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Storie scellerate

Regia di Sergio Citti vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Storie scellerate

di hallorann
8 stelle

Due amici, Bernardino e Mammone, ai tempi della Roma papalina si ritrovano in una spelonca mentre espletano i loro bisogni fisiologici e in questo momento di raccoglimento cominciano a raccontarsi delle storie per passare il tempo. Nella prima si narra di don Anselmo che muore schiacciato dalla statua della Santa Vergine perché come malignano i suoi fedeli “la stava sempre a toccà”, delle corna monumentali che la duchessa Caterina di Ronciglione mette al duca suo marito, di un frate che profetizza carne e sangue e di un Papa che pensa solo a mangiare. Il sostituto di don Anselmo e il duca saranno accomunati dalla stessa sorte, infatti finiranno evirati. Terminata la storia, Bernardino e Mammone nella spelonca ricevono la “visita” di un mercante, lo seguono e per impossessarsi del suo gruzzolo di monete lo uccidono. Vengono incarcerati e nell’attesa di essere impiccati continuano a raccontarsi storie licenziose. Nella seconda, un giovanotto di nome Agostino senza arte né parte diventa il fedele servitore di don Leopoldo. Quest’ultimo è attratto da giovani fanciulle che Agostino gli rifornisce, pagherà con la morte l’eccessiva avidità. Nella terza un pastore giovane cornifica uno più anziano con un inganno ma i testicoli di uno dei due faranno una brutta fine. Nell’ultimo Peppe Bellomo e Margherita sono innamorati e poveri in canna, per sopperire alle esigenze alimentari accolgono in casa un anziano macellaio. Il menage a trois pare andare per il meglio fino a quando Margherita mette gli occhi su un bel giovinetto. Al cospetto del padreterno solo il ragazzo, che vorrebbe beneficiare ancora dei piaceri terreni, verrà salvato dalle pene dell’inferno. Quest’esito burlesco della storia fa scoppiare in una risata fragorosa i due amici, i quali concludono così il loro soggiorno terrestre poco prima di essere impiccati. Il produttore prediletto dagli autori Alberto Grimaldi propose a Sergio Citti, reduce dal bellissimo e tragico OSTIA, di girare un seguito de IL DECAMERON dell’amico e maestro Pasolini. Proprio il poeta di Casarsa consigliò al suo allievo di leggere Matteo Bandello e altri novellieri del cinquecento e dintorni. Citti, con la collaborazione in sceneggiatura dello stesso Pasolini, tirò fuori STORIE SCELLERATE con il fratello Franco e Ninetto Davoli irresistibili e bravissimi protagonisti. Tutto il film è una riflessione sarcastica sulla vita, sulla morte e sui bisogni primari dell’uomo in primis il sesso. Ben prima dei caustici Ferreri e Ciprì e Maresco mostra castrazioni maschili e Madonne che vengono accarezzate morbosamente. Umorismo blasfemo e corrosivo all’ombra del Vaticano in cui non vengono risparmiati Papi, preti, nobili e poveracci. I racconti che si rimandano Bernardino e Mammone sono ispirati anche alla tradizione popolare e orale tanto amata dal regista di CASOTTO e sono un modo per esorcizzare le loro misere esistenze e l’imminente morte. Citti inoltre non rinuncia alla sua cifra anarchica (rendendolo sempre unico nel cinema italiano) e alla proverbiale misoginia a favore dell’amicizia maschile come punto fermo della sua filosofia personale e cinematografica.

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