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Fermata d'autobus

Regia di Joshua Logan vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Fermata d'autobus

di laulilla
7 stelle

L’autore teatrale William Inge sceneggiò questo film – diretto nel 1956 da Joshua Logan – insieme a George Axelrod, adattando una delle sue pièces e offrendo a Marilyn Monroe l’ennesima occasione di interpretare se stessa, cantante-entreineuse di Saloon, poco rispettata e poco (mai?) pagata.

 

 

Una strana vicenda tra corrispondenze biografiche e allegorie stilnovistiche. 

 

Di famiglia francese immigrata per tenere i figli lontani dalle guerre, Cherie (Marilyn Monroe) si convince che per una ragazza povera ma bellissima e talentuosa come lei l’American Dream coincida col proprio successo personale a Los Angeles, la città del cinema in cui ogni progetto ambizioso si può realizzare …

A condizione, naturalmente, di trovare i soldi per arrivarci: l’autista del bus – lì dovrebbe portarla – fa salire solo i passeggeri muniti di biglietto…


Cherie, ora a Phoenix, accetta pertanto i magri proventi delle sue performances di danzatrice e cantante-entreineuse nel Saloon vicino alla fermata dei “Bus” diretti a Los Angeles, sopportando una mortificazione dopo l’altra, trattata “come una pezza da piedi”, dal padrone del locale e dai clienti che la usano come carne da macello, incuranti del suo disperato bisogno di tenerezza e d’affetto.

 

Diretti a Phoenix per partecipare a un rodeo, viaggiano su uno di quei Bus due rancheros: Virgil Blessing (Artur O’Connell), menestrello chitarrista, nonché amico e mentore del giovanissimo ‘Bo’ Decker (Don Murray). Era stato proprio l’invito di Virgil a smuovere Bo dal torpore della sua esistenza nel freddo villaggio del Montana, luogo delle mandrie e delle greggi che ha imparato a domare, da vero  cowboy.
Il ragazzo ha vent’anni e non conosce la vita, ancora immerso in una sorta di innocenza beota,  frutto di adesione acritica alla semplicità di chi non si pone domande. Di famiglia francese come Cherie, Bo aveva accettato senza problemi l’americanizzazione del proprio nome, in origine Beauregard, mantenendo lo sguardo ottimistico dei fanciulli che credono di vivere nel migliore dei mondi possibili.


Virgil, nomen omen,  progetta il viaggio a Phoenix convinto che Bo debba conoscere il mondo, aprirsi alle relazioni umane e all’amore, finora rimasto fuori dalla sua esperienza di adolescente ventenne, alquanto ignorante, rozzo nei modi e diesideroso di prendersi una moglie angelica, che solo a lui, agli animali e al domestico focolare si dedichi.

 

Si approssima la parte centrale del film: l’incontro di Bo con Cherie, in uno squallido night di Phoenix; la convinzione che sia lei la moglie angelicata dei suoi sogni, che il destino gli ha riservato, ciò che non gli impedisce, purtroppo, le gaffes numerose dovute alla sua goffaggine involontariamente sguaiata che infine, grazie alla saggia guida di Virgil si scioglierà nel matrimonio d’amore, ovvero nell’happy end dolce e prevedibile.

 

Sceneggiatura debole in un film poco visto, non privo di spunti interessanti, non sempre sostenuto dalla performance di Don Murray all’inizio del suo percorso cinematografico.

Deliziosa Marilyn, che con la sua sensuale intelligenza interpretativa regge da sola un film non particolarmente brillante.

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Visto, oggi per la prima volta, sul mio antidiluviano DVD in lingua italiana, senza sottotitoli.

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