Non si tratta solo di nostalgia: il ritorno di Anche i ricchi piangono dal 24 ottobre su Tv2000 (dopo quasi trent’anni dal suo ultimo passaggio su una rete nazionale) è un’occasione per rileggere un classico del melodramma televisivo sotto una nuova luce, cogliendone la struttura, i temi, i personaggi e l’impatto duraturo che ha avuto su generazioni di spettatori.


Nel 1982 l’Italia stava per scoprire un nuovo genere, una nuova grammatica della narrazione televisiva: quella delle telenovelas sudamericane. Tra sigarette spente nel vuoto, occhi lucidi, capelli cotonati, spalline improponibili e colpi di scena al limite del surreale, un titolo in particolare si è inciso nella memoria collettiva: Anche i ricchi piangono.


Originaria del Messico e trasmessa da Televisa nel 1979, la telenovela ha fatto il suo esordio sulle reti italiane nei primi anni ‘80, diventando in breve tempo un fenomeno di costume. Oggi, a distanza di oltre quarant’anni, torna in tv in versione restaurata, riproponendo una storia di amori impossibili, vendette familiari e ascese sociali con la stessa potenza di allora.

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Veronica Castro e Rogelio Guerra in 'Anche i ricchi piangono'.

Mariana, la Cenerentola senza zucchero

La trama di Anche i ricchi piangono ruota attorno a Mariana Villarreal, una giovane donna orfana cresciuta in povertà, che si ritrova, per una concatenazione di eventi degni di Dickens, catapultata in una delle famiglie più ricche e potenti del Messico. Ma dimenticatevi la fiaba a lieto fine: Anche i ricchi piangono non è una favola per adulti, ma una vera e propria discesa agli inferi delle relazioni umane.


Mariana non è solo l’eroina ingenua; è una protagonista tragica, guidata da un istinto di sopravvivenza feroce, che lotta per amore e dignità in un mondo dove le apparenze contano più della verità. Ma è anche colei che ha lanciato in tutto il mondo il mito di Veronica Castro (curioso come qui faccia da madre a Guillermo Capetillo, attore che qualche anno dopo sarà invece il suo partner in Rosa Selvaggia).


A complicare la sua parabola troviamo Luis Antonio Salvatierra, l’inevitabile principe tormentato, rampollo dell’alta società, che alterna slanci di passione a gesti di vigliaccheria affettiva. La loro relazione è una continua altalena di tradimenti, riconciliazioni e ostacoli esterni, orchestrati da un pantheon di antagonisti e figure ambigue che rendono la trama un labirinto emotivo.


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Veronica Castro in 'Anche i ricchi piangono'.

Dèi e demoni in abito da gala

I personaggi di Anche i ricchi piangono sono maschere tragiche travestite da uomini e donne dell’alta società. Ma sotto lo smoking e i vestiti da sera si agitano pulsioni arcaiche: gelosia, ambizione, odio, perdono. Al centro, Mariana si muove come una sopravvissuta in un campo minato, sempre a un passo dalla rovina o dalla redenzione. È un’eroina che piange, ma non si arrende mai.


Luis Antonio è l’archetipo del figlio problematico, prigioniero delle aspettative familiari e delle proprie debolezze. Il padre, don Alberto Salvatierra, incarna il potere patriarcale e la giustizia a doppio taglio, mentre la matrigna e la servitù rappresentano due facce opposte della scala sociale: da un lato l’ipocrisia di chi teme la perdita dello status, dall’altro la saggezza popolare che spesso è l’unica voce di verità.

Nessuno è completamente innocente o colpevole: tutti sono vittime e carnefici di un mondo che non perdona.

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Veronica Castro, Guillermo Capetillo ed Edith Gonzalez in 'Anche i ricchi piangono'.

