Il 12 settembre 2025, Netflix lancia a livello globale Le maledizioni, serie argentina in tre episodi basata sull’omonimo romanzo di Claudia Piñeiro, una delle firme più influenti della narrativa ispano-americana contemporanea.
Ambientata nel nord arido dell’Argentina e diretta da Daniel Burman e Martín Hodara, la serie si muove tra thriller politico, western moderno e dramma familiare. Innescata da un sequestro apparentemente inspiegabile, la storia affonda rapidamente nel sottosuolo della politica, della genealogia e dell’identità, portando alla luce un intreccio che si estende su oltre un decennio di segreti, potere e legami corrotti.

La miccia: un sequestro in pieno giorno
Tutto nella serie Netflix Le maledizioni ha inizio in un momento di massima tensione: nel pieno delle votazioni per una legge cruciale sull’estrazione del litio, risorsa chiave nel nuovo ordine energetico mondiale, la figlia del governatore della regione viene rapita. Non da un criminale qualunque, ma dal suo più stretto collaboratore. Un tradimento che scuote l’intera struttura del potere locale e innesca una catena di eventi che risale a tredici anni prima.
L’azione si sposta su due livelli: da un lato, la trattativa urgente per il rilascio della giovane Zoe; dall’altro, il graduale disvelarsi delle motivazioni del rapitore, che vanno ben oltre il ricatto o la vendetta. L’identità della ragazza (e il suo posto nella narrazione familiare) entra in crisi, portando con sé interrogativi scomodi sulla legittimità delle origini, sul ruolo dei padri e sul peso delle scelte non fatte.
Padri, figli e ombre lunghe
Al centro della serie Netflix Le maledizioni c’è Fernando Rovira, governatore dal passato opaco, figura di riferimento del potere provinciale, che appare come un uomo abituato a gestire crisi e manipolare fedeltà. Leonardo Sbaraglia gli presta corpo e voce, incarnando la rigidità e il carisma tipici di un leader che non distingue più tra sfera pubblica e privata.
A sfidarlo dall’interno è Román Sabaté, portato in scena da Gustavo Bassani. Assistente, protetto, confidente: tutto questo e più per Rovira, fino al gesto estremo del sequestro. Il suo passato si intreccia con quello della famiglia del governatore in modi che non sono né lineari né casuali. Román rappresenta il punto di rottura, il figlio simbolico che torna a chiedere conto.
Zoe, la giovane vittima impersonata dalla giovanissima Francesca Varela, non è solo l’oggetto del rapimento ma anche il nodo cruciale di un’eredità taciuta. La sua identità biologica, emotiva e sociale viene messa in discussione, e con essa l’intero costrutto familiare e politico.
Attorno a loro ruotano personaggi come Lucrecia (Monna Antonópulos), Irene (Alejandra Flechner), e figure istituzionali che incarnano diversi volti della macchina del potere e della retorica del progresso.

Le radici del potere
La serie Netflix Le maledizioni affonda le mani in un terreno fertile ma scivoloso: il potere come costruzione famigliare, economica e simbolica. Il potere che si eredita, si contesta, si dissimula. La legge sul litio non è solo un contesto politico, ma il perno su cui ruotano gli interessi economici di una terra antica e sfruttata, scenario perfetto per una riflessione sulla modernità e la predazione.
Il controllo delle risorse naturali è specchio del controllo sulle persone: la figlia rapita diventa emblema della terra stessa, corpo desiderato, difeso, venduto o reclamato. La questione ambientale entra quindi nella narrazione come campo di battaglia tra progresso e tradizione, tra promesse politiche e devastazioni ereditarie.
Sangue del mio sangue
Il titolo della serie Netflix Le maledizioni rimanda esplicitamente a ciò che si tramanda senza volerlo. Ma la serie non parla di sortilegi o forze sovrannaturali. Qui la maledizione è genetica, culturale, affettiva. È l’impossibilità di uscire dal solco tracciato da chi ci ha preceduti. È l’illusione di poter ricostruire senza prima distruggere ciò che si è ricevuto.
Il rapporto genitori-figli è trattato con un rigore chirurgico: non c’è spazio per sentimentalismi. Le parole che chiudono il trailer – “I genitori siamo una maledizione per i figli” – sono un colpo dritto al cuore dell’intera struttura narrativa. I figli diventano strumenti, ostaggi o eredi di giochi di potere che non hanno scelto. L’amore diventa una valuta, la verità un bene negoziabile.
Un western senza eroi
Girata tra i paesaggi brulli del nord argentino, la serie Netflix Le maledizioni usa il territorio come voce narrante. Le vallate deserte, la luce cruda, il silenzio che grava sui personaggi: tutto contribuisce a una messa in scena che richiama l’estetica del western, ma senza giustizieri o redenzioni.
Il confine non è tra buoni e cattivi, ma tra chi sceglie il silenzio e chi rompe il patto. Lo stile visivo accompagna la tensione psicologica, mentre il ritmo serrato dei tre episodi promette una compressione narrativa che non lascia margine alla distrazione.
Le maledizioni arriva in un momento in cui l’Argentina riflette pubblicamente sul proprio passato recente, tra scandali politici e crisi ambientali. Ma la serie non si limita a denunciare o a ritrarre: interroga. Cosa ereditiamo davvero dai nostri genitori, dai nostri leader, dalla nostra storia? È possibile svincolarsi da ciò che ci ha costruiti?
Con una trama tesa e senza appigli rassicuranti, Le maledizioni costruisce una narrazione che parla al presente con la durezza del vero. In tre episodi, l’adattamento di Piñeiro ci mette di fronte a una realtà scomoda: a volte le catene non sono visibili, ma si sentono nel sangue.
Filmografia
Le maledizioni
Drammatico - Argentina 2025 - durata 0’
Titolo originale: Las maldiciones
Con Leonardo Sbaraglia, Gustavo Bassani, Alejandra Flechner, Monica Antonopulos
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