Nel panorama sempre più affollato delle serie crime e thriller psicologici, la serie Ángela, in arrivo su Netflix il 26 settembre, si è ritagliata uno spazio raro: quello della storia che nasce silenziosa e finisce urlando nel mondo intero. Trasmessa inizialmente in Spagna su Atresplayer, poi su Antena 3 e infine approdata su Netflix, l’adattamento della britannica Angela Black ha scalato i vertici delle classifiche globali fino a diventare una delle serie non anglofone più viste sulla piattaforma arrivando però solo ora in Italia. Ma il successo di Ángela non si spiega con algoritmi o strategie di distribuzione. Il segreto è tutto nella storia. E in chi la regge.

Come una trappola
All’apparenza, la vita di Ángela (Verónica Sánchez), la protagonista della serie Netflix, è invidiabile: una casa elegante, due figlie adorabili, un marito affascinante e un presente sereno. Ma quella serenità è solo una messa in scena. Dietro le mura domestiche si consuma un abuso continuo e metodico da parte di Gonzalo (Daniel Grao), un uomo ossessionato dal controllo e dall’immagine pubblica.
La svolta arriva quando Ángela incontra Eduardo (Jaime Zatarain), un uomo che dice di conoscerla dal passato e che sembra offrirle comprensione e via di fuga. Ma nulla è come sembra. Le rivelazioni arrivano a ondate e con esse una verità ancora più crudele: anche Eduardo è parte di una rete di manipolazione architettata da Gonzalo.
La protagonista, costretta a dubitare non solo degli altri ma anche della propria lucidità, intraprende un percorso in discesa verso l’isolamento psicologico e l’abisso emotivo. Solo la presenza di Esther (Lucía Jiménez), migliore amica e figura chiave nella sua ricostruzione, le permetterà di risalire, combattere e infine, liberarsi.
Il volto, il doppio e il vuoto
Verónica Sánchez regge sulle spalle l’intera serie Netflix Ángela. Il suo personaggio è costruito su crepe invisibili, sulle contraddizioni e sui silenzi di una donna che ha imparato a sopravvivere in un ambiente tossico. Lontano da ogni eroismo stereotipato, Ángela è fragile, smarrita, spesso ambigua nelle sue reazioni. E proprio questa complessità la rende reale. Il suo viaggio non è lineare né catartico: è accidentato, doloroso, pieno di fallimenti e incertezze. L’empatia nasce dal riconoscere la fatica del suo cammino, non dal celebrarne l’arrivo.
Accanto a lei, Daniel Grao dà forma a un marito apparentemente impeccabile ma marcio dentro. Gonzalo non è una macchietta da melodramma: è un manipolatore sofisticato, uno che sa come spingere la narrazione a suo favore. L’attore evita le caricature e punta piuttosto a una performance disturbante per quanto credibile, resa ancora più inquietante dalla sua normalità.
Jaime Zatarain, nei panni di Edu – alias Robert – è il volto dell’ambiguità. La sua doppiezza è il motore narrativo di una parte centrale della serie che gioca col tema dell’inganno. In lui, Ángela cerca un’ancora; invece trova un’altra corrente che rischia di trascinarla ancora più a fondo.
Lucía Jiménez, nei panni di Esther, rappresenta invece un contrappunto: è la figura razionale, concreta, quella che tiene i piedi per terra. La sua funzione è decisiva: dà ad Ángela la spinta per smettere di farsi domande e iniziare a dare risposte.

Una radiografia della manipolazione
La serie Netflix Ángela è un thriller, sì, ma il genere è solo una struttura al servizio di un tema ben più urgente: il potere invisibile della violenza domestica. La serie non si accontenta di mostrare le botte, ma analizza le crepe quotidiane che le precedono: l’umiliazione sottile, l’isolamento sociale, la perdita di autostima, la confusione mentale. Tutto quello che trasforma una donna in una prigioniera pur vivendo “nel proprio castello”.
La salute mentale è un altro dei fili conduttori del racconto. La paura di “diventare come la madre”, una donna affetta da disturbo bipolare, perseguita Ángela e la fa dubitare di sé. La linea tra realtà e paranoia è labile, ed è proprio qui che la regia di Tito López-Amado costruisce la tensione più efficace: lo spettatore è costretto a condividere l’incertezza della protagonista. Anche il pubblico, come Ángela, non sa mai davvero cosa sia reale e cosa no.
Infine, c’è la questione del sistema che non protegge. Ángela viene creduta solo a tratti. Perde la custodia delle figlie. Viene internata. Tutto questo non è un twist narrativo, è un’accusa sottile ma presente: il percorso per uscire dalla violenza non è solo difficile, è spesso ostacolato proprio da chi dovrebbe aiutarti.
Una serie che nasce piccola e diventa enorme
La traiettoria della serie Netflix Ángela è quella delle produzioni capaci di sopravvivere a ogni piattaforma. Dall’esordio discreto su Atresplayer fino all’esplosione planetaria su Netflix, passando per una programmazione in prima serata su Antena 3, la serie ha dimostrato che la qualità trova sempre il suo pubblico. O, come ha detto lo stesso attore Jaime Zatarain, “se c’è sostanza, la seconda vita arriva”.
E quella sostanza non manca. La scrittura di Sara Cano e Paula Fabra, l’intuizione registica di López-Amado e la coerenza stilistica della produzione Buendía Estudios Bizkaia hanno creato un prodotto che non ha bisogno di cliffhanger artificiali per tenere incollato lo spettatore. Ogni episodio chiude un cerchio e apre un altro. E lo fa con un ritmo che cresce, con personaggi che cambiano, con colpi di scena che non suonano mai gratuiti.
Guardare dentro la ferita
Ángela non è una serie “piacevole”. È una serie necessaria. Racconta una storia che potrebbe accadere in qualunque casa, in qualunque paese. Parla di potere, di controllo, di come si possa perdere sé stessi senza nemmeno accorgersene. Ma parla anche di resistenza, di tenacia, di come, anche nella solitudine più totale, si possa ancora scegliere di lottare.
In un mercato saturo di drammi usa-e-getta, Ángela ha scelto di andare a fondo. E il pubblico, forse stanco di storie superficiali, l’ha premiata. Perché c’è ancora sete di verità. Anche quando fa male.
Filmografia
Angela
Drammatico - Spagna 2024 - durata 49’
Titolo originale: Angela
Con Norberto Lopez Amado, Daniel Grao, Jaime Zatarain, Lucía Jiménez, María Isabel Díaz Lago, Ane Gabarain
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