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IL GIOCO DEI TRONI
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Quando il barbuto George R.R. Martin aveva iniziato a pensare alla sua lunga - e tuttora incompiuta - saga fantasy è noto che l'aveva progettata come qualcosa di eminentemente letterario, che non si potesse trasporre sullo schermo. Se per lui sarebbe stato davvero difficile immaginare le rapide mutazioni vissute dalla serialità televisiva, solo un pre-cog avrebbe potuto vedere nel 1991 il destino della serie, capace di superare i confini della Tv per diventare una sorta di ossessione planetaria.

Se Il trono di spade è in cima alle classifiche dei download pirata il motivo è presto detto: le puntate vengono viste, commentate e più o meno vivisezionate di settimana in settimana, in un fiorire di opinioni e teorie che partono dai social e arrivano anche ai quotidiani e ai principali siti di informazione. Un po' tutti sanno ormai chi dovrebbero essere i veri genitori di Jon Snow, ma la mania è tale da diffondere in rete anche cose piuttosto improbabili - per esempio la recente ipotesi di uno sdoppiamento di personalità di Arya (già smentita dall'episodio 6.08).

La passione per Trono di spade è tanto convidisa che solo in Italia genera, tra le altre cose: parodie delle campagne elettorali come Game of Rome, il mash-up seriale dei meme di Game of Gomorra e una sigla della serie rifatta con le città del Bel Paese. Di certo il successo non va attribuito all'elemento fantasy, visto che il cuore del pubblico è stato conquistato nelle prime stagioni quando la magia si limitava al parto horror di un demone d'ombra, gli zombie dei ghiacci si vedevano con il contagocce e i draghi erano più piccoli di quelli di Komodo. Il momento che più ha segnato gli spettatori è ancora oggi il Red Wedding, ossia il brutale massacro di tre tra i più nobili personaggi in un sol colpo. Un evento per certi versi più spietato nella serie Tv che non nei libri, dove Catelyn, per quanto trasformata, risorgeva come Lady Stoneheart. La saggia scelta di lasciarla morire dimostra quanto D.B. Weiss e David Benioff abbiano fatto il possibile per posticipare i fatti più fantastici, mantenendo il più a lungo possibile la sensazione che tutti potessero morire e che la morte fosse una cosa seria - solo con la sesta stagione si sono visti alcuni ritorni.

A rendere quasi irresistibile Il trono di spade è allora il vecchio e rodato cappa e spada, cruciale nei feuilleton antenati della serialità televisiva sin dai tempi di Dumas, che qui è però moltiplicato in modo quasi parossistico, grazie anche a una narrazione lunghissima: le ormai sei stagioni della serie così come le diverse migliaia di pagine dei libri, hanno introdotto così tanti luoghi e personaggi che le possibilità appaiono pressoché inesauribili.

Ci sono quelli di cui abbiamo perso le tracce ma che potrebbero pur sempre riemergere, come Gendry che non vediamo da anni ma che è comunque un legittimo erede al trono, e ci sono intere corti minori il cui ruolo nell'affresco generale delle varie guerre della serie è ancora tutto chiarire. E non bastasse la nobiltà, c'è anche la religione che, come la magia, è cresciuta di stagione in stagione tanto che ora la principale capitale è controllata da una setta di fanatici e altrove sono divenuti sempre più centrali le sacerdotesse del Signore della Luce (per non dire dei culti del Dio degli abissi, degli alberi sacri degli antichi Dei del Nord e del Dio dai mille volti degli assassini).

La magia è però tutt'ora un elemento più prevedibile rispetto agli intrighi di personaggi umanissimi come Cersei, Margaery, Varys o il machiavellico Ditocorto e gli dei non sono certo più spietati del fu Joffrey Lannister o del sadico Ramsay Bolton. Nonostante molti personaggi introdotti da Martin nei libri successivi al terzo siano stati espunti dalla serie Tv, la ricchezza del Trono di spade rimane largamente senza rivali: la vicenda si sviluppa su tre grandi fronti (il Nord, Approdo del Re e Mereen), con in più un potenziale apparentemente infinito di digressioni su luoghi e figure più defilate ma che possono emergere in un momento critico (dal ruolo di Dorne e delle Isole di Ferro fino alla casata di Samwell Tarly).

Il tutto è popolato da personaggi che nel corso delle stagioni sono stati finemente costruiti - grazie anche a un casting dove non si è sbagliato quasi nulla - fino a entrare nel cuore degli spettatori e a cui ormai bastano poche battute per entusiasmare il pubblico, come per i motti di Tyrion o come per gli "shipper" (chi immagina storie d'amore tra i personaggi) impazziti dopo un paio di occhiate di Tormund a Brienne.

Il Trono di Spade è naturalmente anche altro, offre letture sulla concezione del potere, su quali debbano essere le regole di una nazione e quanto abbia valore il codice morale di un uomo, il tutto continuamente rimesso in discussione da situazioni sempre più difficili, dove non si vede una soluzione migliore, ma solo esiti un po' meno peggiori di altri. Queste però sono riflessioni ulteriori, che arrivano solo dopo il godimento immediato del commento e della speculazione con gli altri fan. Martin non lo poteva immaginare, ma è il ludus di interpretare le puntate alla ricerca di indizi di settimana in settimana - alla faccia del binge watching -a essere diventato il vero "gioco dei troni".

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