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The Girl From Plainville

1 stagioni - 8 episodi vedi scheda serie

Serie TV Recensione

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La recensione su The Girl From Plainville

di mck
6 stelle

Quanto è più faticoso istigare alla vita!

 

Che “Glee” fosse un horror già si sapeva, ma una guastante prova provata in più non guasta.

 


Quella di - a seconda del Punto di Vista (qui quello di lei, la "carnefice") che si decide di assumere nel raccontarla - Conrad Roy III (al quale hanno affibbiato pure una bella pagina su IMDb) e Michelle Carter (minorenne ai tempi del crimine per cui fu accusata e condannata, ma per il quale fu processata come un’adulta) è una storia recente già fagocitata e risputata più volte dalle varie gradazioni mediatiche, dall’articolo di Jesse Barron del 2017 per Esquire - sul quale la serie in esame è basata e da cui ha preso il titolo - al documentario di Erin Lee Carr del 2019 per HBO, che poi produrrà la serie in questione, “I Love You, Now Die: the Commonwealth V. Michelle Carter”, passando per tutto l’arcobaleno del true-crime, da cose come “Un Giorno in Pretura” (“48 Hours” x CBS*, “DateLine” x NBC, un tv movie della LifeTime, “Conrad & Michelle: If Words Could Kill”, scritto e diretto dal solito Stephen Tolkin) alla monnezza più pura, giungendo all’oggi di “the Girl from PlainVille”, la limited-run series (mini-serie) creata da Liz Hannah [co-sceneggiatrice (con Josh Singer) di “the Post” (Spielberg, ‘17), di un paio di ep. della seconda stag. di “MindHunter” (Penhall, Fincher et al., ‘19) e di alcuni altri lavori di gruppo condivisi tra cinema e tv] & Patrick Macmanus (al lavoro sui copioni di una ventina di episodi suddivisi tra “Marco Polo”, “Happy!”, “HomeComing” e “Dr. Death”) sviluppandola in 8 ep. da 40’ (quando ne sarebbero bastati di gran lunga la metà: esistono anche le mini-miniserie, per DinciBacco & Diana!) da loro scritti con altri 6 sceneggiator-schwa e diretti dalla stessa Liz Hannah con Lisa Cholodenko (“Olive Kitteridge”, “Unbelievable”), Pippa Bianco, Zetna Fuentes e Daniel Minahan (“Game of Thrones”, “DeadWood”) e avente come protagonista “assoluta” una agghialiante/ammacciante Elle Fanning (SomWhere, Super 8, Twixt, the Neon Demon, How to Talk to Girls at Parties, the Beguiled, I Think We're Alone Now, Galveston, A Rainy Day in New York, the Great) in perfetta mimesi pierfrancescofavinica col personaggio reale che caratterizza doppelgängeristicamente portandolo in scena quale “copia conforme” all’originale e un cast di “contorno” più che valido guidato dall’eccellente Chloë Sevigny (Kids, Gummo, Boys Don’t Cry, Julien Donkey-Boy, DemonLover, DogVille, the Brown Bunny, Melinda and Melinda, Manderlay, Broken Flowers, Zodiac, Big Love, “My Son, My Son, What Have Ye Done”, AntiBirth, Golden Exits, Lean On Pete, Lizzie, the Dead Don’t Die, Queen & Slim, We are Who We Are, Russian Doll, Bones and All), che a 45 anni più qualche altra luna qui per l’occasione li dimostra tutti, uno più meraviglioso dell’altro, e in un paio di scene, letteralmente, madri, divampa) e dal bravissimo Colton Ryan e completato dall’ottimo Norbert Leo Butz (il padre di Conrad) e da tutti gli altri: Cara Buono e Kai Lennox (i genitori di Michelle), Peter Gerety e Christin Griffith (i nonni paterni di Conrad), Ella Rubin e Kylie Liya Page (le “amiche” di Michelle), Ella Kennedy Davis e Leah Thompkins (le sorelle minori di Conrad), Callie Brook McClincy (la sorella minore di Michelle), Kelly AuCoin (il detective che per primo intravide “un/il” caso), Aya Cash (il pubblico ministero), Michael Mosley (l’avvocato difensore), Guy Boyd (il perito della difesa)…

 


La storia è questa: un uomo adulto di anni 18, che già in un recente passato aveva tentato il suicidio, quest’altra volta ci riesce, spronato dalla sua ragazza di anni 17, con la quale intratteneva una relazione sostanzialmente platonica (pochi incontri fisici, qualche telefonata, molti scambi di messaggi telematici e una lettera d’addio di lui a lei scritta a penna su carta) durata 3 anni, che sarà accusata di omicidio colposo e omissione di soccorso, venendo infine condannata a una pena di 15 mesi di reclusione espiandone 11 in quanto 4 le furono scontati per buona condotta.

