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In (Mini)Serie (112) - "Death by Lightning" (2025) - Per fare un tavolo (e un portico).
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Dintorni.
Edward Jenner (1749-1823): sempre sia lodato.
Ignaz Semmelweis (1818-1865): sempre sia lodato.
Louis Pasteur (1822-1895): sempre sia lodato.
Alexander Fleming (1881-1955): sempre sia lodato.
Albert Sabin (1906-1993): sempre sia lodato.
Katalin Karikó (1955): sempre sia lodata.

 

 

Una questione repubblicana.
James Abram Garfield, per 4 mesi (più due di agonia) dell’anno 1881 il 20° presidente degli Stati Uniti d’America, fece in tempo ad operare un moderato cambiamento nel cuore della Gilded Age (tra l’Età Vittoriana e la Belle Époque d’oltreoceano), firmando un piccolo colpo ben assestato (poi in parte, anche consistente, confermato – a parte quel che concerneva i diritti civili: ma va beh, dai – dal suo successore ed ex-vicepresidente Chester Alan Arthur, sganciatosi dalla nave affondante di Roscoe Conkling) al sistema (i repubblicani governavano da una dozzina ininterrotta d’anni) di corruzione, clientelismo, voto di scambio, spoils system e raccomandazioni (statali, parastatali e affini) che, basato sulla meritocrazia e le competenze, diede ancor più ottani al motore già ad alte prestazioni che da est ad ovest stava performando attraverso il Grande Paese seguendo la mappa tracciata dalla struttura portante della Costituzione ed erigendolo sulle fondamenta - “nascoste”, ma solide - dello schiavismo e dello sterminio.

Abemus PotUS.
Bella, e con un cast alla Gianni Minà, del tipo “Quella sera c’eravamo io, Robert De Niro, Al Pacino, Meryl Streep, Dustin Hoffman, Kola Kwariani e Tony Sperandeo”, questa “Death by Lightning”, la mini-serie Netflix in 4 episodi da circa 50/60 minuti l’uno creata, sviluppata e, traendola da “Destiny of the Republic: A Tale of Madness, Medicine and the Murder of a President”, il non-fiction book di Candice Millard uscito una dozzina d’anni prima, scritta da Mike Makowsky (“Take Me”, “I Think We're Alone Now”, “Bad Education”), diretta da Matt Ross (“The Aviator”, “Big Love”, “28 Hotel Rooms”, “Captain Fantastic”, “Silicon Valley”, “Gaslit”) e da entrambi co-prodotta assieme, tra gli altri, ai D.B. Weiss & David Benioff di “Game of Thrones”.

Circolo Gaetano Bresci.
Volendo esercitare un po’ di “in-sano” massimalismo politico, si potrebbe osservare e porre in evidenza che l’errore maggiore, strutturale e costitutivo, della serie è quello di voler “indagare e restituire”, dandole pari “dignità” narrativa (e con ciò “paradossalmente” disattendendo e tradendo quel che la propria finzionale ricostruzione fa pronunciare a Lucretia Rudolph in Garfield, la novella First Widow, quale sentenza d’oblio già applicata ed eseguita off screen, in attesa di quella vera e propria, per impiccagione, che andrà in scena a ruota, on screen) a quella della controparte, la figura di Charles J. Guiteau, il delirium tremens dell’American Dream, il cul-de-sac, il vicolo cieco, la dead end, il no-exit, il no-through del Destino Manifesto, ponendo carnefici e vittime sullo “stesso” piano, o per lo meno, al meglio, dotandoli dello stesso minutaggio a disposizione.

Lee Harvey Oswald chi?
Abraham Lincoln, James Abram Garfield, John Fitzgerald Kennedy, Malcolm X, Martin Luther King, Robert Francis Kennedy, John Lennon: a parte “Libra” di Don De Lillo, e qualche altra pagina di Norman Mailer e James Ellroy, degli assassini si occupi la damnatio memoriae, a meno che non si tratti di Gaetano Bresci, eh! (O, per alcuni, di Luigi Mangione, che a me, ad esempio, non sta particolarmente antipatico. Ma a me non ha sparato.)

