Regia di Luc Besson vedi scheda film
Certi miti non tramontano mai, sono sempre pronti a risplendere e vengono – spesso e volentieri - risvegliati dal loro riposo. Ciò avviene per il fascino innato che esercitano in automatico, per il bagaglio di opportunità interpretative che incamerano, per come catalizzano - con duratura continuità - le attenzioni del pubblico e infine, parlando esclusivamente di cinema, per una mancanza generale/conclamata di idee da coltivare/cavalcare e per un contenuto rischio aziendale.
Dunque, a pochi mesi di distanza dal Nosferatu di Robert Eggers, Luc Besson riprende in mano il succhiasangue per eccellenza, il più popolare di tutti i tempi, con Dracula – L’amore perduto (come spesso avviene, meglio il titolo internazionale A love tale). Un film malinconico e traboccante, che, nei limiti delle sue aleatorie/carenti disponibilità, cerca una via/vita propria, con sparute/ingombranti similitudini con il Dracula di Bram Stoker, per quanto la comparazione sia a sfavore, a conti fatti quasi umiliante, e pur volendo andare oltre, i pro da annoverare vengono sopravanzati dai contro, peraltro le controindicazioni interne risultano difficili da accettare a cuor leggero.
Transilvania, XV secolo. Mentre è impegnato in una furente battaglia contro gli ottomani, il principe Vlad (Caleb Landry Jones – Dogman, Nitram) perde la cosa più importante della sua vita, ossia Elisabeta (Zoë Bleu – Signs of love), il suo amore assoluto. Distrutto dal dolore e colmo di rabbia, rinnega la sua fede finendo per essere dannato, condannato a vivere per sempre.
400 anni dopo, tramite l’incontro con Jonathan Harker (Ewens Abid – The last Rifleman) e l’aiuto della fedele Maria (Matilda De Angelis – Veloce come il vento, Fuori), Vlad scopre in Mina la reincarnazione della sua amata.
La ritrovata speranza dovrà però confrontarsi con un prete (Christoph Waltz – Bastardi senza gloria, Django unchained) che ha ricevuto dalla Chiesa l’incarico di eliminarlo una volta per tutte.
La resa dei conti sarà inevitabile e Vlad sarà costretto a prendere un’ardua scelta.
Dracula - L'amore perduto (2025): Caleb Landry Jones
Scritto e diretto da Luc Besson (Nikita, Leon, Il quinto elemento), che torna a una produzione commerciale dopo aver intrapreso – con discreti riscontri - una strada differente dalle sue abitudini, Dogman, Dracula – L’amore perduto sposta il baricentro del racconto classico, con una corsia preferenziale individuata nella tragedia romantica.
Quindi, la ricetta bessoniana predilige il melò e l’avventura, con pochi morsi e un maggiore moto perpetuo, un libro aperto scritto però svogliatamente e senza un solo grammo di grazia, un divertissement con pochi/sporadici sussulti, come un incipit concitato/invitante e il giro di giostra tra le corti europee, e alcuni passi falsi (in più casi, rischia il ridicolo, chissà quanto involontario), ovviamente più a suo agio quando apre il gas per andare su di giri e annaspando nei momenti in cui rallenta (nei dialoghi e nelle espressioni a gioco fermo, accusa pesantemente il colpo).
Più in generale, il tragitto risulta accidentato e scarsamente convinto (come se si trattasse di un lavoro cascato dal cielo, redatto su commissione), sgomitando per riprendere la carreggiata (che perde con regolarità) e sbalzando lo spettatore tra fasi parecchio discordanti – per qualità e tono - tra loro, con l’horror ridotto ai minimi termini e decisamente più scenico/gaudente piuttosto che effettivamente spaventoso.
Per il resto, all’interno di uno sviluppo farraginoso e languido, che procede in (dis)ordine sparso, oltre alla pulsione dominante (il fuoco della passione non è comunque indimenticabile), svetta l’effetto luna park, non solo perché una delle sequenze migliori si rintraccia tra le attrazioni di un insediamento ludico, tra optional (come i gargoyle, roba che si vedeva giusto quarant’anni fa), distrazioni grottesche, variazioni roboanti/irruenti e i briosi contrappunti musicali settati da Danny Elfman (L’armata delle tenebre, Nightmare before Christmas), mentre la risoluzione è quantomai sfiatata/disorganica, del tutto estemporanea.
Infine, se il film barcolla ripetutamente ma non molla del tutto la presa, buona parte del merito va assegnata al volitivo/coinvolto Caleb Landry Jones che ci mette l’anima (e la faccia), anche in quei segmenti sfacciati/estroversi che non si possono proprio salvare (la sua prova rimane comunque grasso che cola), mentre un asso qual è Christoph Waltz gigioneggia, come se fosse in libera uscita (del tipo, prendo il gettone di presenza e via, una consuetudine per lui), Matilda De Angelis non si fa certo intimorire (è chiamata a strafare e rincara la dose) e Zoë Bleu è un gran bel vedere, tuttavia non pare certo una scoperta dal futuro garantito (ricordiamo come in passato Luc Besson abbia scovato - in serie - talenti femminili che sarebbero esplosi in seguito).
Dracula - L'amore perduto (2025): Matilda De Angelis, Caleb Landry Jones, Zoë Bleu Sidel
Sostanzialmente, Dracula – L’amore perduto è un film di pancia, sfaccettato e vorace, tranquillamente evitabile, con troppe falle/imbarazzi per poter pensare di uscirne indenne. Con 45 milioni di budget, una cifra mostruosa per le potenzialità del cinema europeo (nei costumi e nelle scenografie, che non si fanno mancare nulla, si vedono tutti), conferma come il tocco magico di Luc Besson sia ormai sbiadito (il suo ultimo grande successo da vantare è Lucy del 2014 mentre il periodo d’oro risale a trent’anni fa), non piange sul latte/sangue versato e – nel bene o nel male (più la seconda) – non passa inosservato, quantunque la sua destinazione diretta sia un consumo veloce/dimenticabile, da multisala e pop corn, di certo non la gloria eterna, quella che parecchi suoi predecessori hanno invece conquistato a pieno titolo.
Viscerale e dissestato, bizzoso e sgargiante, per una mistura e grafia eccedenti/impenitenti, oltremodo evidenti soprattutto quando incappa nei parziali peggiori.
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