(Intervistatrice) - Come descriverebbe le azioni di questa giovane donna?
(Madre di Conrad) - Non ci riesco. Solo… solo lei può farlo.
*Da “48 Hours”, CBS.
E la serie non vuole, e forse non potrebbe/riuscirebbe a, farlo.

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Controdeduttività, ovvero: del vivere in sedicenti comunità religiose ignorando completamente i precetti e la dottrina di quella Chiesa, vale a dire: se davvero esiste il Paradiso, perché non andarci subito?

L’adolescere: viaggia per (inde)fessi assoluti, e poi casca come una pera dalla montagna del sapone…
- Voglio che sembri un incidente.
- Perché? [?]
- Beh, perché in questo modo nessuno si sentirà colpevole.
...sulle comuni pratiche di buon senso (pur applicate ai più insensati fra i comportamenti e le azioni).

 

 

«In verità avranno successo i timorati: giardini e vigne, fanciulle dai seni pieni e coetanee, calici traboccanti.» – Il Corano [78 (L’Annuncio) : 31-34].

5.Suicidio e Religione.
Il tasso di suicidi legati all’appartenenza a un credo religioso varia da religione a religione, a volte anche considerevolmente. Con riguardo agli Stati Uniti, i protestanti mostrano il maggior tasso di suicidi, seguiti dai cattolici. Gli individui di fede ebraica hanno il minor tasso di suicidi (Maris et al., 2000). Sono registrati minori comportamenti suicidari tra gli islamici se si confrontano con quelli di altre religioni, come il Cristianesimo o l’Induismo (Ineichen, 1998; Abdel-Khalek, 2004). Elemento comune tra tutte le religioni è la circostanza che, a un maggior grado di religiosità, corrisponde un minor rischio suicidario (Martin, 1984; Dervic et al., 2004). Sempre Durkheim (1897) è stato il primo a sottolineare come un maggiore fervore spirituale possa contribuire al benessere emotivo dell’individuo, come a fornire una sorta di “ordine e significato nel mondo”. La relazione tra alto livello di religioasità e minore rischio suicidario è conosciuta ed evidenziata già da una quarantina d’anni (Kranitz et al., 1968). Gli individui che frequentano più attivamente la chiesa hanno un rischio suicidario quattro volte inferiore rispetto agli individui che non vi si recano mai (Martin, 1984). La relazione tra religiosità e suicidio varia, inoltre, tra i generi: per gli uomini, maggiori tassi di suicidio si associano a minori livelli di religiosità e partecipazione alle attività religiose comunitarie; questa relazione non è dimostrata, invece, per le donne (Neeleman et al., 1997). Visto il potenziale significato protettivo di un’affiliazione religiosa rispetto al suicidio, è essenziale considerare attentamente la religiosità nella valutazione psicosociale, in particolare per i pazienti a rischio di suicidio. La conoscenza della fede del paziente e della sua osservanza può influenzare la valutazione del rischio suicidario e aiutare a programmare una strategia terapeutica più specifica (Gearing e Lizardi, 2009).

5.1 Religiosità e diminuzione del rischio suicidario.
È stato dimostrato come un alto tasso di religiosità si associ a un diminuito rischio suicidario (Stack, 1983; Dervic et al., 2004; Lizardi et al., 2007). Ad esempio, si registrano meno suicidi nelle nazioni con governo a stampo religioso rispetto alle nazioni laiche (Stack, 1983; Breault, 1993; Dervic et al., 2004). Inoltre, l’intensità della pratica religiosa si associa a minori comportamenti suicidari (Nelson, 1977). Questi risultati non sono specifici per una singola religione (Stack, 1983; Dervic et al., 2004; Lizardi et al., 2007). Le credenze di salvezza per la propria vita, associate inevitabilmente alla pratica religiosa, possono essere protettive nei confronti del suicidio (Stack, 1983; Neeleman et al., 1997; Koenig et al., 2001; Dervic et al., 2004; Lizardi et al., 2007). Diversi studi indicano che i soggetti con minori remore morali e religiose hanno, più frequentemente, un passato TS (Stack, 1983; Neeleman et al., 1997; Dervic et al., 2004; Lizardi et al., 2007). Gli individui con maggiori remore morali e religiose nei confronti del suicidio avvertono maggiori ragioni per vivere. […]

5.2 Cristianesimo e suicidio.
Nonostante la parola “suicidio” non appaia nella Bibbia, esistono importanti esempi di individui che finiscono per scegliere il suicidio come Giuda, re Salomone, Sansone (Phipps, 1985; Maris et al., 2000). Nella Bibbia, peraltro, non si condanna né si loda tali personaggi per aver scelto il suicidio. La visione cristiana del suicidio è rimasta sostanzialmente inalterata fino al quinto secolo (Phipps, 1985), quando Agostino argomentò il suicidio come una violazione del quinto comandamento, “non uccidere” (Phipps, 1985; Retterstol, 1993; Kennedy, 2000; Maris et al., 2000). […]

Da: “Il Suicidio Oggi - Implicazioni Sociali e PsicoPatoLogiche” di Emanuela Giampieri, Massimo Clerici et al. (Springer Verlag, 2013).