 

 

The Man from Ohio.
Il pregio maggiore della serie è il cast:
- Michael Shannon (James Abram Garfield, contadino, carpentiere, studente, preside, generale, senatore e 20° presidente U.S.A., repubblicano): non se n’era, mai, andato, ma questo ruolo e questa interpretazione ne segnano il ritorno ai livelli che gli competono: grandioso;
- Matthew Macfadyen (Charles J. Guiteau, un omino buffo, visto da lontano, una tantum, ma da vicino un inutile, patetico e respingente/ripugnante arrivista, opportunista, parassita e, almeno parzialmente, anche se per le leggi dell’epoca ciò non costituiva un’attenuante, svalvolato): una parte difficile, per i motivi già esposti, e caratterialmente/caratteristicamente non dissimile da quella ricoperta in “Succession”: bravo;
- Betty Gilpin (Lucretia Rudolph in Garfield, studentessa, insegnante, First Lady e curatrice dell’eredità spirituale ed intellettuale del marito): eccellente;
- Nick Offerman (Chester Alan Arthur, prestanome, picchiatore, 20° vice-presidente e 21° presidente U.S.A.): grandioso-bis;
- Shea Whigham (Roscoe Conkling, corrotto & corruttore senatore repubblicano dell’ala Stalwart del partito, controllore di gran parte delle entrate portuali di New York): ottimo;
- Bradley Whitford (James Blaine, senatore repubblicano, uomo per tutte le stagioni): ottimo;
- E poi Paula Malcomson (Franny Guiteau in Scoville), Barry Shabaka Henley (Blanche Bruce, uno dei primi senatori afroamericani, repubblicano), Laura Marcus (Mollie Garfield, la figlia maggiore di Garfield e Rudolph), Ben Miles (George Scoville), Željko Ivanek (Willard Bliss, medico chirurgo e pseudo-esperto in traumatologia balistica), Shaun Parkes (Charles Purvis, il primo medico afroamericano a dirigere un ospedale sotto lautorità civile e a far parte del Board of Medical Examiners, oltre che un attivista di spicco nei movimenti per i diritti civili e per il suffragio universale), Richard Rankin (Alexander Graham Bell, fra le altre cose: metaldetectorista in erba)…
- Fotografia di Adriano Goldman, musiche di Ramin Djawadi e scenografie di Gemma Jackson.

 

 

Destiny of the Republic.
In definitiva, giusto per fare un esempio a sineddoche del tutto, “Death by Lightning” funziona anche quando pone in campo un minuscolo dispositivo, quello di far pronunciare, “spiegandone” la natura e l’origine, il titolo del film/serie durante uno scambio di battute all’interno di una linea di dialogo (come in “The Shining” e “Full Metal Jacket” e non in “A ClockWork Orange” ed “Eyes Wide Shut”), in questo caso facendolo esclamare/declamare da Michael Shannon.

Gli idioti in marcia, aka: «Stappa un Crodino, ovvero: buon undicimesiversario del “virus che non si può combattere con un vaccino (che nei virus a RNA è impossibile)”.»
Aneddoto personale: ho rimandato a lungo, per più volte, l’assistere al 4° ed ultimo episodio perché, al di là dei meriti artistici coi quali potevo immaginarmi sarebbe stato rappresentato, quel particolare momento di storia con la “s” maiuscola mi suscita(va) un moto di repulsione: le baronie della “chirurgia” di fine ottocento, la profilassi, la prevenzione, la sterilizzazione, la disinfezione, la setticemia, la sepsi, la contaminazione, l’infezione e - l’ho già detto? - le bestemmie contro le baronie della chirurgia di fine ottocento…

“Quando il sole scendeva, il fiume si trasformava in un'enorme bandiera americana fatta di scintillanti strisce d'oro, viola e cremisi, che a poco a poco svanivano nel crepuscolo lasciando che gli arcipelaghi incantati riflettessero il loro folto fogliame nello specchio plumbeo dell'acqua.” – Mark Twain (Samuel Langhorne Clemens) e Charles Dudley Warner, “The Gilded Age: A Tale of Today”, 1873.

Per fare un tavolo (e un portico), ovvero tanto il racconto di un ingiustizia ridicola quanto quello di un modesto, ma duraturo e cardinale, cambiamento.

* * * ¾ (****)  

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