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La mafia uccide solo d'estate

2 stagioni - 24 episodi vedi scheda serie

Recensione

Stagione 1

  • 2016-2016
  • 12 episodi

L'autore

supadany

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La recensione su La mafia uccide solo d'estate

di supadany
7 stelle

Sono trascorsi tre anni da quando La mafia uccide solo d’estate - il lungometraggio d’esordio di Pierfrancesco Diliberto, meglio conosciuto come Pif - si presentò come un fulmine a ciel sereno, conquistando il pubblico (quasi cinque milioni al box office) e la critica, con una valanga di premi riscossi in Italia ma anche all’estero.

L’idea alla base del film, unire alto e basso, parlare di persone normali ma anche della presenza d’influenze superiori che hanno segnato una nazione intera, si presta perfettamente alla serialità con semplici accortezze. La serie, scritta a sei mani, passa da un punto di vista privilegiato – quello che fu nel film di Arturo nel corso degli anni - alla coralità in un breve lasso temporale, attraverso un’intera famiglia, abbracciando varie età e quindi problematiche diverse ma legate tra loro da ciò che tutti condividono in quanto cittadini.

Un lavoro abbastanza scrupoloso, costruito con l’intelligenza necessaria per offrire un intrattenimento popolare che sappia anche far depositare considerazioni sulla nostra identità (non solo regionale), ricordando un passato che non si deve dimenticare, parlando anche di cosa siamo tuttora (vizi, difetti e virtù, tutto cambia, ma nemmeno troppo), nel solco dell’istituzione italiana per antonomasia, ovvero la famiglia.

 

Anna Foglietta, Francesco Scianna, Valentina D'Agostino, Edoardo Buscetta

La mafia uccide solo d'estate (2016): Anna Foglietta, Francesco Scianna, Valentina D'Agostino, Edoardo Buscetta

 

I dodici episodi della prima stagione sono ambientati a Palermo nei primi sette mesi del 1979 e la famiglia Giammarresi, attorno alla quale a livello di finzione ruotano svariati eventi di cronaca, ne è la protagonista.

Il capofamiglia Lorenzo (Claudio Gioè) è un uomo tutto d’un pezzo che vorrebbe offrire maggiori sicurezze economiche alla sua famiglia, ma non vuole nemmeno scendere ai compromessi necessari per far strada, mentre sua moglie Pia (Anna Foglietta) sogna di diventare un’insegnante di ruolo ma deve scontrarsi con il sistema che non vanta la bravura tra i suoi principali metri di giudizio.

Intanto, i loro figli sono alle prese con problemi di cuore; l’adolescente Angela (Angela Curri) s’innamora dei ragazzi sbagliati, quando il suo compagno Marco (Alessandro Piavani) sarebbe pronto a far carte false per conquistarla, ma poi sbaglia clamorosamente ogni mossa, come un vero minchione (cit.). E poi c’è il decenne Salvatore (Edoardo Buscetta) che scopre i patemi del cuore quando arriva nella sua classe Alice (Andrea Castellana); la sua sarà una rincorsa continua, tra gaffe clamorose e il tempo che diventa tiranno.

Fa parte della famiglia anche Massimo (Francesco Scianna), fratello di Pia, una guardia forestale che non crede alla mafia, ma che con la quale dovrà vedersela da vicino, proprio quando con Patrizia (Valentina D’agostino) potrebbe aver trovato una stabilità mai conosciuta né voluta.

Loro malgrado, dovranno fare i conti anche con gli eventi che trafiggeranno Palermo in quei sette mesi.

 

Angela Curri, Edoardo Buscetta, Claudio Gioè

La mafia uccide solo d'estate (2016): Angela Curri, Edoardo Buscetta, Claudio Gioè

 

La mafia uccide solo d’estate – La serie è un prodotto che rispetta le esigenze del canale principale di mamma Rai senza rinunciare a fare un passo in là, trovando un discreto bilanciamento tra la necessità di un riscontro istantaneo e le qualità, sia narrative, sia di sostanza.

Abbracciando un numero consistente di personaggi, la costanza di sviluppi all’altezza non è sempre garantita, ma si avvale comunque di alcune peculiarità evidenti nei singoli tratti e poi della storia, rimanendo per buona parte gradevole e comunque movimentata.