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“Detesto quando fai così. Scrivi e subito cancelli.”

La serie, tutto sommato, è più che sufficiente: il 6 viene sfiorato/raggiunto/agganciato e leggermente superato grazie alla costantemente muliebre performance di Elle Fanning e a quel paio tra i tanti momenti in cui Chloë Sevigny dilaga (anche in sottrazione), e pure per via dell'onestamente lucido discorso sulla farmacopea un tanto al chilo.

 

 

Fotografia di Frederick Elmes (Blue Velvet, Wild at Heart, StoryTelling, Broken Flowers, “Synecdoche, New York”, Olive Kitteridge, Paterson, the Night Of, the Looming Tower, the Dead Don’t Die), Elisha Christian e Kat Westergaard. Montaggio di Libby Cuenin, Ryan Denmark e Kate Hickey. Musiche di Nick Chuba & Leopold Ross.

 

["Solo a me sembra che non abbia disegnato un cervello?"...

..."Ebbene sì."]

 

Il “problema” più “grande” riguardava il come rendere cinematograficamente lo scambio di messaggi tra i due ragazzi, ed è stato affrontato e risolto in maniera...

 

 

...semplice: non con un “falso” jump-cut, ma con un stacco verso un mezzo contro-campo e un ritorno “modificato/aggiornato”, che poi è la materializzazione plastica dell’assunto messo in campo dall’accusa: la messaggistica (o, per i matusa, le normali telefonate) equivale alla presenza fisica (che gran scoperta, verrebbe da dire: ma il seme per la creazione di un precedente giuridico statunitense*, e la sua successiva codificazione/evoluzione/applicazione da parte di tribunali di livello superiore a quello per i minorenni che ha sentenziato sul caso in questione, venne piantato proprio con questo caso).

*In Massachusetts “non” esiste il reato di istigazione al suicidio (vuoto legislativo), in quanto il Primo Emendamento della Costituzione degli U.S.A. tutela la libertà di parola, ma: https://www.ilpost.it/2016/04/09/istigazione-suicidio-conrad-roy/ 

Mentre in Italia ci sono, fra gli altri, 2 articoli del Codice Penale, molto utili nel caso trattato dalla serie, molto dannosi se non subordinati ad un articolo ulteriore che legiferi la questione del fine vita:


Art. 579 – Omicidio del Consenziente.
Chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui, è punito con la reclusione da sei a quindici anni. Non si applicano le aggravanti indicate nell'articolo 61. Si applicano le disposizioni relative all'omicidio [575-577] se il fatto è commesso: 1) contro una persona minore degli anni diciotto; 2) contro una persona inferma di mente, o che si trova in condizioni di deficienza psichica, per un'altra infermità o per l'abuso di sostanze alcooliche o stupefacenti; 3) contro una persona il cui consenso sia stato dal colpevole estorto con violenza, minaccia o suggestione, ovvero carpito con inganno.


Art. 580 – Istigazione o Aiuto al Suicidio.
Chiunque determina altri al suicidio o rafforza l'altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l'esecuzione, è punito, se il suicidio avviene, con la reclusione da cinque a dodici anni. Se il suicidio non avviene, è punito con la reclusione da uno a cinque anni, sempre che dal tentativo di suicidio derivi una lesione personale grave o gravissima [583]. Le pene sono aumentate [64] se la persona istigata o eccitata o aiutata si trova in una delle condizioni indicate nei numeri 1 e 2 dell'articolo precedente. Nondimeno, se la persona suddetta è minore degli anni quattordici o comunque è priva della capacità d'intendere o di volere [85], si applicano le disposizioni relative all'omicidio [575-577].

 

 
«Tipo una volta pure qui su FTV accadde che @Ezzelino_da_ Romano disse a Filbonzio_GianGianGiulio qualcosa come “Ma perché non ti spari?” (che è un po’ diverso, per esempio, da “Spero che ti spari”; o forse no, boh) e il giorno dopo @Filbonzio_GianGianGiulio si sparò, ma poi nessuno fece nulla (@Filbonzio_GianGianGiulio era veramente uno stronzo, sapete), e pure @Ezzelino_da_Romano poco dopo sparì (probabilmente si svegliò una mattina guardando i cipressi dalle radici, o s’iscrisse ai terroristi, o si guardò allo specchio: sull’internet funziona così, pare; ma io dico che pure “fuori” mica è poi tanto diverso, eh).
Comunque c’è un regolamento: https://filmtv.press/filmtvit-condizioni-d-uso.»      

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