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Il Pianeta delle scimmie: Genesi, aneddoti e ricordi di un film che fece la Storia (nonostante Stanley Kubrick)!
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A oltre 50 anni di distanza dalla sua uscita, Il Pianeta delle scimmie di resta ancora oggi uno dei capisaldi della storia della fantascienza cinematografica, nonostante l’uscita contemporanea a un capolavoro quale 2001 Odissea nello spazio di Stanley Kubrick che ne ha rivoluzionato il genere, facendolo risultare quindi già “vecchio” (qualcuno direbbe semplicemente più classico) subito dopo la sua uscita.

Ma, nonostante questa, è riuscito a conservare un’aura mitologica, oserei dire quasi sacrale anche in quanto uno specchio, ovviamente deformato come conviene con il genere fantascientifico, della realtà di quegli anni, soprattutto in America.

Anche più dello stesso capolavoro di Stanley Kubrick.

Questo perchè nonostante premesse morali anche abbastanza simili queste venivano sviluppate in modi che non potrebbero essere più differenti: il film di Kubrick in un viaggio all’interno della mente e della coscienza umana, più puramente psicologico e/o metafisico, il film di Schaffner invece in modo molto più fisico, avventuroso ma anche più politico, quindi anche per questo molto più legato alla contemporaneità.

Tratto dal romanzo dello scrittore francese Pierre Boulle del 1963 intitolato Viaggio a Soror (viene rititolato Il Pianeta delle scimmie solo nel 1975 per cavalcare il successo del film) che, però, non aveva alcuna intenzione di fare della fantascienza in quanto intendeva invece raccontare, attraverso la metafora e l’arma del grottesco, della sua prigionia in Indocina durante la guerra e dei dolorosi cambiamenti inerenti la sua amata Francia avvenuti nel dopo guerra.

Pierre Boulle

Ma chi era Pierre Boule?

Ingegnere impiegato in un’industria della gomma in Malesya e, al contempo, agente segreto per conto dell’Intelligence francese nel Sud-est asiatico, con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale fu fatto prigioniero e rinchiuso in un campo di lavoro in Indocina.

Una volta rientrato in patria dopo la fine della guerra decise di scrivere romanzi che raccontassero cosa ha vissuto personalmente durante quel burrascoso periodo.

Iniziò a scrivere romanzi di guerra e di spionaggio come William Conrad, la controspia finchè arrivò finalmente al successo internazionale raccontando della sua stessa prigionia in Indocina, riportando quindi anche fatti reali seppur romanzati e cambiando i nomi dei protagonisti.

Il titolo del romanzo era Pont de la riviére Kwai (1952) tradotto poi in italiano come Il ponte sul fiume Kwai.

Viaggio a Soror. Il pianeta delle scimmie - Pierre Boulle - Libro - Massimo  - Il mosaico | IBS

In seguito il successo gli sorrise ancora una volta proprio con Viaggio a Soror che racconta in prima persona, attraverso l’escamotage di un manoscritto ritrovato in una bottiglia fluttuante nello spazio (!), del protagonista Ulysse Mèrou e del suo viaggio nello spazio nell’anno 2500 alla volta di Betelgeuse e del suo atterragio infine sul pianeta Soror abitato da umanoidi primitivi e da scimmie invece evolute a un livello simile a quello sulla Terra che, però, lo scambiano inizialmente per un umano del posto.

Appresa la lingua dei nativi grazie agli insegnamenti della Dott.sa Zira riesce a convincere le scimmie della sua origine di viaggiatore spaziale e a integrarsi quindi nella società di Soror diventandone anche un personaggio influente e partecipando a scavi acheologici che riveleranno una incredibile e sconcertante verità sulla storia del pianeta ovvero che.. no, non è quella che state pensando.

Nel suo romanzo però Boulle sta raccontando non una storia di fantascienza ma, attraverso la favola e la metafora del grottesco (sul modello de I Viaggi di Gulliver di Swift ma in versione fantascientifica) della sua odissea (il nome del suo protagonista, vero e proprio alter-ego di se stesso, dice tutto) di prigioniero nel sud-est asiatico durante la guerra, dove non comprendeva il linguaggio dei suoi carcerieri ma anche dove non veniva nemmeno riconosciuta la sua stessa superiorità in quanto francese (e vendicandosi

rappresentando i suoi carcerieri, nel romanzo, come delle scimmie) in una realtà trasfigurata dove i servi (l’indocina francese) si è ribellata, approfittando della debolezza di uomini ormai regrediti (i francesi, o gli europei in generale) e prendendo quindi il sopravvento sul mondo modellandolo a propria immagine.

