In arrivo su Rai 1 il 20 maggio, Doc, la nuova serie targata FOX con protagonista Molly Parker, sorprende per il modo in cui intreccia il racconto ospedaliero alla fragilità della memoria e dell’identità personale. Ispirata alla serie italiana di successo Doc – Nelle tue mani (e a sua volta tratta da una storia vera), la serie di Rai 1 Doc si fa spazio non tanto per la sua originalità strutturale quanto per la profondità emotiva con cui affronta il tema della seconda possibilità. Nonostante alcuni limiti narrativi e cliché inevitabili, il cuore della serie (la sua protagonista e il suo percorso) riesce a colpire e coinvolgere.

Dimenticare per riscoprire
La storia della serie di Rai 1 Doc è semplice quanto potente: Amy Larsen (Molly Parker), brillante ma fredda primaria di medicina interna al Westside Hospital di Minneapolis, sopravvive a un grave incidente stradale. Quando si risveglia, scopre che ha perso otto anni di ricordi. Nel suo mondo, è ancora sposata, i figli sono piccoli, le relazioni sono salde. Nella realtà, invece, il matrimonio con Michael Hamda (Omar Metwally) è finito, il figlio è morto e la figlia è un’adolescente distante. Al lavoro, il suo vecchio sé è ricordato più come una tiranna che come un mentore.
Da quel momento inizia per Amy un doppio percorso: ricostruire la propria carriera, affrontando l’umiliazione di dover ripartire quasi da intern, e ricucire i rapporti con chi le sta attorno, da colleghi a familiari. Ma soprattutto, deve fare i conti con una versione di sé che non riconosce e che in molti casi nemmeno le piace.
Specchi del passato e del presente
I personaggi della serie di Rai 1 Doc orbitano tutti intorno ad Amy Larsen, come se la sua amnesia avesse messo in pausa le loro vite, costringendoli a confrontarsi con ciò che erano e con ciò che sono diventati. Michael Hamda, interpretato da Omar Metwally, è l’ex marito di Amy, oggi risposato e a capo dell’ospedale dove lei lavora. Il loro matrimonio è finito quattro anni prima, ma Amy non lo sa: per lei sono ancora marito e moglie. La discrepanza temporale trasforma ogni loro dialogo in un campo minato emotivo. Michael, che ora la osserva con distacco misto a compassione, è uno dei pochi a ricordare chi fosse davvero Amy: brillante, sì, ma anche tagliente, distante, a tratti insopportabile.
Accanto a lui, o meglio, nell’ombra, c’è Jake Heller (Jon Ecker), giovane medico e amante segreto di Amy, che si ritrova improvvisamente cancellato dalla memoria della donna che ama. La loro relazione, appena sbocciata, era arrivata al punto in cui si erano detti “ti amo”. Ora, Jake deve confrontarsi con l’assurdo: essere vicino a una persona che non sa più chi sei, mentre nel frattempo la osserva tornare emotivamente al suo ex. È forse il personaggio più emotivamente esposto, quello che più degli altri incarna il senso di perdita non solo di un legame, ma dell’identità che quel legame gli dava.
A fare da mediatore, spesso con uno sguardo più razionale e misurato, c’è Gina Walker (Amirah Vann), neuropsichiatra e migliore amica di Amy da oltre vent’anni. Gina è costretta a bilanciare due doveri opposti: quello professionale, che le impone cautela nel somministrare verità a una paziente con una lesione cerebrale, e quello personale, che la spinge a restituire all’amica pezzi della sua storia. È lei a rappresentare la complessità del legame tra memoria e identità, tra trauma e ricostruzione.
Non tutti, però, accolgono il “nuovo” volto di Amy con comprensione. Sonya Maitra (Anya Banerjee), giovane specializzanda, non ha dimenticato l’umiliazione subita da parte della vecchia Amy, che la considerava inadatta alla professione medica. Il ritorno di Larsen in corsia è, per Sonya, un’occasione ambigua: da un lato, l’opportunità di rivalersi; dall’altro, la possibilità di osservare da vicino una donna che sta cercando, goffamente e dolorosamente, di essere diversa.
