Regia di Edoardo Mulargia vedi scheda film
Tra passione e ragione, tra orgoglio e sentimento si consuma il rapporto d'amore tra due giovani: lui di famiglia borghese, lei hippy convinta. Entrambi, naturalmente, con i rispettivi traumi derivati dall'educazione ricevuta dai genitori.
La chiave di lettura è tutta racchiusa in quell'“oggi” del titolo: la storia d'amore tra Albert – giornalista proveniente da un ambiente borghese – e Myra – figlia dei fiori convinta – si può svolgere solamente negli anni in cui esce questa pellicola, dati gli argomenti messi in campo e la maniera in cui i sentimenti, in fin dei conti, passano in secondo piano di fronte all'analisi psicologica dei personaggi. A essere onesti, in effetti, Un amore oggi arriva già tardi di suo, rispetto alle evoluzioni-rivoluzioni-involuzioni sociologiche dell'Italia di fine anni Sessanta e primi Settanta; Edoardo Mulargia, anche autore di soggetto e sceneggiatura, fa il possibile per entrare in profondità nella vicenda, lasciando scavare i protagonisti nelle loro infanzie e nei traumi derivanti dall'educazione ricevuta in famiglia. Il risultato è pertanto un film prolisso, di una pesantezza notevole, a tratti persino involontariamente comico, tanto che nessuna colpa si può fare ai due principali protagonisti (Juliette Mayniel e Gino Lavagetto), chiamati a recitare battute e situazioni spesso e volentieri discutibili. Il messaggio dietro all'opera diviene in tal modo ambiguo: non c'è probabilmente neppure la volontà di giudicare, di sostenere tesi pro o contro le idee borghesi o quelle dei figli dei fiori; di sicuro si intuisce la necessità di riformare l'istituzione famigliare, capace di perpetuare tare mentali e comportamentali per generazioni e generazioni. In particolare i due protagonisti sembrano essere due adulti loro malgrado, effettivamente mai maturati, incapaci di accettare la realtà circostante per ciò che è. I punti di un certo interesse non mancano, ma in ogni modo sono deliranti tutti gli excursus sui campi di concentramento e il nazismo; il monologo interiore di Albert, alle prese con una madre castrante anche da morta, è invece probabilmente la cosa più rilevante dell'intero lavoro. Nel cast anche Mirella Pamphili e Ugo Adinolfi. 3/10.
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