Regia di Pupi Avati vedi scheda film
Penso sia quasi impossibile imbastire una riflessione, od anche solo un accenno, su questo film senza sapere cosa sia stato l’altro, il primo; senza aver percepito l’adrenalina e la tensione di quello (a quanto pare) storico match, che adesso è leggenda, mero oggetto di ricordi desaturati, vividi a parole, ma non più nelle immagini; fattore scatenante di tutto.
Senza il confronto questo non è un secondo match, non è una rivincita; la vendetta è solo un pretesto e nuovi sentimenti affiorano senza incidere davvero: la morsa della nostalgia attanaglia senza affetto. La malinconia predomina, ma a tinte lievi. Il cinismo graffia senza ferire troppo.
La decadenza umana, relazionale e sociale è un dato di fatto che amareggia con indifferenza.
Rimane quel po’ di suspense suscitata dall’inganno e dalla scoperta dei giochi e rimane il love affair, che ha il gusto aspro del mercimonio.
E rimane, dunque, la sensazione di aver perso (nel primo match) la cosa più bella, non più riprodotta.
Di certo non si può recriminare sul Natale che (nell’ambientazione e nell’atmosfera) non c’è stato, atteso che quello (reale) vissuto oggi e negli ultimi anni non è da meno (anche freddo e neve fanno quasi parte, oramai ed ahimè, del mondo dei ricordi; quelli belli – quando non si esagera - però).
Né tantomeno sulla direzione di Avati, a mio avviso buona.
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