Regia di Scott Cooper vedi scheda film
Chiunque è destinato - prima o dopo, a volte a tempo indeterminato altre solo per frangenti temporanei – a vivere/attraversare momenti difficili/soffocanti che mettono in ginocchio, durante i quali emergono urgenze improrogabili e conti da sistemare per poter uscire da un’impasse debilitante, che non concede tregua e tanto meno vie di fuga da acciuffare a buon mercato. Una condizione avversa che può esplodere all’improvviso e che non risparmia nessuno, nemmeno quei giganti che – visti da lontano – sembrano intoccabili e infallibili.
Per come i biopic musicali ci hanno astutamente abituati, soprattutto negli ultimi anni (vedi ad esempio, Bohemian Rhapsody e Back to black), Springsteen – Liberami dal nulla è un film sorprendente/spiazzante, dalla sana e robusta costituzione. Sceglie e persegue un viatico intimo e complesso, si affranca dalla gloriosa/imperante retorica e assume significati trasversali/rilevanti, che vanno ben oltre il personaggio stesso. Una disposizione sentita, che fornisce parecchie indicazioni utili/consone, per quanto s’infili in un guado che corre il rischio di scontentare un po’ tutti, sia chi vuole vedere una chitarra infuocata, sia chi vorrebbe assistere a tutt’altro.
Concluso un tour di successo nel 1981, Bruce Springsteen (Jeremy Allen White – The Bear, Shameless) è ormai pronto per compiere il grande e definitivo salto nell’olimpo del rock. Avrebbe già delle potenziali hit da lanciare ma, messo alle strette da un passato turbolento che vede nel padre (Stephen Graham – Adolescence, Boardwalk empire) una presenza centrale, comincia a incidere pezzi grezzi in una camera di casa, aiutato dal tecnico Mike Batlan (Paul Walter Hauser – Richard Jewell, Black bird).
Nel frattempo, inizia una frequentazione con Faye Romano (Odessa Young – Arrivederci professore, Assassination nation), una madre single in cerca di quelle sicurezze che Bruce non può garantirle, mentre l’attento Jon Landau (Jeremy Strong – Succession, The Apprentice), il suo affettuoso/presente manager, intuisce come il suo pupillo si ritrovi a ristagnare in una situazione potenzialmente distruttiva.
Bruce arriverà a un passo da sprofondare in un abisso senza fine ma, anche grazie ad aiuti esterni, riuscirà a ripartire di slancio e a diventare quell’icona immortale che abbiamo imparato a conoscere e amare.
Springsteen - Liberami dal nulla (2025): Jeremy Allen White
Tratto dal libro Liberami dal nulla. Bruce Springsteen e Nebraska scritto da Warren Zanes, sceneggiato e diretto da Scott Cooper (Crazy heart, Hostiles), Springsteen – Liberami dal nulla si concentra su un momento spartiacque per l’uomo e per l’artista che racconta (un po’ come in A complete unknown per modus operandi anche se le differenze sono evidenti e risiedono in primis nella tipologia di artista nonché di essere umano posto al cospetto del mondo), ricercando e assumendo – in punta di piedi e in graduale/necessario crescendo - una propria/specifica/provvidenziale identità.
Così, il lato pubblico è sopravanzato di netto da quello privato, il palcoscenico (poche e brevi le esibizioni live, anche se si trova il modo congruo per inserire la celeberrima/galvanizzante Born in the Usa) lascia le luci della ribalta a un travaglio interiore che suscita un’immediata e prolungata/inestinguibile empatia, tra nodi irrisolti e sensi di colpa, radici che non si possono estirpare a cuor leggero e i riconosciuti distinguo/contrasti tra arte, che vuole seguire il suo primario istinto, e industria, che alza sistematicamente le aspettative e la pressione a ogni giro di pista.
Un materia dunque poco commercia(bi)le e dalle connessioni profonde, imbottita di dettagli accurati (il contributo diretto di Bruce Springsteen è cosa nota/evidente), che mette a nudo, con un lodevole/certosino senso della misura, i patemi e le zavorre dell’artista descrivendo in fondo una condizione asfissiante e principalmente universale, quanto sia facile perdersi, andando in testacoda, e difficile ritrovarsi, sciogliendo una matassa aggrovigliata/indissolubile, come sia fondamentale avere accanto qualcuno in grado di comprendere e sostenere nel momento del bisogno, lasciando - con lungimiranza - in disparte qualsiasi ulteriore interesse.
Una composizione dal battito cardiaco riflessivo e sobrio (cinematograficamente parlando, forse anche troppo), che individua un valore determinante nelle interpretazioni, tutte particolarmente calzanti/funzionali, anche per chi staziona nelle retrovie (vedasi Paul Walter Hauser e Gaby Hoffman – Eric, C’mon c’mon). Ovviamente, spiccano la dedizione assoluta di Jeremy Allen White, che trasmette a chiare lettere un peso insostenibile, e il talento mostruoso (qui in ogni senso) di Stephen Graham, espresso in un ruolo arcigno/negativo, mentre Jeremy Strong dimostra – ancora una volta - una statura attoriale fuori dall’ordinario, rilasciando note di rara e pacata gentilezza/positività.
Springsteen - Liberami dal nulla (2025): Jeremy Allen White, Jeremy Strong
In sintesi, Springsteen – Liberami dal nulla stravolge/sovverte le regole del gioco odierno/consumistico, rimanendo volutamente ad anni luce dallo scatenare le standing ovation del pubblico. Con una limpida dichiarazione d’intenti, una regia di puro servizio (qualcosa di più, si poteva fare/pretendere) e interpreti in grande spolvero, abbraccia, assorbe e condivide tematiche umane e comuni a tutti, che siano belli o brutti, ricchi o poveri, mostrando un’anima autentica e analogica, che non ha niente da spartire con il panorama attuale, come i suoi imperdibili concerti da oltre tre ore, che infiammano ancora oggi i palazzetti e gli stadi di tutto il globo.
Tra rapporti speciali e dialoghi dai decibel bassi/trattenuti, ferite (ri)aperte e strade da scovare, scanalature sincere e contrazioni elegiache, ripari da conservare e presenze vibranti, raccordi metodici e accordi che bruciano l’anima, con uno sguardo interiore che vale il prezzo del biglietto, un calibrato utilizzo della musica e una manciata di momenti da custodire gelosamente (tra gli altri, l’ultimo delicato/liberatorio confronto tra padre e figlio).
Munifico e vulnerabile, vissuto e terapeutico, strenuamente fedele al suo spartito, che sarà anche fragile e spettinato quanto volete, risultando comunque - di principio - anche fortemente desiderato e conseguito fino all’ultima lacrima versata e a quella goccia di sudore che riscalda l’anima.
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