Il ritorno di Ulysse sulla terra (la tanto amata Itaca) è però amara in quanto scopre che a casa sua è... (stata invasa dei Proci...ops! Perdon!) successa la stessa cosa che su Soror (ovvero che le scimmie sono diventate i padroni del pianeta) e rappresenta lo sgomento e lo sconforto dello stesso Boulle quando, liberato dalla sua prigionia, tornando in Francia scopre il suo paese privato delle sue colonie e dei suoi possedimenti oltremare in favore delle popolazioni locali e fine quindi della egemonia francese in Asia (ovvero le “scimmie” padrone di qualla che considerava come casa sua).

Il successo del libro in realtà sorprese un pò tutti. Lo stesso autore del romanzo dichiarò più volte di averlo a lungo considerato come uno dei suoi lavori peggiori e lo stesso produttore Arthur Jacobs, una volta acquisiti i diritti del libro nel 1963 per una trasposizione cinematografica, confessò che nessuno, a Hollywood, sembrava credere nel progetto abbastanza da volerne finanziare i lavori.

Bravo Lucius, giovane scimmia: continua a scherzare i filmacci, vedi che fine fai!

Una volta acquisiti i diritti per una trasposizione cinematografica del romanzo, comunque, tutte queste metafore così “originali” vengono eliminate dallo sceneggiatore Rod Serling, chiamato a realizzare lo scrip e famosissimo nel campo della fantascienza per essere l’autore in Tv di Ai Confini della realtà tra cui, tra i vari episodi, anche di quello intitolato I shot an Arrow into the air (01X15) in cui un’astronave terrestre e i suoi tre membri dell’equipaggio in viaggio per Marte scoprono solo alla fine di essere invece atterrati, per sbaglio, sulla.. Terra! (Aspetta! Cosa mi ricorda questo?... Va beh, prima o poi mi tornerà in mente) e, successivamente, da Michael Wilson che, in quanto americani, della presunta "grandieur" francese e della loro superiorità (sociale, politica, culturale) sul resto del mondo in realtà fregava ben poco.

Il primo sceneggiatore a mettere mano al libro originario fu comunque Rod Serling che ideò un scrip cupo e dove il mondo delle scimmie, perfettamente il linea con il romanzo, era del tutto simile al nostro ma riadattatto secondo un’ipotetica società scimmiesca, ma un tale approccio fu ben presto vanificato da un problema estremamente pratico quanto decisamente insuperabile: il costo per una sua realizzazione!

Il budget a disposizione era piuttosto elevato ma non abbastanza per realizzare ciò che Serling aveva programmato e si riuscì a trovare una soluzione semplice quanto geniale riportando il mondo delle scimmie a un periodo pre-industriale, più simile al nostro medioevo, riuscendo così a tagliere le spese riciclando elementi e costumi da altri set o costruiendone di nuovi ma con budget però molto più contenuto.

Per il finale del film invece Rod Serling e il regista originario Blake Edwards (poi sostituito prima delle riprese da Franklyn J. Shafner) non erano pienamenti soddisfatti di quello originale e cercarono qualcosa di più spiazzante e molto meno prevedibile.

Mentre erano in pausa in un bar vicino agli studi della Warner ebbero però l’illuminazione di far svolgere l’intero film non su un altro pianeta, come nell’originale, ma direttamente sulla Terra e, quando videro vicino alla cassa un’immagine della statua della libertà, capirono anche come riuscire a realizzarlo.

