possibilità di migliorare. Si gira verso l'acqua del fiume che cresce, la marea che sale fa parte del suo progetto, della sua visione, è limite ed è protagonista al tempo stesso. Di certo Andy Goldsworthy non si arrende, il fallimento fa parte del percorso di apprendimento, ogni costruzione, ogni opera è unica, come lo è ogni momento ed ogni pietra che accumula nella sua composizione. Si rimette al lavoro, la marea incalza, il vento soffia, scheggia pietre, ne perfeziona la posizione con cura maniacale. Poi la camera si allontana, la costruzione è finita. E poco dopo l'acqua arriva, l'uovo di pietra piano piano viene sommerso dalla marea. Fino a sparire, facendosi effimero. Il giorno dopo però l'uovo è di nuovo lì, la marea che ha levigato le pietre di cui l'uovo è composto lo ha solo nascosto alla vista ma lo ha lasciato intatto: l'inconscio modella, nasconde e poi rivela.

Tenere duro si intitolava la scorsa newsletter - molto ispiratrice per me (e non crediate che ci si riempia di complimenti da questa parti, siamo delle vere canaglie tra di noi, dopo tutto questo tempo passato a lavorare insieme possiamo permetterci la totale sincerità, persino quella di un complimento ogni tanto) - in cui Database metteva in evidenza come quasi solo nella macchina cinema un creatore possa stare dieci anni dietro ad un progetto senza vederne la realizzazione, alimentato solo dalla fede e dalla lucidità della propria immaginazione. Capacità di visione e determinazione sono alla base anche dell'opera di Andy Goldsworthy con l'aggiunta di un elemento che ha per me un ruolo fondamentale anche nella vita di tutti i giorni: la capacità di connettere quel nocciolo duro che sta dentro di noi con ciò che ci circonda, che sia natura, città, mondo, gente, universo o dio, poco importa. Collegare il dentro e il fuori, tenere vivo il segreto fuoco che ci muove facendoci ispirare dai limiti, più che viverli come una iattura, approcciando la strada che ci separa dalla realizzazione della visione che abbiamo di noi stessi con umiltà, ma senza paura.

A 16 anni da Rivers and Tides, Thomas Riedelsheimer e Andy Goldsworthy sono di nuovo insieme in un'opera che sarà distribuita in Europa dal prossimo 14 dicembre. Mentre attendiamo che, sull'onda di un ritrovato interesse per il connubio cinema/arte che pare rappresentare un nuovo trend per questo fine 2017, qualcuno ne valuti (Nexo Digital?) la distribuzione anche nel nostro paese, ho scoperto che Rivers and Tides è disponibile gratuitamente su YouTube in lingua originale con sottotitoli in spagnolo. Lo trovate qui sotto.

Nella scena da cui ho tratto il fotogramma che ho scelto per illustrare questo post, l'artista viene sorpreso dalla pioggia mentre cammina in una stradina di campagna vicino al paese scozzese nel quale vive con la famiglia. Anziché cercare riparo in qualche modo si stende sull'asfalto a braccia aperte, aspetta, poi si rialza. L'arte è in un gesto. E poi nell'assenza.

Il film integrale

 

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