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Frontiera verde

1 stagioni - 8 episodi vedi scheda serie

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La recensione su Frontiera verde

di mck
8 stelle

Due tribù, disarmate di sangue, non si schierano a resa. Poi un entanglement quantistico nazi/post-punk, attraverso un wormhole psichedelico coadiuvato da alcaloidi allucinogeni...

 

 

La morte violenta di 4 suore non è una piccola strage che può essere lasciata passare inosservata senza muovere giusto anche solo un dito, perciò da Bogotà mandano in uno dei buchi del culo - luogo scuro, caldo, umido, in perenne movimento brulicante, sconosciuto e assai pericoloso, ma anche bellissimo - del mondo un(’)investigatore a “fa''l s'o mestè”, e lei lo fa, oltre ogni dovere.

 


Frontera Verde”, ambientata nell'estrema porzione meridionale del dipartimento di Amazonas, una goccia o una virgola grande quanto mezza Pianura Padana che s'insinua, allontanandosi dall'Equatore, nel cuore della Selva, nel ventre della Manigua, costituendone parte fondamentale, che a sua volta è la regione più a sud della Colombia, posta al confine col Brasile e il Perù, un incrocio d'idiomi (spagnolo, portoghese e lingue huitoto) e un crogiuolo di razze, etnie, tribù [le due (tre) principali: arupani (e mananuc) e ya'arikawa: la messa in scena della disamistade cosmopolita] che abitano e comunicano lungo il corso che il Rio delle Amazzoni e i suoi affluenti con le loro diramazioni tracciano in quella porzione dell’immenso bacino idrografico creato dalla Catena delle Ande e sfociante nell’Oceano Atlantico dopo aver dato suolo fertile per la nascita e la crescita della foresta pluviale sudamericana col suo folto inestricabile di biomassa corredato delle infinite sfumature e gradazioni di verde, è una mini-serie composta da 8 episodi di circa 40 minuti l'uno, per un totale di 5 ore abbondanti, presentata e venduta come autoconclusiva, prodotta e distribuita da Netflix, creata da Diego Ramírez Schrempp, Jenny Ceballos e Mauricio Leiva-Cock, scritta da quest'ultimo con Gibrán Portela, Javier Peñalosa, Nicolás Serrano, Camila Brugés, Antón Goenechea, Natalia Santa e María Camila Arias e diretta da Ciro Guerra [il pilot, la Manigua / the Deep Jungle: con PdV malickiani (“the Thin Red Line”, “the New World”) e prospettive kubrick-coppoliane (“Full Metal Jacket”, “Apocalypse Now”) con punti di ripresa dagli elicotteri verso terra e da terra verso gli elicotteri], Jacques Toulemonde Vidal (ep. 2-4: los Caminantes / the Walkers, el Árbol / the Tree, el Veneno / the Poison) e Laura Mora Ortega (ep. 5-8: la Muerte / the Death, la Semilla / the Seed, la Luz / the Light e la Oscuridad / the Dark), che, come quasi tutte le produzioni della società di Los Gatos out of U.S./U.K. ("Suburra" per l'Italia, "Dark" per la Germania, "la Casa di Carta" per la Spagna, "Sacred Games"per l'India etc... Ma non è certo una regola: si pensi all'incompiutezza di "les Revenants", by Canal+), da questo PdV si porta dietro e addosso, soffrendone, un po' (troppo) di prudenza e semplificazione (con tanto di cotanta disarmante banalità e al contempo molto pragmatismo logico, ad esempio: “La Jungla è la Coscienza del Corazón: non compie miracoli!”) e riciclo di topoi: è un po' (troppo) primitivamente ingenua, ur-codificata, schematica e adagiata sugli stilemi del “genere” [sciamani che vagano nel piano astrale fra il groviglio di radici, la volta della canopea e le non-zone dell'oltre-mondo alchemico-trascendente contenuto tra Lynch/Frost e Marling/Batmanglij (e c'è pure energia, spazio e tempo per un bel wormhole...), campesinos autoctoni e garimpeiros indigeni, nazisti riparati in missione segreta alla ricerca dell'Eldorado in versione Graal, suorame vario, polizia di frontiera e polizia amerinda, prospettori minerari in avanscoperta e (dis)boscaioli disboscatori di frodo a seguire, e poi strade, ranch/fattorie/haciendas/fazendas e miniere: non tutto di questo si “vede”, ma lo si deve percepire: ante-sapere e pre-conoscere per comprenderlo meglio], però ha un bel tocco crudo, in parte à la “True Detective”, con due figure di protagonisti-piedipiatti [chi - Helena (Juana Del Rio) - dalla lontana Bogotà, chi - Reynaldo (Nelson Camayo) - dal villaggio vicino, prospicente il luogo del massacro] niente affatto malaccio e una versione eterna-duale andro-ginoide [Ushe, (Angela Cano), e Yua, (Miguel Dionisio Ramos)] del Karamatake di “el Abrazo del la Serpiente” (la cui versione anziana è interpretata da Antonio Bolívar, che qui impersona il capo villaggio della tribù di Reynaldo), mentre le compagini gangsteristiche di “Oro Verde - Pájaros de Verano”, per continuare a rimanere in zona del già citato Ciro Guerra (“la Sombra del Caminante”, “los Viajes del Viento”, “Waiting for the Barbarians”), qui anche tra i produttori esecutivi, muovono le fila.