Come detto, però, il produttore Arthur Jacobs trovò molte difficoltà a ottenere dei finanziamenti, soprattutto per il problema di rendere credibile una società fatta da scimmie che non risultasse dozzinale o ridicola, e per convincere i vertici della FOX, e in particolare il vice-presidente Richard D. Zanuck, Jacobs decise di realizzare un corto (costato ben 5000 dollari) dove Charlton Heston e Eward G. Robinson (attore inizialmente scelto per interpretare il Dot. Zaius), Roddy McDowell (attore feticcio della serie, a parte L’altra faccia del pianeta delle scimmie comparve in tutte le pellicole cinematografiche, interpretando poi Cesare e comparendo anche nella serie televisiva degli anni ‘70) e Kim Hunter provassero delle scene in modo da mostrare agli investitori il concept di base del film, i protagonisti e il trucco e quindi il potenziale stesso della peliccola.

Il risultato fu un tale successo che lo stesso Zanuck, prima piuttosto reticente a una tale operazione, decise di investire la bellezza di 5 millioni di dollari nel progetto.

Ma si presentò un nuovo problema. La sceneggiatura di Serling non piacque completamente alla FOX che decise di reclutare un secondo sceneggiatore che mettesse nuovamente mano al suo lavoro.

Fu chiamato quindi Michael Wilson che già aveva collaborato alla sceneggiatura de Il ponte sul fiume Kwai tratto sembre da un romanzo di Boule.

Brillante ma tacciato di comunismo e quindi finito nelle liste nere di Hollywood, Wilson mise molto di questa sua situazione personale nel protagonista del film, esacerberandone la figura di fuggitivo e di perseguitato dalle autorità del luogo, aspetto molto meno accentuato invece nello scrip di Serling.

Inoltre cambiando il livello evolutivo e sociale del mondo delle scimmie e rendendolo molto più simile a quello del nostro Medioevo permise a Wilson di trasfigurare una società divisa in caste e con la classe dominante che, proprio come in Europa nei secoli bui, preservava il proprio potere attraverso un dogmatismo e un fanatismo religioso che subordina la scienza e il sapere scientifico alla preservazione delle proprie convinzioni religiose e dello status quò invece che alla ricerca di una verità oggettiva.

«Toglimi quelle zampacce di dosso, maledetto sporco gorilla» Applausi a scena aperta!

Il periodo storico in cui è stato realizzato è emblematico del climax che si respirava in quei tempi, mostrandone le tensioni razziali (con le varie specie di primati suddivise in caste ben delineate e chiuse) e con il sogno di una coesistenta pacifica e civile, alla Martin Luther King, rappresentata nel film dagli scienziati Ziva e Cornelius ostracizzata e messa al bando da un potere centralizzato chiuso nei suoi privilegi, come anche le proteste contro il Vietnam e per i diritti civili che infiammano il paese in quegli anni e quindi la repressione del Governo, con i manifestanti (gli esseri umani regrediti di Soror) da una parte e la polizia (i gorilla), braccio armato delle istituzioni, dall’altra fino alla minaccia nucleare, figlia della crisi dei missili Cubani di qualche anno prima, esorcizata nel finale con la celeberrima scena della Statua della libertà (e che diventerà poi il vero e proprio centro narrativo del seguito).

Il darwinismo alla rovescia del film diventa così una formidabile allegoria della società moderna e funziona in quanto noi spettatori ci troviamo vittime di questa paradossale situazione, rivelandoci di come l’uomo (o scimmia. In fondo che differenza fa?) tenda a commettere sempre gli stessi errori (e a ripetere sempre le stesse violenze e crudeltà pur di conservare il potere) e, con la scena finale, di come la storia sia ciclica in quanto incapaci di imparare dai nostri stessi errori, arrivando anche a superare i riferimenti esplici di quel periodo in un ambiguo gioco di specchi tra la realtà del ‘68 e il mondo governato dalle scimmie.

Mascherato da fantascienza, il film di Schaffner in realtà è soprattutto un film politico mettendo in scena, attraverso il linguaggio della cultura popolare e dell’immaginazione, un mondo capovolto in cui però si riflettono gli echi del nostro, evidenziandone per contrasto i presupposti arbitrari su cui si forna il potere e i paradigmi, veri o presunti che siano, alla base di ogni genere di cultura.

