In un panorama saturo di gialli in copia carbone, la serie Netflix Dept Q – Sezione casi irrisolti si distingue per un approccio schietto, viscerale e cinico quanto basta. Ideata da Scott Frank (La regina degli scacchi, Godless), la serie in arrivo su Netflix il 29 maggio traspone con audacia i romanzi del danese Jussi Adler-Olsen nella piovosa e gotica Edimburgo, lasciando alle spalle l’originale Copenaghen e trovando, paradossalmente, una dimensione ancora più cupa e autentica.

Niente eroi, solo dannati

Al centro della serie Netflix Dept Q – Sezione casi irrisolti, Carl Morck non è un protagonista da idolatrare. È un detective brillante, ma emotivamente corrotto. Dopo una sparatoria che stronca la vita di un giovane agente e paralizza il suo partner, Morck viene “promosso” a un esilio mascherato: il seminterrato del Dipartimento Q, creato ad arte per occuparsi di casi irrisolti e, soprattutto, per tenerlo lontano dai guai. Un contentino per l’opinione pubblica e un espediente per gestire un poliziotto ingestibile.


Ma Morck, interpretato con glaciale precisione da Matthew Goode, trasforma quel buco in un laboratorio di giustizia sporca. Inizia a scavare in un cold case apparentemente chiuso: la scomparsa di un alto funzionario mai risolta. Da lì, la miccia: il Dipartimento Q si evolve da operazione di facciata a macchina da guerra investigativa. E il seminterrato diventa la sala operativa di un’unità che si nutre di falliti, reietti e testardi. Esattamente come lui.

Ogni emarginato è un’arma carica

I personaggi della serie Netflix Dept Q – Sezione casi irrisolti non rispondono ai classici archetipi del crime televisivo. Non sono investigatori brillanti dal passato tormentato solo per dare profondità al copione, ma individui realmente spezzati, che trovano nella marginalità la loro unica forma di coerenza.

Carl Morck, interpretato con maestria asciutta da Matthew Goode, è un uomo in frantumi: burbero, cinico, incline all’autoisolamento, ma per nulla immune alla sete di verità. Goode non ne edulcora le asperità: lo lascia spigoloso, difficile da amare, ma impossibile da ignorare.


Accanto a lui si muovono figure altrettanto complesse. Akram Salim, interpretato da Alexej Manvelov, è un ex informatore diventato investigatore suo malgrado. È l’equilibrio silenzioso di una squadra disfunzionale, un uomo che sa leggere le stanze e le persone, spesso prima di chiunque altro.


Rose Dickson, la giovane agente interpretata da Leah Byrne, è forse il personaggio più sorprendente: tenace, arguta, con una storia personale dolorosa che non viene mai sfruttata come facile pietismo, ma che anzi costruisce il suo acume e la sua sensibilità investigativa.


La dottoressa Rachel Irving, interpretata da Kelly Macdonald, si muove ai margini della narrazione come una presenza eterea ma necessaria: è lo sguardo empatico sulla violenza dei fatti e la fragilità delle vittime.

Infine, Merritt Lingard, interpretata da Chloe Pirrie, porta un’intensità disturbante nel modo in cui si approccia alla scienza forense: è metodica, brillante, ma con un’ombra di instabilità che suggerisce quanto il confine tra analisi e ossessione sia spesso labile.


La forza della serie sta proprio in questa coralità imperfetta: non sono una squadra, lo diventano a fatica, ed è in questo percorso di accettazione reciproca che si gioca parte del fascino del racconto.

Solitudine, colpa, e la giustizia come forma di vendetta

Non aspettatevi il solito poliziesco. La serie Netflix Dept Q – Sezione casi irrisolti non racconta tanto la risoluzione dei casi, quanto ciò che resta dopo. È una serie sul rimorso, sul peso del fallimento, sull’emarginazione come condanna e risorsa. Ogni personaggio è lì perché non poteva essere altrove.

Sono i “non voluti” della polizia: quelli troppo rotti, troppo strani o semplicemente troppo scomodi.

La serie tocca corde profonde: il tradimento delle istituzioni, l’ipocrisia del potere, l’illusione della redenzione. Ma lo fa senza moralismi: qui nessuno è innocente, e anche la giustizia ha un prezzo da pagare.


Frank trasforma Edimburgo in un personaggio. Le sue architetture gotiche, le strade bagnate, il cielo plumbeo: tutto contribuisce a creare un mondo coerente, chiuso, claustrofobico. La città diventa specchio dell’anima di Morck: bella, ma inaccessibile. Antica, ma decadente.


La regia è pulita, quasi chirurgica. Frank non spreca inquadrature né battute: ogni scena pesa. Ogni silenzio parla. E la scelta di rendere Morck un inglese in Scozia - e non un danese, come nei romanzi - aggiunge un ulteriore strato di tensione, culturale e personale. La sua misantropia si nutre anche di xenofobia casuale, rancore e disillusione.

L’universo del Dept Q

L’universo narrativo della serie Netflix Dept Q – Sezione casi irrisolti nasce dalla penna del danese Jussi Adler-Olsen, uno degli autori di thriller nordici più tradotti al mondo. La serie di romanzi dedicata al Dipartimento Q, inaugurata nel 2007 con La donna in gabbia, è composta da undici volumi (di cui i primi dieci già pubblicati), tutti costruiti attorno a cold case apparentemente irrisolvibili, su cui indaga la coppia formata da Carl Mørck e il misterioso Assad.


I romanzi mescolano atmosfere cupe, critica sociale e un’ironia ruvida, tipica dello stile scandinavo. Il successo è stato immediato e globale, portando alla realizzazione di una serie di adattamenti cinematografici danesi tra il 2013 e il 2024: 87 minuti per non morire, Battuta di caccia, Il messaggio nella bottiglia, Paziente 64, L’effetto farfalla e Boundless, tutti accolti con favore sia dal pubblico che dalla critica per la loro fedeltà alla materia originale e la forte impronta visiva.


Questi film hanno contribuito a consolidare l’immaginario del Dept Q come universo narrativo autonomo e riconoscibile, fatto di nebbie, segreti di Stato e traumi individuali. La serie Netflix Dept Q – Sezione casi irrisolti diretta da Scott Frank non è un semplice remake, ma una reinvenzione creativa che rilegge il materiale di partenza con un linguaggio nuovo, più internazionale, ma sempre fedele allo spirito originario.


Dept Q – Sezione casi irrisolti
non vuole piacere a tutti. È ruvida, scura, ostile. Ma se ci entri, non ne esci più. È una serie che premia l’attenzione e il coraggio dello spettatore. Non offre eroi, ma verità difficili. E in un’epoca televisiva dove tutto è confezionato per l’algoritmo, questa è forse la sua qualità più rivoluzionaria.

Autore

Redazione

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Filmografia

locandina Dept. Q - Sezione casi irrisolti

Dept. Q - Sezione casi irrisolti

Thriller - Gran Bretagna 2025 - durata 53’

Titolo originale: Dept. Q

Con Matthew Goode, Scott Frank, Chloe Pirrie, Steven Miller, Jamie Sives, Mark Bonnar

in streaming: su Netflix Netflix Basic Ads