Il principio sul quale muovere gli ingranaggi rimane la leggerezza legata ai sentimenti, tra gli affetti, i patemi d’amore che riguardano tutti, e il lavoro (o la scuola, a seconda dell’età), ma costantemente correlati a passaggi superiori alla volontà del singolo.

Così, anche il più giovane Salvatore deve fare i conti non solo sull’esplosione interiore che provoca su di lui Alice, ma anche con la storia e con i suoi riflessi nefasti: il problema idrico, le grandi opere che sembrano non poter essere mai ultimate, la solitudine di chi combatte il marcio e, a cappello di tutto, la mafia, con tutta una serie di domande, semplici ma intelligenti (molto di più di quanto sentiamo in tanti dibattiti televisivi), cui non sa dare una risposta ma che annota su un quaderno (poi fonte di un preoccupato dibattito familiare).  

Proprio nella convivenza tra privato e pubblico, tra passato, presente e futuro, arrivano gli episodi migliori, su tutti il quarto che, partendo da un imprenditore del nord che vuole diffondere una televisione privata in tutto il paese (…), si apre alla dolorosa fine di Placido Rizzotto e non solo, per un gran pezzo di televisione pubblica.

Per lo stesso motivo, meritano una menzione il terzo, nel quale il giornalista Mauro Francese rappresenta a pieno titolo come il coraggio della verità possa essere pagato con la vita (ma non esiste un patto per cui valga la pena di evitare un’inchiesta), il decimo, con le elezioni politiche dove la malavita muove le sue pedine a caccia di voti e posizioni di potere, l’undicesimo con l’omicidio di Boris Giuliano, figura ricorrente descritta con una bontà disarmante nei suoi dialoghi con Salvatore, e il nono, quando la finale di Coppa Italia tra Palermo e Juventus blocca tutti, agglomerati intorno all’evento per poi parlare anche di altro (e non è mai un bel parlare).

Tante pagine di (doveroso) ricordo compenetrate alle prospettive familiari, con uno spazio destinato a tutte le età, e necessità, ma dove la visione formato bambino, con uno sguardo comunque non delimitato, è talmente spontanea, combattuta e descritta con una fantasia piacevole, da avere una marcia in più (il tuffo al primo amore quando non si capisce niente e si combinano solo disastri, acchiappa al volo l’attenzione).

Tutt’intorno, assumendo i connotati del Salvatore adulto, la voce di Pif assume la funzione di collante, avvolgendo la serie per intero come un nastro speciale che confeziona un bel pacco regalo, un abbraccio caloroso che sa cambiare pelle rimanendo sempre un gradevole, quanto fondamentale, compagno di viaggio.

Anche altri interpreti in carne e ossa diventano ben presto familiari; Claudio Gioè è navigato in fatto di serialità televisiva e si vede, Anna Foglietta ha ancora più qualità, riscontrabili nella sua esuberanza, nella forza che imprime a un sorriso così come nel disarmo nello sconforto di una delusione, Nino Frassica è al limite del grottesco con il suo Fra Giacinto in combutta con la mafia (perfetta sintesi del triello Stato-Chiesa-Mafia), ma la pescata a sorpresa è il giovanissimo Edoardo Buscetta, dotato di un’intuitività che crea un’immediatezza capace di annullare le difese (forte anche del racconto che gli permette di andare a fondo, fino a un ballo che diventa conquista nel segno dell’amore più candido).

Quest’ultima è una qualità che pervade tutta la serie, caratterizzata da un linguaggio aperto e diretto (tutti i termini derivati da minchia sono presenti in lungo e in largo), riuscendo a essere anche pungente, con sipari lessicali basati su errori grammaticali e ignoranza radicata (Totò Riina è sbeffeggiato a dovere).

Così, tra un colpo al cuore che batte per l’amore e un altro al cervello, ricordandoci del malcostume imperante che è utile far presente riguarda un intero popolo, questa stagione, a oggi l’unica prevista - ma il finale, incredibilmente liberatorio e controverso, pur non essendo adeguato a essere un’estrema sintesi, è automatica apertura ad andare avanti – espleta egregiamente un compito importante: parlare di noi, descrivendo al contempo una nazione che tra il dire e il fare presenta sempre un mare che nessun ponte può ancora coprire.

Non sarà un miracolo seriale, ma oltre a non avere le caratteristiche di una produzione industriale - come un Don Matteo, tanto per dirne una - riesce nell’impresa di radunare milioni di persone parlando (anche e bene) di cose serie.     

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