Cala il sipario sul primo ciclo narrativo de Il Commissario Ricciardi, serie tratta dai romanzi di Maurizio de Giovanni di cui la stagione 3 va in onda su Rai 1 dal 10 novembre. Diretta da Gianpaolo Tescari, con la collaborazione di Alessandro Scuderi per il terzo episodio, la serie torna nella Napoli del 1933 con quattro nuove serate. Il commissario Luigi Alfredo Ricciardi (interpretato da Lino Guanciale) continua a risolvere omicidi violenti, tormentato dal suo dono paranormale: vedere e ascoltare l’ultimo pensiero delle vittime.


Ma in questa stagione il racconto si allarga. Accanto alle indagini e al consueto affresco sociale, la serie approfondisce la trasformazione intima dei personaggi, il loro confronto con la paura, il lutto, l’amore, il potere. Napoli è la stessa, piena di contrasti, ma qualcosa è cambiato: come anticipa Guanciale in un’intervista a Film Tv 44/2025 di Matteo Bonfiglioli, “la corazza di Ricciardi si scalfisce. Il suo lento, progressivo aprirsi al mondo esterno accelera molto. È un’educazione sentimentale”.

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Lino Guanciale nella serie di Rai 1 'Il Commissario Ricciardi 3'.

Dentro e fuori il dolore

Il primo episodio della serie di Rai 1 Il Commissario Ricciardi 3 (Per mano mia) si apre sotto Natale: tra zampognari e luci festive, Ricciardi indaga sull’omicidio di un capitano delle Milizie fasciste e della moglie. Ma il vero nodo è privato: si è finalmente dichiarato ad Enrica Colombo (interpretata da Maria Vera Ratti), e i due iniziano a frequentarsi, pur ostacolati dalla madre di lei.


Nel secondo episodio (I vivi e i morti), un serial killer terrorizza Napoli. Ricciardi, messo sotto pressione dai delitti e dall’intensificarsi della relazione con Enrica, si avvicina al momento decisivo: rivelare il suo segreto. La terza puntata (Il purgatorio dell’angelo) ruota attorno all’omicidio di un prete amato e scomodo, mentre il matrimonio si avvicina.


Infine, Il pianto dell’alba esplora il crollo finale: Manfred, nuovo compagno di Livia Lucani (interpretata da Serena Iansiti), viene assassinato. E proprio Livia è la principale sospettata.


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Chi porta il peso

Ogni personaggio della serie di Rai 1 Il Commissario Ricciardi 3 è chiamato a fare i conti con le proprie perdite e illusioni. Il brigadiere Raffaele Maione, interpretato da Antonio Milo, resta un uomo buono e concreto, ma la morte del figlio Luca (mai davvero superata) riemerge con forza. La tentazione di sostituirlo con un nuovo legame paterno si affaccia pericolosamente, e solo la lucidità della moglie Lucia lo riporta alla realtà.


Il medico legale Bruno Modo (interpretato da Enrico Ianniello) si trova davanti alle conseguenze della tragedia vissuta con la morte della moglie Lina. Il figlio della donna è ancora vivo, e rappresenta ora un’occasione per dare senso a un passato devastante. Modo riflette, accusa, osserva. I suoi dialoghi danno voce a una coscienza civile che si rifiuta di rassegnarsi alla brutalità del presente.


Enrica
smette di essere figura idealizzata per diventare protagonista attiva del cambiamento di Ricciardi. Quando scopre la verità sul “fatto”, non arretra. Lo accoglie. “Non ti dimenticare di noi”, gli dice. Un momento che sposta il baricentro emotivo della serie.


Livia Lucani
, invece, affronta la sua discesa tragica. Ricattata da Falco (esponente della polizia politica), legata sentimentalmente a Manfred von Brauchitsch per salvare Ricciardi, finisce travolta da un crimine più grande di lei. La sua parabola si compie tra bellezza, paura e sacrificio.


Accanto a loro agisce Bambinella (Adriano Falivene), figura chiave della Napoli “informale”, punto di contatto tra sottobosco urbano e indagini ufficiali. E poi Bianca Palmieri (Fiorenza D’Antonio), costretta a scegliere tra il rispetto sociale e l’etica personale, mentre Ricciardi resta la sua incompiuta ossessione.

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Lino Guanciale e Maria Vera Ratti nella serie di Rai 1 'Il Commissario Ricciardi 3'.

La città che resiste

La Napoli rappresentata nella serie di Rai 1 Il Commissario Ricciardi 3 è fatta di oscurità e splendore, fede e miseria, compromessi e coraggio. Una città che osserva tutto, sa tutto, parla a mezza bocca, ma nulla dimentica. La regia di Tescari esalta questa rete invisibile di connessioni. Come si legge nelle note di regia, “la città è più furba dell’autorità che tenta di dominarla […] e basta poco per fare affiorare le mille piccole ammissioni sussurrate”.


Il fascismo non è mai protagonista esplicito, ma si insinua ovunque: nel silenzio delle istituzioni, nei ricatti di Falco, nell’assenza di scrupoli. Non serve mostrare divise per rappresentarne la violenza. La sopraffazione è una ragnatela che avvolge vite, amori, carriere, libertà.


Eppure, nel cuore di questa rete, pulsa una Napoli viva: il fruttivendolo Esposito Paolo, l’autista Arturo, la duchessa Previti, i pescatori, i poveri, le madri, i figli. Corpi che sopravvivono, talvolta si vendono, talvolta si ribellano. Ogni piccolo personaggio, anche nei ruoli minori, contribuisce alla verità emotiva del racconto.

Una maschilità alternativa

Nel dialogo con Film Tv, Guanciale sottolinea un aspetto chiave del personaggio: “Ricciardi vive in un’epoca antidemocratica, in cui vige la legge del più forte. È fuori contesto, crede nella giustizia, nell’uguaglianza. È portatore di un’idea di maschile più moderna: una virilità non basata sulla prevaricazione violenta”.


È questo forse il segreto della serie: un protagonista maschile che non domina, ma si interroga. Che non conquista, ma ascolta. Che non si impone, ma si spezza. Un commissario che soffre, ama, sbaglia. E per questo, oggi, appare più necessario che mai.


Il contrasto con il mondo che lo circonda, fatto di gerarchie, imposizioni e codici, è ciò che rende Ricciardi (e il lavoro di Guanciale) tanto potente. Non è un eroe: è una coscienza inquieta, che non si adatta e non si arrende.

Un finale che è un inizio

Con la serie di Rai 1 Il Commissario Ricciardi 3 si chiude il primo ciclo narrativo tratto dai romanzi di de Giovanni. Ma non si chiude la storia. “Se dici tutto all’inizio, ti bruci l’arco narrativo”, dice ancora Guanciale. E in effetti, Il Commissario Ricciardi ha giocato tutto su un lento disvelamento: di verità, di emozioni, di senso.


Non c’è trionfo, non c’è redenzione piena. Ma c’è un passaggio. Un’apertura. Ricciardi, finalmente, accetta la possibilità di vivere nonostante la morte. Questo, forse, è il giallo più difficile da risolvere.

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Redazione

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