Dimenticate l’ispettore duro e solitario, con la pistola sotto la giacca e un passato da redimere: L’altro ispettore, serie in tre puntate da 100 minuti in onda su Rai 1 dal 2 dicembre, ribalta l’archetipo televisivo dell’investigatore e lo sostituisce con una figura nuova. Quella di un uomo che indaga senza armi e senza violenza, mosso solo da competenza, sensibilità e intelligenza emotiva.
Diretta da Paola Randi e interpretata da Alessio Vassallo nei panni del protagonista Domenico Dodaro, la serie è liberamente ispirata ai romanzi di Pasquale Sgrò e si muove su un doppio binario: la narrazione poliziesca e il racconto civile. Sullo sfondo di una Lucca viva, vera e lontana da ogni cartolina, si snodano storie di incidenti sul lavoro, indagini burocratiche e drammi personali che fanno luce su una delle piaghe più attuali e invisibili del nostro tempo: la sicurezza nei luoghi di lavoro.

Una storia che ci riguarda tutti
Nella serie di Rai 1 L’altro ispettore, Domenico Dodaro, detto Mimmo, è un ispettore del lavoro noto per la sua integrità e per aver smantellato una rete di caporalato tra Calabria e Basilicata. Dopo la morte della moglie, viene trasferito a Lucca, sua città natale, dove si trasferisce con la figlia Mimì, una bambina vivace e più matura degli adulti che la circondano.
A Lucca, Mimmo si ritrova a convivere con vecchi fantasmi e nuove sfide: la madre Carla, la sorella Lucrezia, l’amico Alessandro (Cesare Bocci), rimasto in sedia a rotelle a seguito dello stesso incidente in cui morì il padre di Mimmo. L’ufficio di Lucca, anziché rappresentare una tregua, si rivela un terreno minato: casi difficili, memoria storica corrotta e un lutto che ancora pesa.
Nel corso delle tre serate, l’ispettore affronta morti bianche, incidenti nascosti, responsabilità taciute. Il suo approccio è radicalmente diverso: niente inseguimenti, niente armi, solo la forza delle domande giuste, l’analisi dei dettagli e un ascolto autentico verso tutte le parti coinvolte, dai lavoratori ai datori di lavoro.
Mimmo, Raffaella e gli altri
Il cuore della serie di Rai 1 L’altro ispettore sono i personaggi. Domenico Dodaro, interpretato da Alessio Vassallo, è un protagonista fuori dagli schemi. Non è infallibile, non è perfetto. È un padre distrutto, un uomo spaesato, ma con un’etica granitica. Vassallo lo interpreta con una compostezza nervosa che lascia trasparire fragilità e tenacia.
Accanto a lui, Cesare Bocci regala profondità e ironia ad Alessandro, l’amico di famiglia che, pur segnato fisicamente da un trauma, è guida e alleato imprescindibile nella vita di Mimmo. La pm Raffaella Pacini, ex compagna di liceo, interpretata da Francesca Inaudi, è una presenza solida e competente che sfida Mimmo tanto sul piano investigativo quanto su quello personale. Tra loro si sviluppa una tensione affettiva non dichiarata, ma sempre in bilico tra passato e possibilità future.
Non mancano figure secondarie memorabili: la figlia Mimì (Angelica Tuccini), risoluta e buffa, che prende in mano la vita emotiva del padre; Eleonora Lagonegro (Silvia Mazzieri), primo amore mai risolto; l’archivista Vincenzina (Barbara Enrichi), memoria storica e coscienza morale dell’ufficio; il carabiniere Mariotti (Massimiliano Galligani), presenza leale e concreta. Tutti concorrono a costruire un mondo vivo, credibile e affettivamente stratificato.

Quando il lavoro uccide
Il vero centro drammatico della serie di Rai 1 L’altro ispettore non è tanto l’indagine criminale quanto l’indagine etica: cosa succede quando il lavoro, anziché garantire dignità, toglie la vita? È questo il tema che attraversa ogni episodio, ispirato a casi realmente accaduti: operai morti in cantiere, mancanza di protezioni, silenzi compiacenti e sistemi che scelgono di non vedere.
Mimmo non è un eroe solitario ma un mediatore: cerca di far dialogare imprese, lavoratori, istituzioni e sindacati. La serie non punta il dito, ma cerca di capire. È proprio questo sguardo imparziale e profondamente umano che rende L’altro ispettore un’opera attuale.
La sicurezza sul lavoro non è trattata come una questione tecnica, ma come una responsabilità collettiva. E questa responsabilità pesa anche sulle spalle di Mimmo, che nel corso della serie arriva a mettere in discussione la morte del proprio padre, inizialmente archiviata come “incidente”. Indagare su quel passato potrebbe cambiare tutto. E forse anche spezzare qualcosa dentro di lui.
Un atto civile
L’altro ispettore è un progetto che ha ottenuto il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero del Lavoro, di INAIL, e la collaborazione di enti come l’Ispettorato Nazionale del Lavoro e l’Arma dei Carabinieri. Ma oltre agli appoggi istituzionali, quello che conta davvero è il suo sguardo etico.
Un progetto che porta in prima serata il racconto delle “morti bianche”, senza spettacolarizzarle. Che rende protagonisti coloro che ogni giorno lavorano lontano dai riflettori. Che prova a dire, con forza e delicatezza insieme, che un altro modo di tutelare i diritti è possibile.
Con una regia discreta ma precisa, una scrittura documentata e attenta (firmata da Salvatore De Mola, Andrea Valagussa, Paola Randi ed Emanuela Rizzuto), L’altro ispettore riesce dove molti invece annaspano: parlare di lavoro senza retorica, raccontare l’Italia vera, e farlo mettendo al centro un uomo che ascolta, non che comanda.
La forza delle domande giuste
In un panorama televisivo spesso appiattito su format prevedibili, la serie di Rai 1 L’altro ispettore mostra di avere coraggio narrativo e coerenza morale. È una serie che pone domande scomode e rifiuta le risposte semplici. Una serie che non cerca colpevoli facili, ma responsabilità complesse. E lo fa senza azione, senza sparatorie, senza eroi muscolari.
Solo con la forza del pensiero, della cura e della verità. Forse l’unico modo, oggi, per restituire alla fiction il suo senso più alto: raccontare la realtà, cambiarla un poco, una storia alla volta.

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