Con l’eredità bollente lasciata da Élite e la scia mediatica dei Giochi Olimpici di Parigi 2024, Netflix lancia il 20 giugno Olympo, una serie che sposta il baricentro del teen drama spagnolo dal liceo al centro sportivo d’élite. Ma chi si aspetta solo addominali scolpiti e passioni adolescenziali, dovrà fare i conti con qualcosa di più disturbante: il prezzo del successo.

Sangue, cloro e ambizione
Al CAR Pirineos, un centro di alto rendimento ai piedi dei Pirenei al centro della serie Netflix Olympo, si allenano i migliori atleti del paese. Tra loro c’è Amaia (Clara Galle), capitana della nazionale di nuoto sincronizzato. È la tipica figura da “golden girl”: disciplinata, ossessiva, brillante. E come ogni atleta cresciuta nella pressione della perfezione, Amaia non ammette l’errore. Né negli altri, né in se stessa.
Il punto di rottura arriva quando Núria (María Romanillos), sua compagna di squadra e migliore amica, la supera per la prima volta. Non è solo un confronto personale: Amaia inizia a sospettare che alcuni atleti stiano ottenendo risultati “innaturalmente” rapidi. Da qui si apre il vero cuore pulsante del racconto: un’indagine, non solo sportiva ma morale, su cosa significa essere i migliori.
Corpi perfetti, anime lacerate
L’universo della serie Netflix Olympo è popolato da ragazzi bellissimi, certo, ma dietro ogni sguardo determinato si nasconde un abisso. Ognuno incarna una sfida etica diversa.
Amaia, il volto della disciplina, scopre i limiti della meritocrazia quando capisce che l’equità non regna nemmeno in un centro di eccellenza. Núria, la “seconda” che diventa prima, è insieme specchio e minaccia. Il suo miglioramento fa esplodere un sistema basato sulla competizione più che sulla coesione.
Il giocatore di rugby, vittima di un episodio di omofobia, mostra quanto il mondo dello sport sia ancora un campo di battaglia per l’identità. Gli altri atleti, da Agustín Della Corte a Nuno Gallego, compongono un mosaico di pressioni familiari, abusi istituzionali, e scelte discutibili mascherate da spirito competitivo.
Il CAR Pirineos è un microcosmo dove il doping non è solo chimico, ma anche morale. La serie insinua il dubbio: è peggio barare o perdere tutto?

Etica, potere e il culto della performance
La serie Netflix Olympo non gira intorno al doping, ma lo usa come leva narrativa per scavare più a fondo. Il vero focus è la soglia del compromesso. Olympo chiede: quanto sei disposto a sacrificare per una medaglia, un posto da titolare, o un titolo che dura un’estate?
Nel farlo, tocca nervi scoperti. Il corpo come macchina: Olympo mostra atleti che vivono sotto costante sorveglianza, tra pesi, cronometri e diete estreme. Ma il vero logoramento è mentale. La solitudine della vetta: nel momento in cui arrivi in cima, sei solo. E la pressione per restarci può spingerti oltre qualsiasi codice etico. Il tradimento degli ideali sportivi: il fair play è una bandiera che sventola bene davanti alle telecamere, ma nei corridoi del CAR è un concetto sbiadito.
Oltre il podio
Diretta da Marçal Forès, Daniel Barone, Ibai Abad e Ana Vázquez, la serie Netflix Olympo alterna sequenze ipercinetiche (allenamenti, gare, liti furibonde) a momenti statici, quasi claustrofobici, in cui i protagonisti fanno i conti con le loro scelte. L’ambiente è volutamente sterilizzato, privo di calore: lo sport è il contesto, ma il gelo emotivo è il vero clima.
Olympo è la risposta spagnola a un’esigenza narrativa post-Élite: crescere. Lascia da parte la scuola, ma non le domande esistenziali. Rende espliciti i compromessi del successo, e lo fa con il corpo come campo di battaglia. È una serie sulla pressione, sull’identità, sull’integrità e sulla solitudine. Ma soprattutto, è un monito sottile: non tutti i traguardi valgono la corsa.
Preparatevi a trattenere il fiato. E non solo sott’acqua.
Filmografia
Olympo
Drammatico - Spagna 2025 - durata 46’
Titolo originale: Olympo
Con Clara Galle, Agustín Della Corte, Nuno Gallego, María Romanillos, Martí Cordero, Andy Duato
in streaming: su Netflix Netflix Basic Ads
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