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Dogtooth

Regia di Yorgos Lanthimos vedi scheda film

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La recensione su Dogtooth

di Furetto60
7 stelle

Dramma familiare. Film Insolito, straniante e sottilmente perverso. Opera ostica, ma di indubbio valore artistico

Dei genitori “sui generis”, hanno concepito un modo originale di crescere ed educare  la prole, segregando i tre figli per impedire loro qualsiasi contatto con l’esterno: non vanno a scuola, non hanno amici, non sanno cosa sia il telefono, solo nelle ultime sequenze, ne scopriranno uno nascosto in uno stipo, la televisione è usata unicamente come monitor per mostrare filmini amatoriali di famiglia; vivono una routine quotidiana ripetitiva e cadenzata, prove di apnea, allenamenti duri e obbligati, puerili competizioni tra loro, con premi ridicoli, tenuti a bacchetta con ferrea disciplina. Unico svago qualche nuotata in piscina; il solo contatto esterno e che farà implodere questo regime normativo, imposto da “Padre” con la complicità di “Madre”, è Christina giovane addetta alla security, ingaggiata da "Padre", direttore di un’azienda imprecisata e introdotta in casa per soddisfare le pulsioni sessuali del figlio maggiore, attraverso squallidi amplessi, privi di slancio. Tutte le volte che “Padre” la conduce in casa, opportunamente la benda, al fine di mantenere anonima l’ubicazione della sua proprietà. L’incredibile storia si svolge interamente in una spaziosa villa con tanto verde e una piscina, un posto elegantemente pulito  e sobrio, in cui i due scellerati, allevano i figli, ormai adulti. Non hanno nomi, sono giovani ma di età indefinibile, non ci viene detto nulla di loro e ignoriamo i motivi dietro a questa grottesca e drammatica risoluzione dei genitori; i quali propinano loro bugie di ogni tipo, perfino il gatto viene descritto dal Padre, come un animale feroce, pronto a sbranare chi incontra. In un farneticante delirio di protezione, hanno convinto il figlio e le due ragazze che la staccionata del proprio giardino, è un confine invalicabile, in quanto fuori ci sono pericoli di ogni tipo, con la promessa ingannevole, che arriverà anche per loro il momento di oltrepassare quella barriera, quando cadranno i denti canini, quello è il segno inequivocabile che si sono emancipati e  possono uscire, lo ripetono come un mantra. Il microcosmo cosi organizzato, non ammette cambiamenti ; tutto ciò che accade è sotto lo stretto controllo di “Padre”, ogni eventuale pericolo viene scongiurato da goffe menzogne, il lessico familiare non ammette alcun vocabolo  che non risponda ai requisiti imposti, alcune parole sono attribuite, dando significati sbagliati: il Mare è una sedia coi braccioli, uno zombie è una margherita. L’unico che può uscire è “il pater familias” che deve recarsi al lavoro, per provvedere al mantenimento della famiglia. Questa perversa messinscena, viene interrotta quando Christina, convince la figlia maggiore a praticarle sesso orale in cambio di alcune videocassette. La visione clandestina di  Lo squalo, Rocky e Flashdance ha un effetto "rivoluzionario" su “figlia maggiore”. Quando “Padre” se ne avvede la percuote violentemente e "mal gliene incolse" a Cristina, tramortita con un videoregistratore. Proprio la sera dell'anniversario di matrimonio dei genitori, durante un balletto a beneficio dei medesimi, la figlia maggiore viene rapita da una sorta di trance estatica, una danza irrefrenabile in cui ripete i movimenti di Flashdance, ma che ha il valore di una ribellione alla dimensione di prigionia in cui si trova, senza saperlo, suscitando sdegno e riprovazione nei genitori. Subito dopo questa insubordinazione, sente il bisogno di oltrepassare il cancello e uscire nel mondo, va in bagno e si autoinfligge un forte colpo alla mascella, che provoca la caduta del dente “cruciale” sanguinando, si nasconde nel bagagliaio dell'auto del padre e attende. Un'attesa lunga. Quando l’assenza della ragazza viene notata, tutti i membri della famiglia si affannano a cercarla, abbaiando come cani!! La mattina dopo, il padre esce tranquillamente di casa per recarsi al lavoro, parcheggia l'auto, scende. La telecamera indugia sul bagagliaio, che però non si apre, arrivano i titoli di coda. Premesso che il cinema di Yorgos Lanthimos è per me ostico, ma questa ovviamente è un impressione del tutto soggettiva e quindi lascia il tempo che trova, non si può onestamente non riconoscere la qualità artistica di quest’opera coraggiosa, dirompente, spiazzante e perfino disturbante. Guardando alla sua filmografia questa sensazione non può che trovare conferme, resta il medesimo approccio stilistico, la camera fissa, i toni molto freddi, la distopia che cancella qualunque sentimento e una  violenza, che scorre a volte sottotraccia a volte in modo cruento e vistoso. Kynodontas,  titolo originale, scioccante film greco del 2009 vincitore del premio a Cannes e candidato all’Oscar per il Miglior Film Straniero, è ben noto ai cinefili già da oltre un decennio, ma da noi è arrivato tardi, per motivi ignoti, perlomeno a me. La sceneggiatura di Dogtooth ha una matrice teatrale, la recitazione apatica e impersonale degli interpreti, amplifica il senso di straniamento. Solleva tanti interrogativi, non consegna alcuna risposta, con il suo finale aperto; il film greco suscita una riflessione sul rapporto di controllo e fiducia tra l’autorità e chi vi è sottoposto. Dogtooth, nel suo apparente racconto di una famiglia inconsapevolmente disfunzionale, è un’opera politica.  Ci si abitua a ogni regola, buona o deleteria che sia, ma vi sarà sempre una soglia che si oltrepassa, anche se non si dovrebbe, un passaggio che segna un punto di non ritorno.

 

 

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