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L'angolo del libro / L'Opera secondo Argento
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L'angolo del libro / 14

L'Opera secondo Argento, a cura di Fabio Giovannini (*****) - Shatter Edizioni 

"E allora mi sono guardato negli occhi. Raramente ci si guarda, con se stessi, negli occhi, e pare che in certi casi questo valga per un esercizio estremo. Dicono che, immergendosi allo specchio nei propri occhi – con attenzione cruciale e al tempo stesso con abbandono – si arrivi a distinguere finalmente in fondo alla pupilla l'ultimo Altro, anzi l'unico e vero Sestesso, il centro di ogni esistenza e della nostra, insomma quel punto che avrebbe nome Dio. Invece, nello stagno acquoso dei miei occhi, io non ho scorto altro che la piccola ombra diluita (quasi naufraga) di quel solito niño tardivo che vegeta segregato dentro di me. Sempre il medesimo, con la sua domanda d'amore ormai scaduta e inservibile, ma ostinata fino all'indecenza." (Elsa Morante) 

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"L'immagine di Betty/Marsillach con gli occhi spalancati perché una fila di aghi impedisce di chiudere le palpebre è diventata il 'marchio' distintivo di Opera. Il poster ufficiale, poi le copertine dei DVD, hanno puntato su quelle specifiche scene per riassumere con immediatezza il contenuto del film. Secondo Maitland McDonagh, nel suo libro Broken Mirrors/Broken Minds, quella memorabile immagine 'è la chiave delle concezioni stilistiche' di Argento, metafora dell'esperienza di chiunque guardi un film horror, rinunciando a coprirsi gli occhi con le mani, tra attrazione e repulsione. Quell'immagine iconica è diventata nota nel mondo come poche altre del cinema italiano. Forse per trovare un paragone bisogna risalire all'Anita Ekberg nella Fontana di Trevi del film La dolce vita (1960) di Federico Fellini. Tutto nasce dall'irritazione e frustrazione di Argento quando gli spettatori chiudevano gli occhi durante le scene più dure dei suoi film, le scene più importanti, dove si era impegnato di più. Voleva che il pubblico 'vedesse' quelle scene e che non sfuggisse alle proprie paure. Così fantasticava su un modo per obbligare il pubblico a tenere gli occhi aperti. L'idea del nastro con gli aghi che impediscono di chiudere gli occhi la ebbe agli inizi della elaborazione di Opera, parlando con Franco Ferrini. Il regista ha ammesso apertamente che l'idea viene da Arancia meccanica (A Clockwork Orange, 1971) di Stanley Kubrick dove si assiste al cosiddetto 'trattamento Ludovico', con il protagonista Alex (Malcolm McDowell) costretto da ganci intorno agli occhi a fissare immagini sanguinose. Il pubblico cinematografico preferito da Argento lascia aperti gli occhi di fronte a scene di violenza e orrore, come Betty a causa degli aghi sotto la palpebra (lei però è costretta a guardare, non lo sceglie, geme e si divincola). L'identificazione del pubblico con Betty è accentuata dalle riprese in soggettiva. Per realizzare le scene si utilizzarono aghi veri. Si provò con aghi finti, ma potevano piegarsi e lesionare la pupilla, così si optò per quelli veri, più stabili e paradossalmente meno pericolosi. Il sangue era aggiunto dai truccatori, utilizzando anche una pompetta e dei tubicini fuori campo. Scrive Argento in Paura: «Ho sempre avuto una particolare attenzione per gli occhi: i primissimi piani delle iridi, la soggettiva, il voyeurismo, ma anche i bulbi schizzati fuori dalla testa... Il tema della visione attraversa trasversalmente tutte le mie narrazioni: non ho mai smesso di esplorare la dannazione di chi ha visto troppo, o quella di chi non ricorda ciò che ha visto. Ed è per me fondamentale che il pubblico veda tutto, senza risparmiarsi nulla». All'antica diatriba tra 'vedere o suggerire', con Opera Argento dà la sua risposta estrema: vedere, sempre e sempre di più, a qualsiasi costo, con gli occhi aperti a forza. Gli aghi sotto gli occhi sono solo la situazione più palese in un film che rivela continuamente un'ossessione per gli occhi e la vista: oltre agli occhi sbarrati di Betty, gli occhi dei corvi, l'occhio perforato da un proiettile di Myra, l'occhio strappato del killer. L'ossessione dello sguardo è presente nella bambina che osserva Betty nascosta dietro una grata o quando Giulia, togliendo il cappuccio all'assassino nella scena della sartoria, vede qualcosa che non doveva vedere e ne paga le conseguenze. Chi vuole vedere troppo viene punito (Myra e Giulia), ma anche chi non vede bene è in pericolo (la visione offuscata di Betty a causa del collirio, i suoi occhi bendati mentre il killer sta per incendiare gli uffici del teatro). Altri riferimenti agli occhi, alla visione, si notano persino nel binocolo impugnato dall'assassino o nelle rotelline dell'audiocassetta che girano nello stereo come occhi artificiali. E nella sceneggiatura, non a caso, lo spioncino della porta attraverso il quale passerà un proiettile micidiale, è sempre definito 'occhio magico', ennesimo riferimento alla centralità degli occhi in Opera."

img-2415-1-1Opera: Cristina Marsillach... costretta a guardare

Forse l'ultimo grande capolavoro di Argento, il sottovalutato Opera (1987) poteva essere descritto minuziosamente solo da Fabio Giovannini, critico e scrittore (anche di narrativa e politica, spesso celato dietro l'alter ego di Ivo Scanner) che, per primo, ha il merito di aver dedicato un prezioso libro al "Maestro del Thriller" italiano (Dario Argento: il brivido, il sangue, il thrilling - Edizioni Dedalo, 1986). Suddiviso in quattro capitoli (La genesi di Opera, Il film, Dentro Opera, Miscellanea), "L'Opera secondo Argento" racconta, in 204 pagine che si affrontano piacevolmente e senza riuscire a interrompere la lettura, tutto quello che c'è da sapere su questa indimenticabile produzione italiana (quasi 10 miliardi di lire dell'epoca) apprezzata in tutto il mondo. Per chi poi volesse completare l'approfondimento sul film, sempre a cura di Shatter è disponibile "Opera - Un romanzo dal film di Dario Argento", novelization del lungometraggio scritta da... Ivo Scanner. 

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"Il film più faticoso e cupo che abbia mai diretto. Il film più feroce che ho fatto, il più efferato. Un film disperato, senza alcuna speranza per il futuro." (Dario Argento su Opera)

Trailer internazionale 

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