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Inseparabili - Dead Ringers

1 stagioni - 6 episodi vedi scheda serie

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La recensione su Inseparabili - Dead Ringers

di mck
8 stelle

Una serie (più mental-thriller che body-horror) uterodiretta.

 

 

Basandosi tanto su “Twins”, il romanzo del 1977 scritto da Bari Wood con Jack Geasland, quanto su “Dead Ringers”, il film che ne trasse David Cronenberg con Norman Snider nel 1988, interpretato da Jeremy Irons (Beverly - ambigenere maschile - ed Elliot) e Geneviève Bujold, nel 2021-‘23 Alice Birch (“Lady Macbeth”, “Mothering Sunday”, “the Wonder”), per Amazon e Annapurna, con la collaborazione di Ming Peiffer, Rachel De-Lahay, Miriam Battye e Susan Soon He Stanton in sede di sceneggiature, mentre le regìe sono affidate a Sean Durkin (“Martha Marcy May Marlene”, “SouthCliffe”), Lauren Wolkstein (“the Strange Ones”), Karena Evans e Karyn Kusama (“GirlFight”), cambia il genere sessuale -[a sdoppiarsi in Beverly - ambigenere femminile - ed Elliot è Rachel Weisz (Stealing Beauty, the Fountain, My Blueberry Nights, Agorà, the Lovely Bones, the Deep Blue Sea, Youth, the Lobster, Disobedience, the Favourite, Black Widow), con una resa attoriale eccezionale, non compromessa in alcun modo da qualche infinitesimale blooper (*) di sincronizzazione computerizzata, ad esempio quando è ripresa in primissimo piano distendersi accanto a sé stessa senza che…

 


…la quiescenza del cuscino dell’altra da sé ne risenta]- e moltiplica le razze dei personaggi secondari (eccellente la costruzione della story-line relativa al personaggio interpretato da Poppy Liu) e dagli strumenti mutanti (riformulati e rimodulati) per gestanti e partorienti mutanti (malformate) passa agli embrioni umani fatti crescere in vitro (la scienza alla base di questa tecnologia per lo sviluppo di uteri artificiali però non viene affrontata in alcun modo dalla serie, così come quella che consente di respirare autonomamente ai feti fatti nascere alla 24a settimana e mantenuti in vita in incubatrici) oltre il limite temporale imposto dalla consuetudine internazionale delle due settimane, tipo due mesi…

 

 

…ed oltre, con tutte le deducibili implicazioni etiche coinvolte e derivate, dallo sfruttamento delle madri surrogate da parte delle famiglie dell’upper class al fatto che tutto ciò “va di pari passo col dibattito sull’aborto”, perché “più breve può rivelarsi la gravidanza, più potenti diventano le argomentazioni del movimento antiabortista” dato che “se un bambino nasce sano dopo 16, 17, 18 settimane la donna perde il diritto di interrompere in sicurezza la gravidanza” (che no, non è una malattia, ma uno stato-condizione), verso nuovi "Crimes of the Future".

 


(*) Un po’ più difficoltoso invece risulta soprassedere sul fastidio (le intenzioni degli autori ovviamente erano - in buona fede o meno - opposte), se pur una tantum, causato dall’impossibile rumore prodotto, creandolo ex novo e da insana pianta, dalla punta di un ago microscopico che penetra nella parete cellulare di un ovulo inserendovi uno spermatozoo (tipo le onde sonore che vengono prodotte e si propagano nel vuoto dello spazio inter-planetario/stellare/galattico in “Star Trek” e “Star Wars”).

 

Easter Eggs. Due personaggi secondari, ma non minori, fanno rispettivamente di cognome Capgras ("the Echo Maker") e Cotard ("Dead Like Me" ↔ "Hannibal", e "Synecdoche, New York"), e inoltre quest’ultimo, interpretato da Oldford, di nome fa Geneviève (come Bujold) e nella serie à la "the Walking Dead" (intitolata... "Rabid") cui partecipa nel film impersona una certa Claire (come la Niveau di Bujold nel film di Cronenberg).

 


Dead Ringers”, fotografata da Jody Lee Lipes (1-2) e da Laura Merians Goncalves (3-6) e musicata da Murray Gold (“Holding”), che si avvale altresì d’un vasto cast di “contorno” impressionante, da Jennifer Ehle (Contagion, Zero Dark Thirty, A Quiet Passion, Detroit, the Looming Tower, Vox Lux, the Wolf Hour, Saint Maud, John and the Hole), in malefica quota e maligna come in “1923”, a un altrettanto apertamente bieco Michael McKean (Laverne & Shirley, This Is Spinal Tap, Light of Day, Whatever Works, Better Call Saul), passando per Britne Oldford (la compagna di Elliot), Ntare Guma Mbaho Mwine (il Pulitzer in disgrazia), Michael Chernus (Orange Is the New Black, Severance), Emily Meade (the Deuce), Susan Blommaert (la vicina di casa), Jeremy Shamos, Suzanne Bertish, Kevin Anton, Kevin McNally, Brittany Bradford e Maryann Urbano, aveva le carte in regola per poter rivaleggiare alla pari col capolavoro cronenberghiano: alla fine dei conto non sfigura, e i 6 episodi da 50 minuti, quasi tutti - i minuti, non gli episodi - indispensabili, lasciano il segno, senza (ri)scrivere la Storia della cinematografia mondiale.

* * * ¾ (****¼)    

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