Tra coloro che vivono l’amnesia di Amy come una benedizione troviamo Richard Miller (Scott Wolf), amico e collega di lunga data, che ottiene il ruolo di primario proprio in seguito all’incidente. Dietro il suo sorriso di circostanza si nasconde un segreto: Amy, prima dell’incidente, stava indagando su un suo errore medico potenzialmente fatale. Ora che non ricorda più nulla, Richard è salvo ma quanto a lungo? La tensione tra i due si gioca su più piani: rivalità professionale, tradimento personale, paura del giudizio.
Infine, c’è TJ Coleman (Patrick Walker), giovane medico che considera Amy una mentore. È forse l’unico che, fin dall’inizio, la vede per quello che è oggi, senza rancori né aspettative. Amy l’ha ispirato a diventare medico, anche se non se ne ricorda. TJ rappresenta il lato migliore dell’eredità che Amy, nonostante tutto, ha lasciato dietro di sé.
Ognuno di questi personaggi, nella loro funzione narrativa e nella loro umanità, contribuisce a un unico interrogativo di fondo: cosa ci definisce davvero? I ricordi che conserviamo o le relazioni che costruiamo anche quando non ne abbiamo più memoria?

Memoria, identità e redenzione
La serie di Rai 1 Doc è una riflessione sul peso dei ricordi, su come il dolore possa trasformarci in versioni di noi stessi che non riconosciamo. L’amnesia di Amy non è solo un espediente narrativo: è una metafora potente per parlare di lutto, perdita e rinnovamento.
La serie esplora la domanda centrale: se potessimo dimenticare il dolore, chi saremmo? Amy, privata delle difese costruite negli anni, riscopre un’empatia che credeva perduta. E se il “vecchio” mondo le chiede di tornare com’era, il “nuovo” le offre la possibilità di scegliere chi vuole essere.
Anche la struttura degli episodi riflette questo dualismo: ai casi medici settimanali (a volte prevedibili ma ben scritti) si alternano flashback e ricostruzioni che mostrano progressivamente le ombre del passato, svelando gradualmente la tragedia che ha segnato Amy e spinto le persone intorno a lei ad allontanarsi.
La vera storia dietro Doc
Il nucleo narrativo della serie di Rai 1 Doc è tratto da una vicenda reale: quella di Pierdante Piccioni, medico italiano che nel 2013 perse 12 anni di memoria dopo un incidente d’auto. Al suo risveglio, non riconosceva i figli, non ricordava la propria carriera e si ritrovò a rileggere 65.000 e-mail per ricostruire chi fosse stato.
Il suo racconto autobiografico Meno Dodici ha ispirato la serie italiana Doc – Nelle tue mani, che ha poi dato vita all’adattamento americano. Come Piccioni, anche Amy si trova a fare i conti con una reputazione professionale controversa, e come lui scopre che la perdita può anche rappresentare un’opportunità per diventare una persona migliore.
Luci e ombre della serie
Nonostante il forte impianto emotivo e una performance solida di Molly Parker, Doc non è esente da difetti. Alcuni personaggi risultano stereotipati, i casi clinici talvolta troppo convenzionali, e le scelte registiche (come l’uso insistito di musica pop per enfatizzare le emozioni) rischiano di banalizzare momenti drammatici.
Ma la serie trova la sua forza quando smette di cercare il colpo di scena e si concentra sulle crepe dei suoi personaggi: nel loro senso di colpa, nel loro desiderio di riparare, nella vulnerabilità che accompagna ogni secondo di vita perduta o ritrovata.
Doc è una serie che vive di sfumature, di sguardi trattenuti, di domande più che di risposte. E soprattutto, ci ricorda che a volte non serve ricordare tutto per poter cambiare. Basta avere il coraggio di guardare avanti.
Filmografia
DOC - Nelle tue mani
Drammatico - Italia 2020 - durata 55’
Titolo originale: Doc - Nelle tue mani
Con Luca Argentero, Andrea Vasone, Matilde Gioli, Alberto Basaluzzo, Sara Lazzaro, Raffaele Esposito
in streaming: su Rai Play Disney Plus Amazon Video
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