Soldi, amore e lacrime: il triangolo della tensione

Il titolo non mente: anche i ricchi piangono, e tanto. Ma quello che rende unica questa telenovela non è la quantità di lacrime, bensì la ragione per cui vengono versate. Il denaro è al tempo stesso motore e maledizione. Mariana entra nel mondo dell’alta borghesia non per scelta, ma per caso, e da quel momento il denaro diventa una lente distorcente attraverso cui vengono valutati tutti i rapporti umani: l’amore, la fiducia, l’onore.


La narrazione esplora il classismo, l’arrivismo e la pressione sociale con una schiettezza che oggi suona quasi eversiva. L’amore non basta: serve forza, pazienza, e a volte anche vendetta. In questo universo dove tutto è merce (compresi i sentimenti), piangere non è debolezza, ma un atto di resistenza.

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Rogelio Guerra, Veronica Castro e Guillermo Capetillo in 'Anche i ricchi piangono'.

Un terremoto nei palinsesti

All’epoca della sua prima trasmissione italiana, Anche i ricchi piangono ha avuto un impatto dirompente. Era qualcosa che il pubblico non aveva mai visto prima: una narrazione lunga, densa, stratificata, costruita per creare dipendenza. La struttura a puntate quotidiane, con climax e cliffhanger a ogni episodio, ha cambiato il modo in cui si concepiva la serialità in Italia. Ha anticipato di decenni il binge-watching, generando un culto trasversale che coinvolgeva casalinghe, pensionati, studenti e intellettuali con la stessa intensità.


La recitazione iper-drammatica, i dialoghi gonfi di pathos, la musica orchestrale: tutto contribuiva a creare un linguaggio nuovo, ipnotico, che avrebbe influenzato anche fiction e soap nostrane, da Un posto al sole fino a CentoVetrine, e generato remake a non finire (compresa la seconda parte di Marilena, altra storica telenovela arrivata in Italia).

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Christian Bach ed Edith Gonzalez in 'Anche i ricchi piangono'.

Il ritorno: restauro, rilettura, rinascita

La versione restaurata di Anche i ricchi piangono non è solo un’operazione nostalgica. È un’opportunità per riscoprire un classico con occhi diversi. La qualità visiva migliorata permette di apprezzare dettagli prima trascurati: la cura nei costumi, la scenografia teatrale, la recitazione a tratti espressionista. Ma è soprattutto il contesto sociale attuale a dare nuova rilevanza alla serie.


Oggi più che mai, in un mondo attraversato da diseguaglianze economiche e crisi affettive, la parabola di Mariana trova nuove risonanze. È una storia di riscatto e sopravvivenza, che parla ancora al cuore del pubblico. E, se è vero che le telenovelas erano considerate “roba da poco”, allora è il momento di riscrivere i manuali: perché questo “poco” ha fatto la storia.

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Veronica Castro e Rogelio Guerra in 'Anche i ricchi piangono'.

Lacrime di ieri, specchio di oggi

Anche i ricchi piangono torna non solo per farci emozionare, ma per ricordarci da dove veniamo. È una macchina del tempo narrativa, un viaggio nel melodramma senza filtri, dove i sentimenti sono più grandi della vita stessa. E forse è proprio per questo che continua a parlarci, con la voce rotta dall’emozione ma ancora piena di verità.


Chi guarda oggi Anche i ricchi piangono non sta solo riguardando una telenovela: sta assistendo alla nascita di un genere, alla rivoluzione silenziosa che ha sdoganato il piacere del pathos popolare. 


Anche i ricchi piangono
non è solo una telenovela, è un fantasma gentile che torna a bussare alle nostre case, con gli occhi lucidi e la voce familiare. Alcuni dei suoi volti (Rogelio Guerra, Ricardo Blume, Alicia Rodríguez, Edith Gonzalez e e Christian Bach) non ci sono più. Ma restano lì, incastonati in una storia che non ha mai davvero smesso di vivere. Ogni volta che Mariana cade e si rialza, ogni volta che Luis Antonio sbaglia e poi si pente, sentiamo qualcosa muoversi sotto pelle. Non è nostalgia. È memoria emotiva collettiva.


E, chissà, forse i ricchi piangono ancora. Ma, questa volta, con noi.

Autore

Redazione

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