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Blind Beast, l'erotismo negato allo sguardo.
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 Michio (Eiji Funakoshi) è uno scultore cieco con l'ossessione per la figura femminile; impersonando i panni di un massaggiatore trova il modo di rapire la bellissima fotomodella Aki (Mako Midori), aiutato in questa impresa dalla madre di lui (Noriko Sengoku).

 

Aki viene portata in un magazzino fuori città, che è anche il laboratorio da scultore di Michio.
Lo scopo di questo sequestro inizialmente non ha alcuna rilevanza sessuale; Michio ha bisogno del magnifico corpo di Aki per sublimare una nuova frontiera dell'arte: quella del tatto.
Logicamente all'inizio Aki rifiuta categoricamente di prestarsi alle richieste del suo sequestratore,poi cambia tattica fingendosi accondiscendente e cercando di svegliare in lui le vere pulsioni erotiche e sentimentali, sperando di fargli abbassare la guardia e riuscire quindi a fuggire.


Dopo la morte quasi accidentale della madre di Michio, i sentimenti di Aki mutano; piano piano incomincia ad innamorarsi del suo "sessualmente ingenuo"rapitore, ma la sua metamorfosi interiore va ben oltre alla "Sindrome di Stoccolma"...


Assistiamo infatti tra i due nuovi amanti uno spostamento progressivo del piacere (soprattutto da parte della donna, che nel frattempo è diventata cieca pure lei) verso la soglia del dolore e della sofferenza; frustate, morsicate, sfregi con oggetti taglienti, diventano uno strumento per il raggiungimento dell'estasi sessuale, fino ad arrivare all'allucinante, estremo e perchè no, conturbante finale. Aki chiederà a Michio di amputargli sia gambe che braccia; Michio eseguirà quanto richiestogli e si autotrafiggerà sopra il corpo mutilato di lei, giungendo all'apogeo del rapporto carnale.
 

Liberamente tratto dal racconto Moju dello scrittore Edogawa Rampo del 1932 e pubblicato in Italia con il titolo "Il mostro cieco", Blind Beast è un film epocale, un classico dell'erotismo che inspiegabilmente è poco noto in Italia ed in Europa.
Chi avrà l'occasione di vederlo non potrà non rimanere affascinato, shockato, turbato e forse anche disgustato dalle immagini proposte da Yasuzo Masumura; la quasi totalità dell'azione si svolge all'interno della prigione-studio di Aki e Machio; proprio questo ambiente è il teatro di una delle più belle e deliranti scenografie (di un tal Mano Shigeo) che mi sia capitato di vedere.

 

 

 

Subito dopo il rapimento Aki si ritrova nell'oscurità dello studio, Michio munito di torcia elettrica, si presenta a lei e idealmente le fa da guida alle sue opere: prima illumina una parete tempestata da sculture di occhi, seguiranno pareti rivestite di nasi, orecchie, labbra, gambe, braccia e seni.

L'apoteosi viene raggiunta con l'accensione della luce, qui ci viene mostrata una panoramica completa dello studio, al cui centro sorgono due gigantesche statue femminili, ambedue nude, una in posizione prona e l'altra in posizione supina. Inizia così un grottesco inseguimento dove vediamo i due protagonisti arrampicarsi sulle gambe, scivolare sui glutei, sorreggersi ai capezzoli, nascondersi a ridosso dell'inguine di queste gigantesche statue...

Attenzione: nonostante l'estremo finale sadomasochista, non si vede una goccia di sangue, le mutilazioni vengono fatte fuori campo; parallelamente a quanto compiuto, vediamo solo cadere a terra gli arti della statua di Aki che Michio aveva scolpito.


Il protagonista maschile non è un maniaco sessuale, anzi è un ingenuotto che sa poco o niente delle gioie del sesso e dell'amore. Probabilmente plagiato dalla possessività della madre- complice, non si esclude che fra i due sia esistito un rapporto incestuoso.

Questo film ricorda un po' il sottovalutato "Il collezionista" di William Wyler del 1965 con Terence Stamp e Samantha Eggar.
A sua volta Blind Beast potrebbe essere stato citato dal dimenticabilissimo "Boxing Helena" di Jennifer Lynch del 1993.
Stupefacente la somiglianza della protagonista Mako Midori con l' Anna Karina di "Agente Lemmy Caution, missione Alphaville" di Godard.

 

Blind Beast (Môjû)
Giappone, 1969

Regia:Yasuzo Masumura
Interpreti: Eiji Funakoshi, Mako Midori, Noriko Sengoku

 

 

 

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