Espandi menu
cerca
The Runaways

Regia di Floria Sigismondi vedi scheda film

Recensioni

L'autore

AlexPortman80

AlexPortman80

Iscritto dal 19 giugno 2009 Vai al suo profilo
  • Seguaci 63
  • Post 13
  • Recensioni 50
  • Playlist 60
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi
Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su The Runaways

di AlexPortman80
7 stelle

Voto: 7/10. 

 

Pubblico: imdb 6,5/10 – metacritic 7,1/10 – rottentomatoes 3,3/5 – mymovies (IT) 3,3/5 – filmtv (IT) 2,8/5 – allociné (F) 3,8/5 – sensacine (E) 3,6/5 – screenrush (UK) 3,0/5 – moviepilot (DE) 6,8/10 – kinopoisk (RU) 7,2/10 – mtime (CI) 7,4/10
Critica: metacritic 65/100 – rottentomatoes 6,2/10 – allociné (F) 3,6/5 – sensacine (E) 3,0/5 – screenrush (UK) 3,2/5 – moviepilot (DE) 6,0/10
Dizionari: –      



1975: il rock è un universo maschile fino a quando esplode il fenomeno delle Runaways, la prima band tutta al femminile. Quella svolta nel mondo della musica è il soggetto dell’opera prima dell’italianissima Floria Sigismondi (è nata a Pescara nel 1965), che precedentemente aveva diretto videoclips, corti e documentari (tra cui “Best of Bowie”).
Sceneggiato dalla stessa regista dal libro autobiografico di Cherie Currie e con l’ausilio della produttrice esecutiva Joan Jett, “The Runaways” non ha però alcun taglio documentaristico, è semplicemente un film musicale: come dice la regista “è la storia di un passaggio all’età adulta (a tal proposito la primissima sequenza è piuttosto efficace, n.d.a.), ma di un passaggio così veloce ed intenso che queste ragazze, nell’andare troppo lontano, rischiano di perdersi. Vorrei restituire la sostanza di una relazione, di una corrente e di un’epoca”. Personalmente ritengo che la Sigismondi in gran parte vi sia riuscita, mostrandoci il tentativo di fuga di queste ragazze dagli stereotipi di quegli anni, soprattutto quelli concernenti cantanti e  gruppi dei ’70, tentativo però non riuscito, dato che pure le Runaways sono cadute nelle medesime trappole arrivando ad un rapido scioglimento. La confezione del film in effetti è piuttosto patinata e “brillante” (droga, ed eccessi, pur mostrati, vengono lasciati abbastanza sullo sfondo), ma ritengo sia dovuto principalmente a due fattori: da una parte l’epilogo dell’avventura della band, che non è certo drammatico come altri casi (non sono sicuro su tutte le componenti, ma Jett e Currie non ci hanno lasciato le penne), in secondo luogo la volontà di renderlo più appetibile ad un pubblico giovane (ed anche la scelta del cast va in questa direzione). Scopo non del tutto raggiunto, se è vero che la pellicola è uscita negli USA “rated R” (incassando in giro per il mondo meno di 5 mln di $, quasi tutti negli USA, a fronte dei 10 del budget), ma è la rete ormai ad avere un ruolo sempre più importante, soprattutto per opere, come questa, inedite in gran parte del globo.
A differenza di altre opinioni sul film, non penso sia un difetto la scelta di inserire nella soundtrack (soprattutto nella prima parte) anche brani non delle Runaways: David Bowie, Gary Glitter, T. Rex (oltre a Iggy Pop e Sex Pistols) rappresentavano i sogni, le ispirazioni per queste ragazze, e per la Jett in particolare, e sono utili a caratterizzare meglio le protagoniste, parallelamente all’habitat in cui stavano crescendo, una soleggiata (e opprimente) San Fernando Valley (California), e ai costumi e alle acconciature (ottimo il lavoro di Carol Beadle e Tanya Cookingham rispettivamente). La fotografia e le scenografie del premio Oscar (per “Il labirinto del fauno”) Eugenio Caballero seguono passo passo il percorso artistico delle ragazze, scegliendo ambienti sempre più scuri o artificiali e alienanti (come quelli delle sequenze durante la tournee in Giappone). Il difetto principale invece è quello di non approfondire per nulla le altre componenti delle Runaways e, per le due protagoniste, di lasciare in secondo piano i contesti familiari: qualcosa è accennato per la Currie, ma niente sulla Jett, che poi è la più lucida e determinata su quel progetto musicale, volontà che la porterà a continuare, con successo, la carriera anche dopo lo scioglimento della band. Avrei apprezzato anche uno sguardo più approfondito sull’universo della musica rock di quegli anni, ma rimane una pellicola interessante, in cui traspare la passione messa in campo dalla regista e dalle attrici protagoniste, davvero brave, e con una trascinante colonna sonora. In conclusione, elenco i pezzi delle Runaways (o di Joan Jett and the Blackhearts) che vi compaiono, spesso ricantati da Stewart e Fanning: “Cherry bomb”, “Wild thing”, “I wanna be where the boys are”, “Hollywood”, “California paradise”, “You drive me wild”, “Dead end justice”, “I love playin’ with fire”, “Queens of noise”, “School days”, “Don’t abuse me”, “Secrets”, “C’mon”, “Bad reputation” e “I love rock n’ roll”.

Sulla trama

La storia delle Runaways dalla (prima) formazione allo scioglimento, 3 anni e 5 dischi. Estate 1975: la 15enne chitarrista Joan Jett (K. Stewart) frequenta spesso l’English Disco di Rodney Bingenheimer, “quartier generale” del glam rock. Una sera incontra il produttore discografico Kim Fowley (M. Shannon), che accetta di metter insieme una rock band di sole donne: entra subito la batterista Sandy West poi, in agosto, Micki Steele (basso) e Lita Ford (2° chitarra). Sarà decisivo l’incontro con Cherie Currie, vocalist del gruppo. Nel febbraio ’76 le Runaways firmano il contratto con la Mercury: arrivano la fama internazionale, i tours in USA, Europa e Giappone ma anche i primi problemi ed incomprensioni fra le ragazze…
P.S. Per completezza, nomino anche le altre componenti che si sono avvicendate: la Steele fu presto sostituita da Peggy Foster e poi da Jackie Fox (dicembre ‘75). Nel ’77 Vickie Blue prese il basso della Fox. Quando la Currie abbandonò per tentare la carriera da solista alla fine del ‘77, ne prese il posto la Jett. Nel ’78 la Blue fu sostituita da Laurie McCallister subito dopo la conclusione del tour nel Capodanno ’79. Nell’aprile dello stesso anno Joan Jett lasciò il gruppo, che si sciolse poco dopo.  

Su Kristen Stewart

Nell'ultima coppia di film che ho potuto vedere ha raggiunto un bel livello di maturità: assolutamente pazzesca in "Welcome to the Rileys" e davvero scatenata in questa pellicola. Anche grazie alla supervisione della vera J. Jett, sempre presente sul set, ha tratteggiato una personalità complessa e temporalmente lontana con grande credibilità, con grinta e sensibilità, cantando anche diversi brani. E la mia memoria torna indietro alla sua performance in "Into the wild"... 

Su Dakota Fanning

Non mi aveva mai entusiasmato, ma in questo film devo riconoscere che si cala perfettamente nel personaggio. E canta pure lei.

Su Michael Shannon

Fenomenale! Non è certo una novità, ma il suo discografico è strepitoso: carismatico, truccatissimo e grottesco. Il solo peccato è che, forse, avrebbe meritato qualche inquadratura in più.

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati