Cosa significa crescere in un luogo che non vuole che tu esista per come sei è al centro di Boots, nuova serie Netflix creata da Andy Parker e Jennifer Cecil, disponibile dal 9 ottobre. La serie prende la domanda e la schiaffa sul terreno ruvido di un campo di addestramento dei Marines negli anni ’90, in piena era “don’t ask, don’t tell”.


Otto episodi, un’ora ciascuno, per raccontare con toni irriverenti e coraggiosi la storia di Cameron Cope, giovane senza bussola, e il suo migliore amico Ray McAffey, mentre affrontano insieme un percorso che è molto più di un semplice addestramento militare: è un campo minato identitario.


Ispirata al memoir The Pink Marine di Greg Cope White, la serie Netflix Boots evita le trappole del dramma storico e della nostalgia militare. Al contrario, smonta il mito della virilità obbligata con intelligenza e senso dell’umorismo, costruendo un racconto di formazione che vibra di urgenza e verità. 

Dietro la narrazione c’è anche la mano di Norman Lear, veterano della tv americana, che aggiunge spessore produttivo e una certa continuità con una tradizione televisiva capace di coniugare intrattenimento e riflessione sociale.

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Miles Heizer nella serie Netflix 'Boots'.

Sopravvivere è un atto di resistenza

Al centro della serie Netflix Boots c’è Cameron Cope (Miles Heizer), un ragazzo smarrito, figlio di una madre disfunzionale e narcisista, Barbara. Cameron è gay ma non dichiarato, e proprio questo segreto diventa la miccia accesa sotto ogni scena. Il campo di addestramento è per lui un’ulteriore costrizione, ma anche un’occasione di trasformazione. Cameron è un protagonista che non cerca eroismo, ma resistenza: quella quotidiana, silenziosa, ostinata.


Al suo fianco, Ray McAffey (Liam Oh), figlio di un Marine decorato, entra nei Marines con l’obiettivo di dimostrare di essere all’altezza del suo cognome. Ray è il classico “golden boy”, ma anche lui porta un peso: la pressione del successo, l’obbligo di non fallire. Il suo rapporto con Cameron è la spina dorsale emotiva della serie, una dinamica fatta di lealtà profonda, tensione non detta e un legame che va oltre ogni regola non scritta dell’esercito.

Un plotone di facce, fragilità e segreti

Attorno a Cameron e Ray nella serie Netflix Boots ruota un gruppo eterogeneo di reclute che rappresentano l’America degli anni ‘90 più di quanto non faccia la bandiera stessa. Da Hicks (Angus O’Brien), duro fuori ma disorientato dentro, a Santos (Rico Paris), Eduardo Ochoa (Johnathan Nieves), e i fratelli Bowman, ogni personaggio è costruito con attenzione per evitare il cliché e restituire un mosaico credibile e umano.


Il sergente Sullivan (Max Parker) merita una menzione a parte. È l’uomo che ha già combattuto non solo guerre vere ma anche quelle interiori. Sullivan riconosce in Cameron una versione più giovane di sé e cerca, a modo suo, di prepararlo. Ma in un ambiente dove ogni debolezza è un bersaglio, anche proteggere qualcuno può essere un atto compromettente. Sullivan incarna la contraddizione centrale della serie: per sopravvivere, devi sembrare invulnerabile ma nessuno lo è davvero.

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Angus O'Brien e Miles Heizer nella serie Netflix 'Boots'.

La madre, il corpo e la maschera

Barbara Cope, interpretata nella serie Netflix Boots da Vera Farmiga, non è solo un contorno narrativo: è la miccia che innesca il bisogno di fuga di Cameron. Narcisista, imprevedibile, incarna quella forma di amore tossico che non lascia spazio alla crescita. Ma, quando il figlio parte, è lei a rimanere sola: un controcampo silenzioso che aggiunge profondità al viaggio del protagonista.


Accanto a lei, altre figure adulte mostrano come l’istituzione militare sia abitata da persone altrettanto fragili. Capitan Fajardo (Ana Ayora), il sergente McKinnon (Cedrick Cooper), e gli altri ufficiali sono sia carnefici che vittime del sistema. Nessuno è monolitico. Ognuno indossa una maschera. E questo vale soprattutto per i personaggi queer: la sopravvivenza, in Boots, è una questione di mimetizzazione.

Una guerra a colpi di identità

Il tema centrale della serie Netflix Boots è l’identità. In un ambiente dove la regola è annullarsi per diventare parte del collettivo, essere se stessi è il vero atto rivoluzionario. La serie non gira intorno alla questione LGBTQIA+: ci entra a gamba tesa, mostrando quanto fosse e in parte sia ancora pericoloso portare la propria verità in un mondo costruito per soffocarla.


Ma non c’è solo la sessualità. Boots parla anche di classe sociale, del peso delle aspettative familiari, del razzismo strisciante che si infiltra anche nei meccanismi più rigidi. E, soprattutto, della solitudine. Il campo di addestramento è il microcosmo perfetto per raccontare quanto possano fare male il silenzio, l’omertà, l’assenza di uno spazio sicuro.

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Una scena della serie Netflix 'Boots'.

Riti di passaggio, risate amare

Pur affrontando temi complessi, la serie Netflix Boots non rinuncia al suo tono irriverente. Il linguaggio è tagliente, i dialoghi brillano di sarcasmo e disincanto. Ogni episodio dosa dramma e comicità in modo chirurgico, evitando tanto il pietismo quanto la leggerezza fine a sé stessa. Le risate ci sono, ma sono sempre venate d’amaro. E quando si ride davvero, è per alleggerire un carico troppo pesante da portare senza cedimenti.


Questa struttura ibrida, a metà tra dramma e commedia, permette a Boots di raccontare l’orrore della negazione senza diventare didascalica, e di parlare di amicizia e coraggio senza trasformarsi in una favola edificante.

Alla fine della marcia

Boots non vuole consolare. Vuole, semmai, raccontare. Non offre redenzioni facili né soluzioni immediate. Ma lascia un’impressione duratura: quella di aver guardato da vicino un luogo dove diventare adulti è una sfida quotidiana, dove ogni passo avanti può essere un’esplosione, e dove l’unica vera vittoria è riuscire a non tradire sé stessi.


In un panorama seriale spesso saturo di storie d’addestramento, Boots riesce a distinguersi non per lo scenario militare, ma per lo sguardo umano e lucido che posa su chi, in divisa, cerca solo un posto dove poter finalmente respirare.

Autore

Redazione

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