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The Luckiest Man in America

Regia di Samir Oliveros vedi scheda film

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La recensione su The Luckiest Man in America

di mck
8 stelle

Il Signor Giancarlo e altri eroi.

 

 

Dopo l’autoctono, criollo-sanandrésano, endemico, indigeno e kickstarterico “El Día de la Cabra” (“Bad Lucky Goat”) del 2017, per l’opera seconda (più un paio di cortometraggi sui generis) del colombiano Samir Oliveros (1990) un po’ di (s)fortuna a dar volente o nolente sapore alla vita tocca pure all’uomo del camioncino dei gelati (Michael Larson, 1949-1999, che già un quarto di secolo fa doveva essere impersonato da Bill Murray per Howard Franklin prima che il progetto si arenasse) che scorrazza tra uno schema Ponzi e l’altro lungo le highway degli U.S.A. degli anni ottanta (un fantastico Paul Walter Hauser - “BlacKkKlansman”, “Da 5 Bloods”, “Calls”, “Black Bird” - in disturbante/ambigua zona “Richard Jewell”) finendo nei capannoni della CBS sul set di “Press Your Luck” seguendo con nistagmaticamente accuratezza i cinque miseri modelli (progressivi schemi sequenziali) escogitati dal quadro intermedio a guisa di demiurgo - creatore e produttore esecutivo - Bill Carruthers (un azzeccato David Strathairn, già johnsaylesiano di ferro - “Return of the Secaucus 7”, “the Brother from Another Planet”, “Matewan”, “the City of Hope”, Limbo” - e poi in “Dolores Claiborne”, “My Blueberry Nights”, “Lincoln”, “Louder Than Bombs” e “American Pastoral”, in un ruolo dicotomico rispetto a quello, sempre al soldo della Columbia Broadcasting System, ma su ben altro fronte, dell’Edward R. Murrow interpretato per George Clooney in “Godd Night, and Good Luck”), col quale ne condivide un po’, della suddetta scalognante malasorte ch’entrambi si sono tirati addosso compiendo determinate scelte pregresse, compensandosi a vicenda in un win-win in cui “persino” il capro espiatorio – anche in quanto “nero” in un mondo tutto sommato ancora di “bianchi” e senza poter esercitare la pressione dell’arma a doppio taglio che può invece gestire la Donna - nomen omen - di Shaunette Renée Wilson (“Black Panther”, “the Resident”) in un mondo tutto sommato ancora di “maschi” – rappresentato dal “tuttofare” (lo Shamier Anderson di “Stowaway” e “Awake”, che qui fornisce una bella prova) prima tradito e poi tacitamente riaccomodato(si) dopo aver restituito il colpo con gl’interessi, e inoltre con lui si salva dal pignoramento del quinto dello stipendio atto a “risarcire” il salasso del montepremi impazzito l’assistente di studio (un’azzeccata Maisie Williams - "Game of Thrones", "the Falling", "the New Mutants", "Pistol", "the New Look" -, sempre a fuoco).

 


Completano il cast di questo crocevia spazio-temporale (fotografato da Pablo Lozano, montato da Sebastián Hernández e musicato da John Carroll Kirby) che frulla le atmosfere di uno degli “episodi” di “Magnolia” con quelle più recenti, ma per l’appunto rétro, di “Late Night with the Devil” e “Woman of the Hour”, un sempre, anche quando, come qui, per forza di cose, in sordina, Walton Goggins (“the Shield”, “Justified”, “Django Unchained”, “the Hateful Eight”, “the Last Days of Ptolemy Grey”, “Fallout”, “the White Lotus”) nei panni del presentatore Peter Tomarken e poi Haley Bennett (“Kaboom”, “Swallow”, “the Devil All the Time”) in quelli della moglie del protagonista e a ruota Brian Geraghty (“Boardwalk Empire”, “1923”), Patti Harrison (“Made for Love”, “Poker Face”), Damian Young (“Ozark”), Lilli Kay (“Yellowstone”) e una bella caratterizzazione di un irriconoscibile - al netto del tempo che passa - Johnny Knoxville.

 


Note.
https://en.wikipedia.org/wiki/Press_Your_Luck_scandal

 

 

Il Bel Paese necessita invece di un bio-pic fatto come si deve sul Signor Giancarlo, eroe di tutti noi che preferì l'imperitura gloria eterna al vil denaro: mostraci la via per l'immortalità!   

 

* * * ¾  

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