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The Old Oak

Regia di Ken Loach vedi scheda film

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La recensione su The Old Oak

di Gangs 87
7 stelle

L'Old Oak è un pub in decadenza in un villaggio degradato del nord dell'Inghilterra. Il suo proprietario è TJ Ballantyne uomo riservato e schivo ma anche molto sensibile alle problematiche locali, soprattutto quando nel paese arriva un gruppo di rifugiati provenienti dalla Siria. Grazie anche all’incontro con la giovane rifugiata Yara che TJ prende a cuore, l’uomo proverà a cambiare la prospettiva di molti abitanti del posto che si sentono minacciati e invasi dagli “stranieri”.

 

L’ultima storia raccontata da Ken Loach si ispira a fatti realmente accaduti nel 2016. Il regista insieme a Paul Laverty compone una narrazione lenta ma fortemente sentita. È evidente dal modo in cui lo sceneggiatore decide di raccontare i fatti, la naturalezza con cui li lascia prendere vita, che l’argomento trattato gli sta a cuore. Non meno di quanto non coinvolga lo stesso il regista che decide di utilizzare un tono quasi sommesso per dare voce alle vittime di una società condizionata dai pregiudizi e dal mal-modo di vivere che anima soprattutto le piccole comunità.

 

Laddove il cambiamento è visto sempre come una minaccia, l’altro come un invasore e si coltiva solo ed esclusivamente il proprio orticello anche se ormai è rinsecchito e privo di mordente. Ken Loach ci conduce per mano in questo piccolo villaggio inglese e ci rende partecipi della noiosa vita del circondario, animata dall’arrivo di Yara e della sua famiglia, ma anche dal resto della comunità siriana dirottata in questo posto sperduto.

 

Yara, che ha la passione per la fotografia e l’animo triste per la sorte del padre rimasto in prigione in Siria, è la prima a scontrarsi con il malcontento della gente del posto eppure non si perde mai d’animo. Grazie anche a TJ e ad una donna assistente sociale che insieme all’uomo distribuisce il necessario ai nuovi arrivati, generando il malcontento degli abitanti addirittura quasi invidiosi della situazione disastrosa in cui vertono i rifugiati che ottengono attenzioni che a loro non vengono date.

 

Questa sorta di specchio sociale in cui entrambe le comunità finiscono per riflettersi è la chiave di lettura dell’ultima pellicola di Loach; una denuncia al sistema che abbandona il popolo a se stesso e il riscatto morale e personale di una comunità che finisce per comprendere, sostenere e in conclusione accogliere, la cosa che sembrava più difficile da fare diventa un percorso (quasi) naturale solo leggermente indotto da alcuni.

 

Una pellicola che lascia una piacevole sensazione di compiuto. Senza fronzoli ne scene epoche eppure colma di riflessione, sana e necessaria.  

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