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Poker Face (2023)

1 stagioni - 10 episodi vedi scheda serie

Recensione

Stagione 1

  • 2023-2023
  • 10 episodi

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mck

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La recensione su Poker Face (2023)

di mck
7 stelle

Walk On!


 

Rian Johnson si risolleva un po’ dalla rovinosa caduta da fermo di “Glass Onion - A Knives Out Mistery” e sforna un oggetto al tempo stesso tanto vagamente strano (perché “leggera” variazione s’un tema usuale ed iper-codificato da vincoli e dispositivi strutturali) quanto confortantemente accomodante (più che franare inabissandosi nei tópoi qui si tratta di galleggiare stazionando nei tropi), con entrambi i termini da intendersi in senso più che altro positivo, in pratica la modernizzazione “arty” (siamo in uninfra-zona à la “Breaking Bad” tarantinizzata con tanto di pulpfictionica citazione diegetica esplicita) di una serie pisquana anni ‘70 / ‘90 / ‘10 di ABC/NBC, tipo l’emetica, orrida e respingente “Ghost Whisperer” (protagonista con un potere che usa il potere perché, avendo il potere, può usare il potere), ovvero verticalità spinta innestata in blanda orizzontalità, con, in più, ed è un grande, enorme “+”, Natasha Lyonne (“Orange Is the New Black”, “AntiBirth”, “Russian Doll”), che, ad esempio, dopo essere sgattaiolata gattonando attraverso il sottocasa della sorella (Clea DuVall; le due sono compagne di set sin dai tempi del "But I'm a Cheerleader" di Jamie Babbit del 1999), per salire le scale interne dell’abitazione continua a farlo - così, de botto, senza senso - a quattro zampe...

 

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“Tutti mentono, costantemente. È come il cinguettare degli uccelli. Quando ti sintonizzi è fottutamente ovunque per tutto il tempo.”

In realtà, evidentemente, il punto di riferimento (oltre alleffetto "Murder, She Wrote": Charlie Cale, così come Jessica Fletcher, è una carta moschicida per gli omicidi) è, dichiarato sin dal font dei titoli di testa e coda, “Columbo” (1968-2003), e non solo per via del fatto che lo spettatore conosce lidentità del colpevole sin da subito, con lentrata in scena di vittima ed assassino, ben prima insomma che la non-detective ("...arriva un investigatore e ci deduce l’anima...") inizi le sue indagini personali, mossa da motivazioni affettive. (Da segnalare altresì una parafrastica citazione diretta al “White Dog” - qui più batuffoloso - di Samuel Fuller, e, proprio volendo, ad "Atlantic City, U.S.A." di Louis Malle.)

 

 

E poi c’è l’8° ep., “the Orpheus Syndrome”, scritto - con Alice Ju - e diretto dalla stessa Lyonne, ch’è un fottuto mini-capolavoro (in stile, tornando tanto a Gilligan/Gould quanto a Rian Johnson, “Fly”, il 3x10 di BB) con co-protagonista Nick Nolte, abitato da riflessioni metacinematografiche niente affatto banali, svolte tanto letterariamente quanto risolte sonoro-visivamente.

- “Pensi che sia possibile essere perdonati dai morti?”
- “No. Ci ho provato per trent’anni. Il meglio che possiamo fare è perdonare noi stessi.”

 

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Però, cavolo, spostandoci – SPOILER – al final season (che termina aperto verso una seconda annata ripescando la “Walk On” younghiana, prima traccia del “On the Beach” di metà seventies), davvero un tipo come Sterling Frost Sr. (Ron Perlman) non ravvede la differenza di peso fra una scatoletta contenente una targhetta in ottone e una contenente un – se pur piccolo, ma pur sempre da mezzo chilo abbondante – revolver Ruger 9mm?

 


10 ep. (molto belli anche il pilot, “Dead Man’s Hand”, con Adrien Brody e Dascha Polanco, e il 9°, “Escape from the Shit Mountain”, con Joseph Gordon-Levitt), da 45’/65’ diretti da Rian Johnson, Iain B. MacDonald, Tiffany Johnson, Lucky McKee, Ben Sinclair, Natasha Lyonne e Janicza Bravo e scritti da Rian Johnson, Alice Wu, Wyatt Cain, Christine Boylan, Charlie Peppers, Chris Downey, Joe Lawson, C.S.Fisher, Natasha Lyonne e Nora & Lilla Zuckerman.
A parte l’eccellente Benjamin Bratt come antagonista, tra le altre guest star da segnalare assolutamente Ellen Barkin, Chloe Sevigny, Tim Blake Nelson, Cherry Jones, Luis Guzmán, Judith Light, S. Epatha Merkerson, Tim Meadows e il ricorrente Simon Helberg.
Musiche di Nathan Johnson e Judson crane, più Sam Cooke, Paul McCartney, Tom Waits, Donald Fagen, Miles Davis, Cab Calloway e Burl Ives. Più i Calibro 35, Bruno Nicolai e Giuseppe Verdi… E “Lonely People” degli America…

 


On te Road Again, Charlie Cale.

* * * ¾

 

 

Postilla.
Questo è l’incipit di “Murder by the Book”, il 1° episodio della 1ª stagione di “Columbo” (per la precisione si tratta del 3° sul totale di 69, compresi gli special, dato che prima di esso c’erano stati due pilot): zoom e carrello/dolly all’indietro da un “esterno” (distante, separato e fittizio perché oltre il vetro) all’interno del set reale e non ricostruito in studio e diegetico battere sui tasti della macchina da scrivere che persiste anche quando il montaggio porta l’azione nell’esterno concreto, effettivo e tangibile. Insomma: Cinema-Cinema.

Regìa di Steven Spielberg (“FireLight”, “A.I.”, “the Fabelmans”), fotografia di Russell Metty (“Touch of Evil”, “Imitation of Life”, “Spartacus”) e sceneggiatura di Steven Bochco (“Hill Street Blues”, “NYPD Blue”, “Murder in the First”).

Però: da 00’13’’ a 00’17’’ c’è un’ombra di MdP e a 00’35’’ il romanziere scrive “J’acuse” con una “c” sola. Insomma: TV pre-3ª Golden Age della Complex/Peak/Prestige TV.

 

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