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Cosa mi sono perso?
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C’è una lieve nebbia che sale dal suolo. L’atmosfera è grigia, notturna. Un aereo è sulla pista. Un gendarme parla nell’antiquato apparecchio telefonico. “L’aereo per Lisbona parte tra dieci minuti, rotta oriente…”. Arriva una lucida auto scura. Scendono Rick, Louis, Ilsa e Victor Laszlo. Victor si allontana, Rick e Ilsa iniziano a parlare. 
Mi distraggo. Mi giro e mi allontano per guardare dove va Victor, poi mi perdo a osservare un capannone con dentro un aereo: che meraviglia quei vecchi quattro eliche. Quando ero piccolo avevo un modellino uguale che mi incantava. Così però perdo tempo, meglio che torni indietro. Quando sono di nuovo lì l’aereo è partito, Ilsa e Victor non ci sono più, per terra c’è un nazista morto e Rick, con il suo bel cappello e il suo bel trench scambia sornione qualche parola con Louis. Cosa mi sono perso?
Mostramelo ancora, Sam.


Ieri (per me che scrivo) è iniziato il festival di Venezia e Barbera, direttore artistico, nella sua presentazione della 73a Mostra del Cinema ha un po' messo le mani avanti parlando di cambiamenti epocali in corso. Il primo è che i mercati si muovono e gli spettatori cinesi sono ormai più di quelli americani (in agosto in Cina sono stati incassati 606 milioni di dollari, +12% sull’agosto 2015): quindi chi fa film e pensa ai soldi ha sempre più chiaro a chi deve piacere.

Il secondo lo conosciamo bene: lo streaming che avanza e le sale che si svuotano. 
Il terzo però potrebbe suonare nuovo a molti: è “l’affacciarsi impetuoso della Virtual Reality ai confini della dimensione filmica tradizionale”.
Sapete di che parliamo? Parliamo per esempio del fatto che IMAX ha stretto un accordo per produrre un nuovo visore per la VR (Virtual Reality). E subito dopo ha annunciato i suoi piani: sviluppare un’offerta di qualità per un’esperienza virtuale in sala. Dei nuovi cinema, signori miei. Dove invece di indossare gli occhialetti 3D plasticosi si indosserà un bel visore per-tecnologico e si farà un’esperienza (cinematografica? sicuramente visiva) del tutto nuova. A produrre i nuovi “film” (o come mai potremo chiamarli? luoghi? esperienze?) ci penserà Hollywood. Michael Bay sta già parlandone con IMAX, per dirne uno.
Spielberg invece è contrario. Dice che è pericoloso e che in buona sostanza teme di perdere il controllo sulla vicenda, sul racconto. Perché gli spettatori potrebbero “perdersi” guardando altrove e non là dove il regista vorrebbe che guardassero. Appunto.

Mi sono accorto che diverse volte, scrivendo questa newsletter, ho avuto toni un po’ lamentosi. È vero: se guardo allo status quo del cinema contemporaneo sono perplesso. E mi interessa capire cosa potrebbe venire dopo. La rottura dello schema della durata è in corso: le serie tv lo stanno facendo, comunque la pensiate al proposito.
La Virtual Reality invece potrebbe - sta per? - rompere molto, molto di più. Penso a un film di Mike Figgis, Timecode, un lavoro sperimentale che vidi tempo addietro dove lo schermo era diviso in quattro: su ogni quadrante si sviluppavano quattro differenti storie girate ognuna in un unico piano sequenza che procedevano in parallelo, a volte intrecciandosi. Lo spettatore doveva decidere cosa seguire, dove portare la sua attenzione. Forse ciascuno alla fine aveva visto un film diverso, ma la cosa era molto, molto intrigante.

 



Ecco, mentre la nostra attenzione si dirige in questi giorni - naturalmente. necessariamente e gioiosamente - alla Mostra del Cinema appena iniziata, una parte della mia attenzione va al fatto che in verità non vedo l’ora di indossare uno di quei visori e vedere, esperire, immergermi in una nuova forma di spettacolo. Sempre che nel produrre questi nuovi “film” non si pensi agli spettatori cinesi e a dirigerli non sia solo Michael Bay. Mi piace questo futuro, ma lasciatemi essere un po’ sospettoso.

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