 


Herzoghianamente, le ultime parole di Yua, prima del cliffhangeroso [si consideri anche la questione in sospeso relativa ad Efraín (Andres Crespo) e il padre della protagonista più un terzo incomodo: “Frontera Verde”, come già scritto, è classificata come mini-serie, ma una seconda stagione, dato il finale...] entanglement quantistico-discotecaro (“So Alive” dei Love and Rockets di Daniel Ash & C. from Bauhaus senza Peter Murphy) di Helena favorito da Ushe e (in parte) fagocitante Joseph (Bruno Clairefond), rimangono inconoscibilmente intradotte.
Fotografia: Paulo Perez. Musiche: Felipe Linares.

 


Nota correlata a margine.
https://www.valigiablu.it/incendi-amazzonia-bolsonaro-indigeni/
Corollario/Compendio. Mentre per mano dell'essere umano, aiutato dalle avverse/favorevoli condizioni climatico-ambientali, la foresta pluviale amazzonica {e non solo la porzione brasiliana (detto ciò: Bolsonaro comunque a testa in giù), ma anche quella colombiana, boliviana, ecuadoregna, peruviana, venezuelana..., così come le altre foreste del Sud America e del Resto del Mondo, dall'Artico [Siberia (che proprio da qualche settimana è stata scalzata dalle prime pagine dei quotidiani, ma non per questo ha smesso di bruciare ), Alaska, Canada, Groenlandia] all'Africa Equatoriale, dall'Indonesia alle Canarie} brucia, cremando, sempre per la stessa medesima mano (o con l'altra, chissà) la deforestazione (ché non solo di fuoco si tratta: sradicata, disboscata, escavata, inquinata, monocolturalizzata, cementificata..., e l'eradicazione è anche culturale, con gl'indios “occidentalizzati” ed estirpati dalle loro terre confiscate) prosegue: e il danno è duplice/molteplice: oltre alla produzione di ossigeno [la Terra ha due polmoni fotosintetici (se uno è verde, l'altro è blu: il fitoplancton che abita le acque superficiali degli oceani), più uno ancora di riserva, fotolitico] e all'immagazzinamento di anidride carbonica (diossido di carbonio), con la contrazione dell'area coltivata caoticamente in equilibrio dalla natura a foresta diminuisce anche la biodiversità, custode e cargo di un matri/patrimonio di molecole utili alla medicina e... “semplice” bellezza del “creato”.

 


Dintorni (mappatura incompleta): colonizzazione (civilizzazione, sic!) dell'immaginario [Hic Sunt Bolsonaro (Foibe, Marò, Papeete Satàn Aleppe), Hic Sunt ONG (PD di Bibbiano), Hic Sunt Pluvia Queimada].
- “Queimada” - Gillo Pontecorvo - 1969 (Antille)
- “Aguirre, Furore di Dio” - Werner Herzog - 1972 (Amazzonia peruviana)
- “Fitzcarraldo” - Werner Herzog - 1982 (Amazzonia brasiliana: Amazonas)
- “the Emerald Forest” - John Boorman - 1985 (Amazzonia sp./cfr.)
- “Mission” - Rolanf Joffé - 1986 (Iguazù: Argentina, Brasile, Paraguay)
- “the Mosquito Coast” - Peter Weir - 1986 (Honduras)
- “Cobra Verde” - Werner Herzog - 1987 (Africa Equatoriale: location: Ghana e... Brasile e Colombia)
- “Giocando nei Campi del Signore” - Hector Babenco - 1991 (Amazzonia sp./cfr.)
- “Medicine Man” - John McTiernan - 1992 (Amazzonia brasiliana: Mato Grosso)
- “Fire on the Amazon” - Luis Llosa - 1993 (Amazzonia boliviana)
- “Christ and Demons in New Spain” - Werner Herzog - 2000 (Guatemala)
- “the White Diamond” - Werner Herzog - 2004 (Guyana)
- “BirdWatchers - la Terra degli Uomini Rossi” - Marco Bechis - 2008 (Brasile: Mato Grosso do Sul (Pantanal)]
- “Up” - Pete Docter - 2009 (Venezuela)
- “Amazonia” - Thierry Ragobert - 2013 (Amazzonia)

-Un Giorno Devi Andare - Giorgio Diritti - 2013 (Amazzonia brasiliana)
- “the Lost City of Z” - James Gray - 2016 (Amazzonia brasil-perù-boliviana)
- “Zama” - Lucrecia Martel - 2017 (Paraguay)  

- the Mosquito Coast” - Cross/Bissell - 2021 (Messico) 

 


Addenda conradiana (Hearth of Darkness / An OutPost of Progress).
- “Apocalypse Now Redux / Final Cut” - Francis Ford Coppola - 1979/2001/2019 (Africa Equatoriale → Sud-Est Asiatico: VietNam)
- “Posto Avançado do Progresso” - Hugo Vieira da Silva - 2016 (Congo Belga / Zaire / Repubblica Democratica del Congo)
Xeno-Postilla.
- “Avatar” - James Cameron - 2009

 


Due tribù, disarmate di sangue,
(non) si schierano a resa.

 



* * * ¾      

 

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