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MARCO POLO - Battaglie di uomini e popoli
di Andrea Fornasiero ultimo aggiornamento
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Marco Polo nasce, per lo meno implicitamente, come la risposta di Netflix al successo del Trono di Spade o meglio come il tentativo di giocare sullo stesso terreno, quello dell'epica in costume (come anche Vikings o l'inglese The Last Kingdom e per certi versi anche Black Sails), con in più però un fortissimo elemento asiatico che si fa sentire non solo in attori e ambientazione ma anche nei generi cinematografici di riferimento.
La produzione è sontuosa, di respiro internazionale, e con momenti di grande spettacolarità. La sigla è raffinata, con l'inchiostro che si spande a riempire forme come su una pergamena, e il cast di buon livello, con volti anche italiani come Favino e il protagonista Lorenzo Richelmy, e con attori asiatici che hanno lavorato a Hollywood quali Benedict Wong e Joan Chen. Eppure tutto questo non ha arriso al successo di Marco Polo, per lo meno non a quello critico (i dati di ascolto di Netflix sono custoditi gelosamente), e a giudicare dai social o dalla povertà della pagina di wikipedia della serie sembra non si sia creato neppure un forte fandom. Anche a Netflix infatti sembrano avere qualche perplessità, considerato che la terza stagione non è ancora stata confermata, nonostante la seconda si interrompa su un cliffhanger più che su una chiusura compiuta.


D'altra parte è tipico di queste serie stentare alla prima stagione, quando il budget è monopolizzato dalla costruzione delle location e vanno introdotti tutti i numerosi personaggi, legati tra loro da sangue, amicizia e rivalità. Per queste ragioni Il trono di spade decollava solo nella seconda parte della prima annata mentre Vikings e Black Sails allargavano il proprio respiro nella seconda stagione, e lo stesso accade a Marco Polo che se non diventa più ricco negli scenari, cresce sicuramente nei personaggi. La trama si fa più complessa e se nella prima stagione c'era per lo più la nemesi tra il khanato e la corte di Jia Sidao, che per altro era un uomo solo al potere, nella seconda ci sono da gestire tre fronti: i cinesi ribelli, la rivalità con Kaidu e le interferenze della Chiesa. Marco Polo è inoltre un personaggio molto più integrato, il suo non è più il punto di vista principale dell'estraneo che ci introduce alla corte, bensì è un agente del racconto come gli altri, anch'egli con le sue alleanze e rivalità. Questa integrazione ha anche liberato Lorenzo Richelmy, non più costretto a fare quello che guarda le cose da fuori, e ora molto più a suo agio nei panni del veneziano.

È però evidente che il personaggio più amato della serie di John Fusco sia Cento Occhi, interpretato da Tom Wu, maestro cieco di arti marziali e filosofia – non a caso tributato da uno special natalizio – che è più o meno ricattato dal Khan ma cerca di cambiare il suo regno dall'interno con la propria saggezza. Già apparsa nello special, si aggiunge alla serie nella nuova stagione Michelle Yeoh, superstar del cappa e spada orientale qui nei panni di Lotus, che con Cento Occhi ha un rapporto speciale, sviluppato in alcune delle scene più belle. È del resto proprio la vicinanza al wuxiapian che fa di Marco Polo una serie unica, diversa da tutte le altre realizzate per il mercato prevalentemente occidentale (tranne al limite Into the Badlands che però ha decisamente un taglio diverso).

Il wuxiapian è noto in Occidente soprattutto per film come La tigre e il dragone (di cui Netflix e Weinstein hanno non a caso realizzato un sequel: Sword of Destiny), e in Tv è da noi ancora relativamente inedito, mentre è un caposaldo della serialità cinese. A differenza dell'odierno action occidentale, dove spesso si copre con il montaggio l'uso delle controfigure, l'action orientale è lo spettacolo del corpo e predilige largamente che sia l'attore a esibirsi in elaborati scambi di colpi e acrobatiche schivate. Richiede quindi un cast particolarmente ferrato nelle arti marziali o comunque fisicamente preparato e pure una diversa prospettiva da parte dello spettatore verso i combattimenti, che non sono semplici scontri ma hanno spesso un valore simbolico. Ne è esempio lampante proprio il primo incontro tra Cento Occhi e Lotus nella seconda stagione, ma non vogliamo rivelare di più.


Gli scontri in Marco Polo non sono poi solo individuali e anzi il massiccio Kublai Khan, che si è impegnato a sconfiggere i cinesi, vede ora la sua visione del mondo giustapposta a quella cristiana, oltre che contestata da un rivale mongolo che ritiene Kublai stia perdendo il contatto con le tradizioni del suo popolo. Il khanato affronta quindi questioni che anticipano quelle della globalizzazione e la difficoltà di integrare la cultura cinese con quella mongola, così come la tolleranza o meno verso le diverse religioni, sono punti salienti della serie. Tra gli intrighi di corte e di letto, battaglie sul campo e duelli corpo a corpo, Marco Polo coniuga l'epica e l'avventura alla riflessione sul presente.


Qui i precedenti articoli della rubrica CoseSerie

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