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Il giglio infranto

Regia di Giorgio W. Chili vedi scheda film

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La recensione su Il giglio infranto

di mm40
3 stelle

Mantova, 1853. Un consigliere austriaco fa uccidere a tradimento il padre di un’attrice; la donna si affilia alla Giovine Italia per dare il suo contributo alla seconda guerra di indipendenza in arrivo.

Il dramma di partenza, I congiurati di Belfiore, è firmato da Alfred Niblo e Victor Hugo Feluan e affonda le radici nella Storia; si tratta infatti di un racconto ad alto tasso di patriottismo ambientato nella Mantova degli anni Cinquanta dell’Ottocento, sotto la dominazione austriaca. Giorgio Walter Chili e Federico Luigi Galli, trasformandolo in una sceneggiatura per il cinema, ne hanno esaltato la componente sentimentale, indulgendo poi nell’azione solamente accennata nel testo teatrale, per mettere in scena un melodrammone in pieno stile dell’epoca (siamo nel 1955) con emozioni forti, tragedie, eroismo e cannonate in sottofondo. Chili, che è anche il regista, confeziona un’opera adeguatamente rifinita con l’aiuto di collaboratori tecnici del calibro di Oberdan Troiani per la fotografia e Carlo Rustichelli per le musiche, nonché dello stesso Galli come scenografo; nel cast spiccano i nomi ci Milly Vitale, Helene Remy, Vittorio Duse, Alberto Farnese, Giulio Donnini e, in una particina, Maurizio Arena. L’apice è la scena nel prefinale durante la quale la protagonista suona al piano, mentre immagini di furiosi combattimenti scorrono in sovraimpressione, il brano Il giglio cantato da Gino Latilla, su musica di Rustichelli e parole di Chili: retorica oltre il livello di guardia. 3,5/10.

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