E lentamente, tra le maglie di questo mondo dispotico, rivediamo gli stessi problemi, i dilemmi e le forzature del nostro come a rivelare che lo sviluppo dell’intelligenza, in qualsiasi forma essa sia, genera inevitabilmente conflitti, sociali ma non solo, sempre più complessi e in linea con la complessità della società che si è riuciti a costruire, non fermandosi soltanto alla guerra e al rischio conseguente a una escalation nucleare ma affrontando anche il rapposrto tra scienza e religione, tra potere e il suo eccesso e la ricerca della verità come unico elemento di salvaguardia di ogni società civile.

Ma il film difetta anche in una eccessiva retorica e di un certo didascalismo, seppur comprensibile in un racconto volutamente di denuncia o addirittura che ambisce a una specie di forma di manifesto dei movimenti sessantottini, ma si ha comunque la sensazione di una certa ampollosità, di una eccessiva enfatizazione sulla natura cattiva dell’uomo ribadita ad ogni ocasione dal Dot. Zaius ma anche da un protagonista che indossa fin troppo spesso i panni del predicatore piuttosto che dell’uomo di scienza, lanciando disfattismo e continui allarmi per l’opera incosciente del genere umano.

Il Pianeta delle scimmie fu presentato in anteprima a New York l’11 Febbraio del 1968 e arrivò in Italia il 4 Maggio dello stesso anno, e riuscì a vincere un Oscar per il trucco di John Chambers (Onoraria. La categoria effettiva fu creata solo nel 1981) oltre a esere candidato anche per la colonna sonora di Jerry Goldsmith e per i costumi di Morton Haak.Il pianeta delle scimmie [1968-05-04]

ANEDDOTI

Secondo uno dei produttori. Mort Abrahams, oltre a Serling e a Wilson ci fu anche un terzo sceneggiatore a lavorare alla pellicola, che si occupò principalmente di rifinire buona parte dei dialoghi per renderli più efficaci, Di questo oscuro sceneggiatore si ignora ancora oggi il nome mai sono in molti a diffidare però di una sua effettiva esistenza.

Tra l’equipaggio della navetta, anche se quasi nessuno la ricorda, c’era anche una donna che muore ancora prima dell’atteraggio di emergenza, durante il sonno criogenico. La interpretava Dianne Stanley.

Il ruolo del Dr. Zaius doveva essere interpretato inizialmente come detto da Edward G, Robinson. Ma considearto che soffriva di cuore e che avrebbe dovuto girare le scene con un pesantissimo trucco e per parecchie ore, spesso sotto il sole, poco prima dell’inizio delle riprese si preferì sostituirlo e affidare il ruolo a Maurice Evans. Robinson avrebbe ritrovato Heaston qualche anno più tardi in 2022: i sopravvissuti, la sua ultima apparizione al cinema.

Il film ha impiegato più di cento persone tra costumisti, truccatori e parrucchiere provocando l’insofferenza di altre produzioni di Hollywood rimaste a corto di professionisti. Poco mancò che si arrivasse anche alle vie legali.

Gli attori e le comparse, a causa del trucco, spesso non si riconoscevano neppure tra di loro finendo, nei momenti di pausa, ad eggregarsi spontaneamente ma in modo del tutto involontario con i colleghi con lo stesso costume, ricreando sul set le stesse distinzioni razziali tra specie della pellicola. Lo stesso Heaston, durante le rituali visite sul set dei produttori, non era in grado di spiegare loro perchè succedesse.

Nella prima sceneggiatura di Wilson il film si concludeva con la scoperta della Statua della Libertà e con la morte di Taylor per mano delle scimmie ma Nova sarebbe comunque riuscita a sopravvivere portando con sè nel grembo il figlio di Taylor. Ma l’idea fu infine scartata dai produttori che non volevano veder morire il protagonista.

Nel finale, nella celeberrima scena dei resti della Statua della Libertà, il sole sta tramontando in mare. Si tratta di un errore in quanto nella baia di New York il sole sorge invece di tramontare.

Il film fu la base per lo sviluppo di un intero universo narrativo che di lì a poco avrebbe prodotto altri seguiti, serie televisive e animate, fumetti e, nel 2001, un remake di Tim Burton per arrivare ai giorni nostri con una nuova serie reboot accolta calorosamente sia dal pubblico che dalla critica.

Nel 2001 in riconoscimento del valore storico e culturale il film è stato inserito nel Registro Nazionale dei Film della Libreria del Congresso Americano.

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